Dai latrati ai guaiti

Caldo, afa, percezione di caldo oltre i gradi di temperatura che segna il termometro, finestre spalancate nella notte, grandi sudate sulla pelle inutilmente nuda. Un paio di bruschi risvegli, e prova a riaddormentarti se puoi: il latrato risuona a più riprese come un tuono, pari a un botto di festaioli agostani. Maledetto cagnaccio, domani i tuoi padroni faranno i conti con me… Basito, scopro invece che a infrangere il mio riposo notturno non è stato un grintoso pittbul e neppure un pastore tedesco. Il gran casino della notte si deve a un bastardino alto si e no venticinque centimetri, magro come un chiodo, il muso decisamente simpatico, che scodinzola e si aggrappa ai miei pantaloni per essere accarezzato. Abbaia garbatamente, con una vocina da coro infantile di oratorio salesiano:
“Che dice, signora, mi avrebbe svegliato questo ‘morzillo’ di cane?”
Se la ride l’amorevole proprietaria di “Gnomo”.
“Eh sì, è lui il colpevole. Guardare per credere. Ecco, un estraneo sta passando davanti al mio giardino, senta come abbaia…”
La gola di Gnomo spara un latrato a mille decibel, degno di un  mastino napoletano incavolato nero. La padrona mi mette al corrente della dote del agnetto, che piccolo com’è, per allontanare qualunque tipo di pericolo imita  vocalmente il latrato dei fratelli maggiori.
“Ha paura e prova a spaventare chi potrebbe fargli del male”
Che accidenti c’entra tutto questo con il tumulto politico che omologa l’Italia al Paese delle banane? Se vi è  rimasto un briciolo della virtù di Giacobbe, mitico cultore della pazienza, provate a ricacciare la voglia di vomitare e sacrificate ogni oncia di tolleranza all’ascolto degli inguardabili Tg1 o Tg2 della Rai. Tarate e comparate i latrati di Salvini del pre crisi con l’abbaiare post crisi, esempio di vigliacca moderazione, o come sostengono i suoi antagonisti, di paura, fifa, tremarella. L’insieme di conseguenze dell’improvvida sortita, lo hanno costretto a mettere la sordina alla sua  reboante aggressività. È bastato a spaventarlo l’incompiuto progetto di ribaltone sull’improbabile asse Pd-5Stelle. I latrati anziché salire di tono per il pericolo di diventare fragilità, dopo aver provato l’ebbrezza di sentirsi roccia, sono diventati guaiti. Assediato da un rigenerato Di Maio, messo alle corde da un sorprendente premier, sorpreso dall’ipotesi di una nuova maggioranza che lo butterebbe fuori dai sogni di gloria di un monocolore Lega con appendici di Forza Italia e Fratelli d’Italia, richiamato alla realtà dai suoi legionari, Giorgetti in testa,  oggetto di contestazione seriale ormai a ogni comizio, vilipeso per la disumanità che impedisce il salvataggio e l’accoglienza dei migranti, perseguito dalla magistratura, Salvini ha ritratto gli artigli, moderato i toni, si è clamorosamente smentito e  per esempio, consente lo sbarco dei migranti della Open Arms. Tra i politologi circola il ‘rumor’ di un’ulteriore e  conigliesca retromarcia di Salvini. Ritirerebbe la mozione di sfiducia, dopo aver impugnato la bandiera bianca e accettato di ritrattate il no al taglio dei Parlamentari. Manca che si dimetta, per provare a far ripartire la Lega nel ruolo di opposizione. L’auspicio è che 5Stelle e Pd  non si facciano ingannare dal mastino in veste di agnello sacrificale. Forse è l’unica, ghiotta opportunità, tra l’altro offerta su un piatto d’argento, per liberarsi della peste leghista.

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