Il New York Times comincia a propagandare l’idea che sarà utile prepararsi a usare la NATO contro quei governi europei che dovessero prendere decisioni diverse da quelle decise a Washington.
Naturalmente lo fa con la solita eleganza e “obiettività” che contraddistingue l’autorevole portavoce del Deep State americano, ma il contesto è fin troppo trasparente. Cioè questo: Donald Trump può scherzare di fronte al mondo, magari al G-20 giapponese, con il presidente Putin a proposito della bufala del Russiagate (inventata appunto dal Deep State), ma a Washington ci siamo noi, a vigilare sulla cirurezza degli Stati Uniti. Oppure Trump e il premir ungherese Orban possono mostrarsi amichevoli con Putin, ma intanto ci siamo noi a avere il controllo della NATO e a prepararci, insieme ai comandi militari ungheresi, contro l’aggressione russa in preparazione. E, anzi, nel caso che non ci sia nessuna aggressione russa in preparazione, la prepariamo noi stessi, in anticipo.
L’ampio articolo del New York Times è scritto “sul campo”, per descrivere le amplissime esercitazioni militari della NATO, in corso in Ungheria, Bulgaria, Romania, nel Baltico e nel Mar Nero. Si tratta — spiega bene l’articolo — di esercitazioni “speciali”, alle quali partecipano appunto “forze speciali”, cioè squadre di combattimento contro il terrorismo e simili, poiché ci si aspetta che la Russia metterà in atto forme di aggressione diversificate. Per esempio organizzaando rivolte, sobillando le popolazioni, diffondendo false notizie ecc.
Cioè ci si prepara a difendere le libertà occidentali fronteggiando il nemico in umbratili “zone grigie”, dove non si dovrà soltanto sparare con i cannoni, ma si dovrà sconfiggere dei rivoltosi, fomentati, equipaggiati e formati dal nemico. Ci si prepara, cioè, a fronteggiare qualche cosa di simile a “insurrezioni” dall’interno. L’esercitazione militare in Ungheria, Bulgaria e Romania di cui parla il NYT sembra proprio concepita in questa chiave. Sarebbero queste le “zone grigie” che preoccupano la NATO.
I militari intervistati evitano di parlarne esplicitamente, ma non nascondono i loro pensieri. Che sono piuttosto “ruvidi”, dato che il loro mestiere non è quello dei diplomatici.
“Noi non ci interessiamo di politica, ma guardiamo alla sicurezza”, dice il brigadiere-generale ungherese Tamos Sandor, che guida 1000 soldati e ufficiali delle forze speciali di Budapest, “I rapporti tra militari non sono influenzabili dal contesto politico e restano immutati”.
Chi vuole capire, capisce. I comandi militari di ogni paese NATO sono legati indissolubilmente con quelli americani e obbediranno solo lungo le linee gerarchiche militari in caso di necessità.
Si parla — precisa il NYT — “con cautela”, ma il capitano USA Mark Schafer, 47 anni, capo dei Navy Seal, intervistato al confine tra Bulgaria e Romania, è più esplicito: “Noi siamo bene attenti alla musica di fondo qui attorno, non siamo mica sordi!”. Non va oltre, ma il messaggio è chiaro, e il NYT lo amplifica: quali che siano le evoluzioni della politica, i comandi militari resteranno compatti sotto la guida americana. Dunque I cambiamenti politici saranno tollerati solo fino a che non disturberanno l’altro “rumore di fondo”, quello che conta.
Nel caso specifico vale per Orban, ma anche per Salvini. E, in fondo, è diretto a Donald Trump, il quale dovrebbe rimproverare Orban perchè spende così poco per la NATO, mentre gli si dovrebbe chiedere di portare la spesa al 2%, come gli altri alleati più disciplinati. Invece non lo fa. E non rimprovera Orban quando chiude l’Università finanziata da Soros. Insomma: che nessuno s’illuda, quello che sta succedendo è solo una parentesi, poi si tornerà all’ordine.
Così si capisce meglio a cosa serve la NATO e la sua rete di esercitazioni militari e le sue basi nei singoli paesi europei.
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