E’ sempre più fuoco amico nel Partito Democratico della Campania, dove va avanti lo scontro – tutto politico – tra i fedelissimi di Gennaro Oliviero, plenipotenziario del casertano nonché consigliere regionale di lungo corso, e i sostenitori di Stefano Graziano, presidente regionale del partito di Zingaretti, consigliere regionale e membro della Direzione nazionale.
Ed è stato proprio questo, il vertice nazionale uscito dalla elezione di Zingaretti, uno degli ultimi fronti incandescenti. A marzo tutti i candidati alla direzione nazionale in quota Oliviero restano al palo e a rappresentare la provincia di Caserta nell’esecutivo vanno lo stesso Graziano e Camilla Sgambato, presidente PD in terra di Lavoro. Ai vertici piddini non era andata giù la prova di forza del dominus di Sessa Aurunca Oliviero, che aveva tentato di spedire a Roma esponenti di due liste tutte sue. Una strategia muscolare in direzione opposta alla linea unitaria che solo poco tempo prima aveva portato alla elezione di Emiddio Cimmino come segretario provinciale.
A gennaio di quest’anno una partita ancor più dura si era giocata sul destino dell’Ente Idrico casertano, altra strategica postazione di incarichi, poltrone, potere. Ha la meglio il patto tra Stefano Graziano con i consiglieri regionali Giovanni Zannini e Luigi Bosco, che porta alla presidenza il vicesindaco di Caserta Franco De Michele. A bocca asciutta resta Silvio Sasso, sindaco di Sessa Aurunca e candidato di Gennaro Oliviero, che anche stavolta aveva tentato, in solitaria, la scalata all’ente. «Grande confusione nel centrosinistra casertano – si legge in un articolo della testata locale Belvedere News – ad appena un giorno dalle primarie che hanno segnato la coesione delle varie anime PD di Terra di Lavoro, i democratici si colpiscono a vicenda».
Grandi manovre anche sul sindaco di Aversa, con rumors circolati fino all’ultimo – e poi smentiti – di patti sottobanco per i voti al ballottaggio tra PD e Forza Italia, con un Oliviero nuovamente al centro delle ipotizzate “trattative”.
Se dunque al Nazareno si registra una tregua nel braccio di ferro fra renziani e zingarettiani (peraltro da leggere, secondo molti, solo come un fuoco che cova sotto la cenere), in Campania l’aplomb che il nuovo segretario nazionale sta cercando di conferire al partito sembra avere attecchito poco o nulla: lo scenario, nonostante lo sforzo riconosciuto a Graziano di allinearsi alla linea di Zingaretti, continua ad essere contrassegnato, qua e là, da lotte intestine degne della più logora tradizione dorotea.
Oliviero, peraltro, non è nuovo alle logiche di cencelliana memoria. Basti ricordare quella “notte dei lunghi coltelli” che nel 2010 portò all’elezione del Corecom Campania, l’organismo di vigilanza che dispensa miliardi di euro in favore di emittenti radiotelevisive regionali, quando ad Oliviero riuscì il “colpo” di piazzare il fedelissimo Vincenzo Giordano da Pignataro Maggiore, provincia di Caserta.
«Altri tempi – sospira deluso un dem della prima ora – oggi il PD dovrebbe dimostrare, anche in Campania, di aver voltato pagina anche rispetto a scandali del passato che ne avevano offuscato l’immagine, a cominciare da Rimborsopoli».
Chiaro il riferimento a quel ciclone giudiziario che nel 2014 aveva travolto numerosi consiglieri regionali accusati di aver ottenuto dall’ente rimborsi per decine di migliaia di euro non dovuti, perché riferiti a spese private. Tra questi, lui, Gennaro Oliviero. Il quale, se sotto il profilo penale ha potuto ottenere, al pari degli altri, l’archiviazione della sua posizione, non è stato però risparmiato dal rigore della Corte dei Conti. I magistrati contabili a luglio 2017 lo hanno condannato a restituire quei quasi trentamila euro (per la precisione 29.851,31) che avrebbe indebitamente richiesto e percepito. Ottimo motivo per inserire Oliviero tra i candidati “impresentabili” del Fatto Quotidiano alle Politiche 2018, cui il navigato esponente PD sessano è stato per l’ennesima volta candidato. E per la millesima volta non eletto.
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