BUCHI MILIARDARI, CRAC PUBBLICO E FAVORI PRIVATI

Blocco rivalutazione pensioni, meno 18 miliardi. Blocco stipendi statali, meno 35 miliardi. Buchi? Voragini. Dove può affondare e affogare un Paese. Eppure noi siamo ormai fuori dalla crisi, c’è la ripresa, gli occupati crescono, è l’Istat che parla.

Peccato che il nostro bilancio pubblico sia taroccato: l’avesse mai fatto una piccola azienda privata sarebbe già da libri in tribunale e crac. Milioni, miliardi che compaiono e scompaiono. Cifre fasulle, voci di bilancio non ‘postate’ e dimenticate nel cassetto. Perchè tutto risulti in attivo, lucido e tirato a nuovo. Mentre è ancora buio che più pesto non si può.

Nel Belpaese tutte le manovre acrobatiche sono possibili. E si può andare avanti con Leggerezza, secondo il verbo renziano. Ma a pagarne il fio sarà sempre il popolo bue, che tira fuori gli ultimi soldi per le tasse e vede ogni estate gli yacht degli evasori ormeggiati lungo la stessa banchina.

La solita storia, peraltro vera, e che segna un lungo filo rosso tra gli ultimi governi: cose decise prima, ora Renzi ne eredita il peso. E’ stato così con il fardello Fornero, quello stop di fantasia deciso dalla ministra del governo Monti e rimbalzato come un boomerang da 18 miliardi sulle casse, oggi, dello Stato, dopo la fresca bocciatura del blocco delle rivalutazioni di tutte le pensioni. E adesso l’esecutivo Renzi che fa? Prende atto della clamorosa sentenza e la esegue? Macchè. Non ci sono i soldi. E allora, via con le mance. Nella migliore delle ipotesi 2 miliardi, ma a rate, in piccole tranche. Poi ci sono i tetti, ad alcuni sì e ad alcuni no. Insomma, lo stato ha illegalmente “tagliato” ma adesso non vuol restituire il maltolto: proprio come il rapinatore di turno che ti deruba e – preso con le mani nel sacco – non restituisce il malloppo. Poi, pregato, lo fa storcendo il naso. Poco e poco per volta.

A brevissimo, poi, sarà la volta del blocco statali, ossia lo stop sulla contrattazione dei pubblici dipendenti su cui dovrà decidere finalmente la Corte Costituzionale il prossimo 23 giugno. Se la Corte deciderà per la sua illegittimità, i calcoli si possono far presto sul pallottoliere: 35 miliardi e passa tra il 2010 e il 2015, con un “effetto strutturale” poi annuale da 13 miliardi. L’aveva inaugurato – quel blocco – il governo Berlusconi, ma poi imperterriti sulla stessa strada avevano proseguito Monti, Letta e ora Renzi, in perfetto stile tripartizan (stesso copione andato in scena con il segreto di Stato sui dossieraggi illeciti Pollari-Pompa apposto da tutti i governi). Nota con candore, oggi, il sempre angelico ministro per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia. “Una sentenza c’è già stata e ha certificato la costituzionalità del blocco. Le iniziative del governo, poi, hanno rispettato la sentenza visto che ci sono stati anche gli 80 euro”. Per la serie: ti asfalto lo stipendio per anni e anni, all’infinito, poi ti regalo 80 euro e chi s’è visto s’è visto. A questo punto – ricordano gli storici – il mitico sindaco di Napoli Achille Lauro, che prima del voto era solito regalare una scarpa e poi l’altra ad urne chiuse e a risultato acquisito, era un lord inglese.

Nota un’altra fine mente dell’esecutivo renziano, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti: la suprema Corte, nel decidere, dovrà tenere ben presente l’articolo 81 della Costituzione, quello che riguarda il fatidico (e secondo non pochi, famigerato) “pareggio di bilancio”. Un modo come un altro per farla pagare sempre ai più deboli e – non troppo metaforicamente – infilare la norma ad hoc nel posto ad hoc del sempre più fottuto contribuente.

Tutta la storia, o meglio le storie dei due incredibili buchi ampiamente previsti ma regolarmente rimossi, “dimenticati” perchè il bilancio sia sempre luccicante per presentarlo su un vassoio d’argento a frau Merkel e C. (a proposito, quali saranno gli ultimi commenti Ue sulle ‘improvvise’ voragini nei conti?), ricorda tanto quella dell’arbitrato Longarini, su cui la Voce ha scritto circa un mese e mezzo fa (di fine maggio un pezzo sul Corsera del tandem Stella-Rizzo). Ebbene, per un incredibile arbitrato voluto da Antonio Di Pietro quando era ministro delle infrastrutture nel governo Prodi, 2007, ora lo Stato si trova costretto a dover pagare una cifra blu al ras di strade & appalti da prima repubblica, il marchigiano Edoardo Longarini: sull’unghia 1 miliardo e 200 milioni circa. Ma sapete quale è stata la difesa del ministero? Abbiate pietà di noi, se ci prendete quei soldi “l’amministrazione dello Stato riceve un danno grave e irreparabile”. E più in concreto: si rischia la paralisi di opere pubbliche di interesse nazionale, i cantieri dovranno chiudere, il trasporto pubblico locale rimarrà a secco, senza un euro.

Sbigottiti i giudici della Corte d’Appello di Roma, che ovviamente hanno respinto l’opposizione del ministero all’esecuzione di una stravecchia sentenza. E hanno commentano: “il danno grave e irreparabile è da porre in relazione non certo all’ingiustizia della sentenza impugnata, quanto alla mancata previsione di un accantonamento in bilancio, secondo le regole della buona amministrazione, per far fronte alle conseguenze di una decisione nota da dieci anni, quanto all’obbligo risarcitorio, e da tre anni, quanto al suo preteso ammontare”.

Per la serie: come la pubblica amministrazione (vero, Madia?) “dimentica” qualche scadenza che pure costa miliardi alle casse pubbliche. E poi chiede indulgenza. E caso mai invoca il “pareggio di bilancio”.

Ma si sa, non tutti i mali vengono per nuocere. Quell’arbitrato miliardario, ad esempio, ha fatto un gran bel comodo agli arbitri, un vero e proprio bingo milionario: 17 milioni e mezzo di euro, come calcolano Stella e Rizzo. Tra i fortunati, guarda caso, anche l’attuale segretario di Italia dei Valori, Ignazio Messina, avvocato e grande amico di Di Pietro. Cin cin. Alla faccia degli italiani che pagano tasse, dei super tagliati, dei pensionati.

 

Nella foto, Ignazio Messina


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Un commento su “BUCHI MILIARDARI, CRAC PUBBLICO E FAVORI PRIVATI”

  1. okokokok ha detto:

    avanti,sempre avanti….nc

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