È storia vecchia, anzi stantia e poco nota oltre i confini di Saxa Rubra, dove la Rai agisce per le tre reti con la complessa macchina dell’informazione. Il patrimonio di professionalità interne è valorizzato in percentuali pressoché indecenti nei programmi di approfondimento in prima e seconda serata e pochi hanno cognizione di un dato più generale. È dimostrato da numerosi esempi che se si affida a un “interno” un programma in prima serata, non solo giornalistico, il prescelto diventa in poco tempo popolare e seguito come e più di un “esterno”. Basti per tutti l’esempio di Piero Angela, che da conduttore del Tg è diventato un’icona televisiva mondiale per la divulgazione scientifica. La considerazione è ineccepibile e anche se molti aficionados delle star inventate dai grandi network stravedono per i Pippo Baudo, re incontrastato degli show firmati Rai, sarebbe facile dimostrare che un programma di successo affidato a un “interno” dell’azienda, sconosciuto ai telespettatori, in breve diventerebbe a sua volta una star, a costi infinitamente meno onerosi. Certo, una direttiva dei vertici Rai dovrebbe impedire che dipendenti dell’azienda, ottenuto un incarico del genere, si dimettano per strappare contratti milionari da esterni. Valga per tutti il caso di Vespa, che intasca la lauta pensione da ex direttore del Tg1 e un compenso stratosferico con il contratto di “Porta a Porta”.
Questo prologo era indispensabile per valutare l’illegittima invasione di campo di Salvini, che non si accontenta di aver trasformato il Tg1 in un megafono leghista, personale e permanente. Individuato una spazio televisivo appetibile, qual è “Uno mattina estate” lo ha artigliato per consegnarlo a Roberto Poletti, suo biografo, ex direttore di radio Padania. Lo denuncia il dem Michele Anzaldi, segretario della Vigilanza Rai: “Nel silenzio del presidente della Camera Fico, del vicepresidente della commissione di Vigilanza Primo Di Nicola, dei senatori M5s Alberto Airola e Gianluigi Paragone, la Rai assume Poletti per trasformare Uno Mattina in Uno Salvini. L’assunzione rientra in un’imbarazzante infornata di esterni, tra autori e conduttori, che vengono ingaggiati per gestire le principali trasmissioni estive di Rai1. Come fa a non intervenire la Corte dei Conti, che con un proprio rappresentante partecipa alle riunioni del Cda Rai? Come fa la magistratura contabile a non dire nulla? Non c’è soltanto la vergogna di occupare l’informazione del servizio pubblico con giornalisti palesemente di parte, ma l’evidente danno erariale per costosi contratti esterni quando la Rai può contare su 1.700 giornalisti dipendenti”.
C’è qualcuno in buona fede pronto a negare che tra i 1.700 giornalisti Rai non c’è chi può occupare quella casella della programmazione affidata all’uomo di Salvini? ? Contesta qualcuno l’alta probabilità che qualcuno dei tredicimila dipendenti Rai, sia in grado di condurre programmi di intrattenimento, show e contenitori vari? A proposito di ex Rai: oltre i sacrosanto principio del “prima gli interni” le intenzioni di epurare Gad Lerner, ex direttore del Tg1 e perché no, Fazio, Saviano, Santoro, dicono male a Salvini. La prima del programma l’Approdo ha vinto la sfida per share e numero di ascoltatori con il concorrente “Quarta Repubblica” di Porro, Rete 4. Di conseguenza, Lerner suggerisce a Salvini di insistere nei proclami contro la sua professionalità. Portano fortuna.
Balza in alto lo spread, cresce il debito pubblico, le borse soffrono, rischiamo sanzioni onerose della Ue? “Ma chi se ne frega” commenta il vice premier Salvini, dispotico premier nei fatti. Noi invece ce ne freghiamo. La commissione europea informa che diviso in parti uguali, il debito pubblico, se volessimo azzerarlo, costerebbe ad ogni italiano circa quarantamila euro, cifra destinata a crescere per i “me ne frego” di Salvini, non contrastati adeguatamente dal partner pentastellato.
Marionette, burattini che al proscenio recitano lo psicodramma della rissa continua e nel retroscena baci e abbracci. Ha la meglio, oramai quotidianamente, il rude leghista. Sfrutta a dovere la paura dei 5Stelle di andare al voto in fase politica discendente e le ultime news lo confermano in pieno. Il no grillino al Tav sparisce e Di Maio cede anche sulla sospensione del codice appalti, punto fermo dello sblocca cantieri, fondamentale per scongiurare infiltrazioni mafiose. Stravince il leghista e il movimento inventato dal comico genovese rischia la bancarotta.
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