“Che i camorristi la smettessero. O si ammazzassero tra di loro”.
Napoli dopo la mattanza che ha visto un proiettile di camorra traforare i due polmoni della piccola Noemi.
Parlano i clienti del bar? Lo urlano i manifestanti di piazza Nazionale? Si sfogano i fruttivendoli del Vasto?
No, sono le parole del nostro ministro degli Interni, Matteo Salvini. Così come – testuali – le riferisce alle ore 13 e 10 il cronista delTg2al seguito delloSceriffo di casa nostra nell’ultima performance, lungo il suo infinito tour elettorale, ogni giorno una divisa.
Sorge spontanea la domanda. Ma che ci sta a fare, su quella poltrona, un esemplare del genere? E’, appunto, il cliente di un affollato bar o il titolare di un palazzo che meriterebbe un minino – si fa per dire, vista la spesso tribolata storia dei suoi inquilini – di rispetto istituzionale, ossia il Viminale?
Suonano le trombe salviniane, rispondono le campane della “giustizia”.
Repubblicatitola l’apertura sulle ultime esternazioni di Federico Cafiero de Raho: “siamo al Medioevo. Perché la politica non fa niente contro la camorra?”.
Tutto vero. Ma sorge spontaneo un altro interrogativo. Cafiero de Raho siede al vertice della Direzione Distrettuale Antimafia, non proprio una bocciofila, ma l’avamposto dal quale lo Stato dovrebbe coordinare tutte le operazioni per contrastare camorra, ‘ndrangheta e mafia.
Come mai de Raho, invece di esercitarsi in interrogativi altrettanto da bar, non batte il pugno sul tavolo e mette in riga la politica assente e molto spesso contigua e collusa? Perchè fare il solletico e niente altro?
Fino a ieri per il sindaco arancione Luigi de Magistris Napoli era la città più accogliente del mondo, la più visitata, la più ospitale. Tutto ok fino a poche ore fa?
Per Luigi Di Maio è l’ora del silenzio e della preghiera. Così come per il cardinale Crescenzio Sepe.
Il sangue bagna Napoli. Ma la tragica sceneggiata continua.
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