“Il giudice Natalia Rossoshenko ha accettato la richiesta di un comitato di cittadini perchè sia sottoposta a referendum la decisione di costruire una gigantesca discarica nella regione di Arkhangelsk”. Notizia che, per ora, è stata pubblicata solo da alcuni siti internet, ad esempio “Activatica” (25 aprile). Ed è, a suo modo, una primizia che lascia prevedere sviluppi.
Anche perché altri episodi di critica della politica ambientale cominciano a emergere nella zona degli Urali, attorno a Sverdlovsk, in Siberia. E, pian piano, anche sui media russi. Mentre scrivo queste righe, la tv di Stato “Rossija 24” sta mandando in onda una lunga inchiesta sul disboscamento massiccio e illegale di ampie zone della taigà. A quanto pare l’episodio messo sotto la lente d’ingrandimento — regione di Omsk è tutt’altro che isolato. Putin in persona promette interventi severi per stroncare gl’intrighi di corruzione, spesso apertamente criminali, tra le autorità locali e attività di business spregiudicato che prende di mira le risorse naturali.
Le immagini mostrano impietosamente le voragini aperte nell’immensa taigà da squadre di boscaioli molto bene attrezzate per un massiccio disboscamento Si vede la polizia intervenire con squadre armate. Enormi depositi di legname che aspettano di essere gettate nelle acque dell’Irtish, che trasporteranno il prezioso materiale verso il mar glaciale Artico, dove sono già pronti i moli di arrivo e le navi che esporteranno, esenti tasse, il legname trafugato. È evidente che si tratta di attività esistenti da lungo tempo, ben protette da una rete di omertà non certo improvvisata.
Scandali analoghi sono trapelati anche in Siberia, con alcuni giornali centrali, come la “Komsomolskaja Pravda”, che hanno accusato i governatori di permettere ai cinesi di tagliare enormi quantità di bosco, in cambio, ovviamente, di tangenti. In realtà i cinesi arrivano per comprare, ma non per tagliare. Chi taglia sono le mafie russe che hanno trovato ampio spazio di impunità. Quanto è bastato per sollevare la reazione stizzita dell’ambasciata cinese a Mosca.
Ma la cosa importante è che la questione ambientale sta velocemente occupando l’attenzione della direzione politica del paese.
Il caso di Shues, regione di Arkhangelsk, assume un significato emblematico di una fino ad ora abbastanza inconsueta reazione popolare. Il giudice Natalia Rossoshenko non nasce per caso. Emerge l’indignazione della provincia nei confronti di una politica locale che si contrappone agl’interessi della gente. Il movimento “Pomorie ne pomòjka” (si potrebbe tradurre così: La regione costiera non è una discarica) si è trovato di fronte a una votazione maggioritaria del parlamento locale, del governatore, dei ministeri centrali che avrebbero, come compito, la tutela dell’ambiente.
E si capisce che, dietro questa alzata di scudi istituzionali a favore della discarica, c’è Mosca e la regione di Mosca. E’ la capitale che cerca una soluzione per l’immensa quantità di immondizia prodotta da circa 24 milioni di persone. Una soluzione condivisa non c’è, come non c’è a Roma, per esempio. Come non c’è a Città del Messico e in nessun altro posto del mondo moderno, che viene inesorabilmente seppellito sotto montagne di rifiuti, a loro volta prodotto di una civiltà insensata e assurda.
La novità è che questa situazione conflittuale si presenta in Russia per la prima volta. E dal basso. Emergono dal web notizie che ancora gli organi centrali resistono a rivelare. Anche negli Urali, non lontano da Ekaterinburg, si segnala l’entrata in campo di combattivi comitati di cittadini che rivendicano la difesa del proprio territorio. In alcuni casi perfino la polizia locale si è schierata dalla parte dei dimostranti. Non c’è notizia di disordini, di feriti. Ma il segnale d’allarme è arrivato.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.