E’ nero, niente maratona

“Ma sì, questi neri teniamoli fuori dalla maratona”. Succede a Trieste, città non nuova a discriminazioni razziali. Sul clima xenofobo della città giuliana, la cronaca ha raccontato l’episodio di indumenti e coperte dei migranti gettate nei cassonetti dell’immondizia su mandato degli amministratori. Oggi la notizia choc che somiglia molto all’ideologia xenofoba dei respingimenti, alla tragedia di migliaia di profughi senza sepoltura in fondo al Mare Nostrum, nel Mediterraneo. Oggi, induce a pietà per gli africani morti tra le fiamme nella baraccopoli di San Ferdinando (chi ha appiccato il fuoco?), a rabbia per le aggressioni razziste dei neofascisti a emigranti inermi e indignazione per il loro sfruttamento nelle campagne, dove si ammazzano di fatica per paghe misere, in nero. Oggi il caso dell’ostracismo nei confronti di atleti africani, ufficialmente annunciato in conferenza stampa dall’organizzatore dell’Half Marathon di Trieste, che li escludeva dalla competizione.

E’ fondato il sospetto che lo dica per interposta persona, cioè a nome del governatore leghista del Friuli, tale Massimiliano Fedriga. La motivazione è “Combattere chi li sfrutta”, rozza mistificazione, smontata in un amen dalle reazioni del mondo politico e dello sport. Chi è addentro alle segrete cose di Carini, patron della gara, è convinto che a monte della discriminazione si nasconda la carenza di fondi per gli ingaggi degli atleti africani e insieme una scelta razzista. Ma non meno la consapevolezza della superiorità dei maratoneti con la pelle nera, che in quasi tutte la gare di corsa su lunga distanza tagliano per primi il traguardo. Uno “smacco” per la razza bianca.

Carini e chi gli sta dietro finiscono in un violento tsunami di contestazioni. Specialmente ferma è quella dei manager di atleti africani che investono somme rilevanti per agevolare la loro affermazione in Europa e tirarli via dalla povertà dei luoghi d’origine. E’ tutt’altro che facile per un “ariano” ammettere la superiorità psicofisica di atleti di colore nella quasi totalità delle discipline sportive. Qualche esempio? Il mondo stratosferico della Nba, del suo basket, monopolio dei neri, i velocisti dell’atletica leggera, i pugili, Tiger Woods, numero uno del golf, la crescente presenza nel calcio e nel football americano di africani.

Escludere i successori del mitico Abele Bikila dalle corse, che dominano per doti genetiche e condizioni ambientali, equivarrebbe a tener fuori dal mondo del pallone calciatori di immenso talento come Pelè, Maradona, Messi, Ronaldo, perché di statura nettamente superiore alla media; a privarsi del genio tennistico di Federer, Nadal, Djokovic, della Pellegrini, regina del nuoto, di Coppi e Merckx, di Zeno Colò e Tomba, perché troppo forti, a scapito di un competitività livellata che soddisferebbe l’orgoglio dei bianchi.

Carini e Trieste, sepolti da proteste e insulti, hanno invertito rotta e gli atleti africani parteciperanno alla Half Marathon di Trieste. Alzare la voce di protesta fa bene alla salute della democrazia.

Il caso Trieste è questo, è l’aria che tira per la drammatica miopia dell’Italia dell’intolleranza, del razzismo inquinato da neofascismo, del disconoscimento del valore aggiunto indotto dal patrimonio dell’immigrazione, che produce reddito, forza lavoro, integrazione culturale, produttiva promiscuità.

L’orrendo lato B della medaglia è il mefitico influsso del Carroccio, degli scissionisti alleati del peggio che si annida nella destra impunita, di accolite protette dalla quota di governo leghista e trova terreno fertile nella giovane democrazia italiana, non completamente immune da tentazioni di revival del Ventennio, coperti da inerzie della magistratura e pericolosa sottovalutazione delle componenti democratiche della società italiana


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