Ci sono voluti ben 18 anni per arrivare ad una prima conclusione nel giallo di Serena Mollicone, la ragazza che venne uccisa il 1 giugno del 2001 ad Arce, nel frusinate, appeni compiuti i suoi 18 anni.
Carabinieri contro carabinieri, si potrebbe dire, dal momento che le indagini, lentissime, sono state portate avanti da quelli del comando di Frosinone, mentre tra i 5 prossimi rinviati a giudizio ci sono 3 appartenenti alla Benemerita.
E nel giallo c’è un’altra morte misteriosa, quella di un altro carabiniere: si tratta di Santino Tuzi e le ultimi novità riguardano proprio un colloquio avuto con un collega, Vincenzo Quatrale, che lo “mette in guardia”. E appena tre giorni dopo Tuzi si “suicida”.
Siamo ad aprile 2008, una settimana prima Tuzi aveva raccontato ai magistrati la sua versione dei fatti, e cioè di aver visto Serena entrare nell’abitazione del comandante della stazione di Arce, Franco Mottola, per non uscirne più. A processo ovviamente il figlio Marco, e la moglie Anna; nonché due carabinieri: Quatrale (accusato non solo di istigazione, ma anche di omicidio) e il brigadiere Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento.
Sorge spontanea la domanda: perché 18 anni per arrivare ad un primo provvedimento giudiziario, ossia i rinviii a giudizio?
Come mai la procura di Cassino ha dormito per tanti anni?
Perché è stata fino ad oggi negato un minimo di giustizia alla memoria e alla famiglia di Serena Mollicone?
Come mai il Csm è stato fino ad oggi con le mani in mano?
Non sarebbe il caso di aprire un’inchiesta su tale inerzia o meglio sulla non-inchiesta durata 18 anni?
Interrogativi che attendono risposte.
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