Zone d’ombra – Vatti a fidare
La Caritas? La facevano a se stessi, ma altro che carità. L’inchiesta della magistratura indaga sulla distrazione di fondi destinati dal governo, come rimborso, agli immigrati e gestiti dalle organizzazioni che li assistono, accusate di averne messa in tasca una parte, anziché assegnarlo interamente ai legittimi destinatari. Sono otto gli indagati per la cifra di un milione e mezzo assegnata a “Un’ala di riserva”, onlus di Pozzuoli e di tre milioni alla Caritas di Teggiano Policastro, di cui è responsabile il sacerdote Vincenzo Federico, che può fregiarsi del titolo di Cavaliere della Repubblica e che è tra gli indagati finora insospettabili. Arrestato Alfonso De Martino, presidente di “Un’ala di riserva” che gli inquirenti ritengono titolare di collegamenti con la Caritas di Teggiano, agli arresti domiciliari la compagna Rosa Carnevale.
La vicenda rientrerebbe nel grande calderone della corruzione dilagante, ma assume i caratteri dell’eccezionalità per il “chi è” degli indagati (anche due funzionari della Regione per corruzione), in particolare di don Federico, responsabile della Caritas coinvolta. Gli indagati respingono le ipotesi di reato che il sacerdote definisce irreali. Chissà come se la cava con la compatibilità tra la nomina a Cavaliere e le accuse di truffa della Procura e chissà come giudicano la vicenda gli immigrati defraudati dei due euro e cinquanta necessari per fronteggiare piccole, indispensabili spese.
Fuori o dentro l’Europa
Il “grexit”, l’abbandono della Grecia e di qualunque altro Paese, Italia compresa, dell’euro è definito un vero disastro da chi ha confidenza con le dinamiche dell’economia. Perché? Vediamo: non è per niente facile uscire dall’unione monetaria. Si dovrebbero cambiare i trattati perché prendono in considerazione l’abbandono dell’unione europea, non quella dalla monetaria, che imporrebbe tassi più alti e rischi per gli investitori. Nel caso dell’Italia, si dovrebbero stampare miliardi di banconote e monete e ci vorrebbero tempi lunghi per ritirare gli euro e rimettere in circolazione le lire con conseguente disagio per pensionati e altre categorie minori di cittadini se, per accelerare la conversione, si decidesse di spingere per l’uso intensivo della moneta elettronica e degli assegni. Altro problema la mancanza temporanea di moneta per i casi in cui è d’obbligo usarla (parcheggi, ecc.).
Altra grave conseguenza: la corsa a ritirare soldi dalle banche e, per ingenti capitali, la loro esportazione all’estero, nel timore di una perdita di valore del denaro per la conversione. Il passaggio alla lira comporterebbe poi la perdita del vantaggio di tassi d’interesse bassi, consentiti dall’Unione Europea. Prima di farne parte erano al dodici per cento (ora sono al di sotto del tre percento). Conseguenza? Meno risorse per il welfare e per le famiglie, mutui più cari. Verrebbe anche meno la forza economica e la dimensione per fronteggiare giganti come il Brasile, la Cina e l’India. Terzo motivo di rischio, la considerazione sulla probabile svalutazione che farebbe guadagnare competitività nelle esportazioni ma con prospettive di fiato corto se, in assenza di riforme, non si immettessero sul mercato prodotti di qualità, non solo vantaggiosi per il prezzo e se a svalutare non fosse solo l’Italia, costretta a una infruttuosa guerra commerciale.
Uscire dall’unione monetaria provocherebbe una svalutazione imponente e un’ingente inflazione causata dall’aumento dei prezzi delle materia prime importate, come l’energia. Fuori dall’euro, niente crescita, più debiti, più inflazione, banche in fallimento, imprese tagliate fuori dal credito, famiglie in difficoltà alle prese con prezzi più cari. E ancora, come compensare l’impossibilità di accedere al credito europeo? Allora si capisce come mai la Grecia, strangolata dalla crisi e a secco, tanto da non poter onorare il debito con la Comunità Europea, persegua tenacemente la permanenza in Europa.
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