Turismo, storico punto forte su cui Napoli gioca le sue chance di sviluppo economico. E ormai praticamente l’unico sbocco, visto che l’apparato industriale è ormai ridotto ai minimi termini, e per trovare il polo superstite si deve andare fino a Pomigliano d’Arco, non per visitare maison Di Maio, ma gli stabilimenti oggi targati Leonardo, un tempo Aerfer, poi Aeritalia, quindi Finmeccanica, l’unico reale presidio per occupazione & innovazione fin dagli anni ’50.
Per fare il punto sull’andamento del turismo made in Napoli parliamo con l’albergatore ‘storico’ del capoluogo partenopeo, l’avvocato Sergio Maione, titolare della catena Prestige che tra le sue perle, lungo la mitica via Caracciolo, conta sull’hotel Vesuvio.
E partiamo proprio dalla novità a stelle e strisce. “Si tratta del volo giornaliero che porterà da Napoli a New York e viceversa. Un volo che esisteva vent’anni fa, poi è stato soppresso e ora finalmente torna. Sicuramente potrà dare forte impulso all’incoming di americani, che comunque sono tra i primi in classifica, insieme a giapponesi, coreani del Sud, francesi, tedeschi e spagnoli. Non pochi segnali fanno presente che gli americani percepiscono Napoli come città non proprio sicura e bisogna lavorare molto su questo fronte. Comunque il volo giornaliero sarà molto utile”.
Eccoci ai dati nell’ultimo quinquennio: “E’ finalmente passata la crisi accumulata dal 2008 al 2014, quando la città ha perso circa la metà delle presenze turistiche. Dal 2014 è cominciata la ripresa e piano piano abbiamo pienamente recuperato quel gap. Ora si tratta di consolidare il dato e migliorarlo”.
Prosegue Maione: “Uno dei fattori più incoraggianti è che l’incremento è rappresentato da un segmento di qualità elevata. Per intenderci, si tratta di turisti che spendono, con un grosso beneficio per tutto il commercio in città. Un turismo meno mordi e fuggi come prima, per cui la media delle permanenze è passata da 1-2 notti a 3-4 notti, un salto non da poco. Ed anche l’arco dei mesi è cresciuto: adesso la stagione va ininterrotta da marzo ad ottobre, mentre i mesi fisiologicamente più problematici sono gennaio e febbraio”.
“Per destagionalizzare ulteriormente, e coprire i pochi mesi ‘difficili’, teoricamente esiste la carta del turismo congressuale, per fare un solo esempio. Ma da noi è difficile, perché non abbiamo in città un Palazzo dei Congressi con una capacità da 3-4 mila posti, come c’è nelle grandi città che ospitano convegni internazionali scientifici per quei numeri”.
“I problemi che andrebbero risolti sono quelli ormai storci: trasporti pubblici che non vanno e non sono all’altezza di una metropoli come Napoli; manutenzione delle strade che lascia sempre a desiderare; arredo urbano per il quale basterebbero pochi soldi oppure ricorrendo al contributo dei privati come succede ad esempio per tante aiuole cittadine. E poi la piaga della microcriminalità che spinge ancora tanti a non venire”.
Possiamo però contare su una congiuntura favorevole. Il terrorismo internazionale per fortuna da noi non ha sparso sangue: “Certo, in molti paesi europei e nordafricani il turismo è fortemente diminuito per via di quei grossi pericoli. Ma dobbiamo appunto fare di più per convincere tanti a venire”.
“Nel nostro settore c’è il solito problema che affligge la gran parte delle imprese: il costo del lavoro. Il dipendente prende 1500 euro ma a noi costa il doppio. Il grosso nodo del cuneo fiscale. A mio parere, sarebbe stato molto più incisivo concentrare tutte le risorse oggi stanziate per quota 100 e il reddito di cittadinanza nel cuneo fiscale: avremmo creato occupazione, quella vera, duratura, avremmo dato più soldi ai lavoratori, quindi i consumi sarebbero potuti crescere. Ma su questo fronte da anni la politica non ci sente”.
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