Stuprata, ma “brutta”

Di tutto e di più. La subcultura che offende la dignità di essere donna ripropone i tempi bui del machismo, del capofamiglia despota, della “femmina” oggetto di possesso del maschio, di diffuse discriminanti, del tipo “donne a casa, ad accudire figli e mariti”, “accesso vietato ai vertici di aziende, ruoli politici, professioni” “disparità di remunerazione del lavoro”, “pene ignobilmente lievi per i ‘delitti d’onore’”. Indecenza bestiale sono le accuse a donne violentate: “Dì la verità, t’è piaciuto”, alibi vergognosamente condivisoi e stupri giustificati come rapporti sessuali consenzienti, invocazioni di meschine attenuanti: “Vai in giro in minigonna e scollature provocanti. Te lo sei cercato”.

E’ il mondo distorto del passato remoto? Purtroppo no. All’autore di uno delle centinaia di femminicidi, che insanguinano il rapporto uomo-donna nel nostro Paese, processato per omicidio premeditato, il tribunale ha dimezzato la condanna da trenta a sedici anni di reclusione. Motivo allucinante l’eccesso di gelosia dell’assassino.

“Sembra un maschio, non è stupro”: l’allucinante motivazione è di tre giudici donne, che assolvono due giovani delinquenti dal reato di violenza sessuale, condannati in primo grado a cinque e tre anni di reclusione. “Troppo mascolina la vittima, poco avvenente”, recita la sentenza choc delle tre togate “è molto più probabile che abbia inventato tutto”. E aggiungono: “La ragazza neppure piaceva, sul cellulare si era registrata con il nome maschile ‘vikingo’, segno di una personalità mascolina, confermata dalla fotografia riportata nel fascicolo processuale”. Si deve a un uomo, al procuratore generale, l’azzeramento di questa vergogna. Annulla il verdetto e rinvia il processo alla Cassazione. Si cancella così anche il truce commento che lede la parte offesa, definita dalle giudici della Corte d’Appello di Ancona ‘la scaltra peruviana’: “Non è possibile escludere che sia stata la vittima a organizzare la nottata ‘goliardica’.” Secondo le tre magistrate non poteva essere desiderata, perché “sembrava un maschio”.

A chi propone un referendum su Tav sì, Tav no: si faccia, ma esclusivamente tra i pendolari, che con il calvario di ogni giorno pagano il disagio di treni dove viaggiano in piedi, addossati come sardine uno all’altro, che spesso non riescono a prendere per super affollamento, costretti a salire sul successivo e a tardare l’ingresso al lavoro. Si faccia nei luoghi degli italiani diseredati, di intere province dove i treni viaggiano nelle due direzioni su un solo binario. Si faccia nelle regioni del Sud, dove le ferrovie hanno livelli di carenze anteguerra. Si faccia sulle direttrici del traffico ferroviario penalizzate per mancate infrastrutture di collegamento, per esempio sull’Adriatica. Si faccia così, ad esclusione delle regioni del Nord, interessate alla realizzazione della tratta franco-italiana del Tav, che promette appalti alle imprese di quella parte del Paese e sottrae risorse a tante emergenze..


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