La verità sulla tragedia dell’11 settembre potrebbe venire presto a galla. Un famoso gruppo di hacker, chiamato The Dark Overlord, è infatti entrato in possesso di una montagna di documenti top secret – si parla di una cifra stratosferica, ben 18 mila – che minaccia di rivelare al mondo intero se non verrà pagato un gigantesco riscatto in Bitcoin.
A riprova che la loro minaccia è reale, hanno messo on line 10 gigabyte di file criptati, la cui chiave di decriptazione verrà resa pubblica se, appunto, non sarà pagato il riscatto richiesto.
A quanto pare si tratta di file che coinvolgono le massime autorità e i principali protagonisti nella tragica vicenda delle Twin Towers: Cia, Fbi, Pentagono, la Transfert Security Administration, la Federal Aviation Administration, compagnie d’assicurazione e di volo nonché Larry Silverstein, il miliardario immobiliarista che ha avuto la fortuna di fittare le due torri appena tre mesi prima che avvenisse il loro crollo.
Pochi sanno, infatti, che in seguito alla tragedia è ovviamente insorto un contenzioso tra Silverstein da un lato, le compagnie di assicurazione, quelle aeree e lo stesso comune di New York dall’altro. Dopo una estenuante trattativa, alla fine è stato raggiunto un accordo, o meglio, un “patteggiamento”. Tutti quei documenti e quelle intese sono sempre rimaste top secret, oscurato tutto: secondo alcuni i documenti avrebbero dovuto essere distrutti. Ad oggi – spiegano dei legali di New York – nessuno ha potuto mai sapere il reale contenuto del patteggiamento, l’accordo sottostante, le clausole, le vere motivazioni che hanno portato all’intesa. Zero. Siamo nel buio più completo.
A rendere il giallo ancor più giallo ora c’è la maxi richiesta di riscatto, nonché il fatto che la notizia è uscita per la prima volta, a fine anno, come vera bomba di Capodanno, sul quotidiano Russia Today. Non in pochi hanno “decriptato” il fatto – è il caso di dirlo – come una “pressione” da parte dei russi, una sorta di revolver puntato sulla Casa Bianca e forse volto a far velo sul Russiagate.
Fatto sta che la miccia è accesa e vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà.
Ma passiamo ai raggi x la vera storia delle Twin Tovers e, soprattutto, cerchiamo di capire meglio chi à Lucky Larry Silverstein.
MISTER SILVERSTEIN TRA MISTERI & MEGA AFFARI
Inizio 2001. Il potente immobiliarista ha puntato gli occhi sulle Twin Towers ed avviato una trattativa per poter ottenere un fitto “a vita”, per lui e i suoi eredi, 99 anni di contratto. Teniamo presente che il valore dell’immobile è di circa 3,7 miliardi di dollari: il primo acconto che Silverstein versa a giugno 2001 è da 124 milioni di dollari.
Ma ecco che in 100 giorni succede di tutto. Due, in particolare, i fronti battuti da Silverstein: da un lato i contratti di assicurazione, dall’altro quelli per la “security”.
Partiamo dalle super polizze assicurative. A recitare la parte del leone è l’elvetica Swiss Re. L’ammontare assicurato è pari al doppio del valore reale (prima anomalia): 7 miliardi di dollari a fronte, come detto, di poco più di 3 e mezzo.
Ma è una clausola a dar molto da pensare: l’assicurazione era anche “contro possibili attacchi terroristici”. Molto previdente e (e forse preveggente) mister Silverstein!
Più complessa la gestione della “sicurezza elettronica” delle Torri. A stipulare il maxi contratto è la SECURACOM (che oggi si chiama STRATASEC). Interessante la composizione del suo consiglio d’amministrazione: nel quale fa capolino la presenza di Marvin Bush, fratello di George W. Bush, e quindi figlio di George Bush senior, recentemente passato a miglior vita.
La poltrona di direttore generale di Securacom, poi, all’epoca era occupata da Wist Walzer III, cugino dello stesso Marvin Bush.
Non è certo finita qui. Perchè l’onnipresente Securacom aveva in cura anche i sistemi elettronici di sicurezza al Dulles International Airport e alla United Airlines: vale a dire l’aeroporto dal quale partì il velivolo killer con il capo commando Mohamed Atta a bordo, e la compagnia aerea alla quale apparteneva il velivolo stesso.
Un cerchio ben chiuso, saldato alla perfezione: Silverstein era in grado di controllare direttamente i sistemi elettronici delle sue Torri Gemelle e indirettamente – via Securacom – anche quelli della compagnia aerea (United Airelines) e dello scalo di partenza (il Dulles). Perfetto. Ed in tutta la scena si staglia la presenza della Bush dinasty!
Alla fine della storia, la compagnia elvetica Swiss Re sgancia un risarcimento pari a 4,6 miliardi di dollari. Ma l’insaziabile Silverstein cita in giudizio anche la United Airlines; e sarà solo l’intransigenza di una toga a fermare la sua inarrestabile sete di dollari: il giudice Alvin Hellerstein, infatti, sentenzia che bastano e avanzano i 4 miliardi e 700 milioni già ricevuti da Swiss Re.
Qualche notizia sullo stato di salute delle Torri Gemelle. “Penoso – è il commento unanime degli immobiliaristi di New York – erano praticamente tutto, se non da rifare, da ristrutturare pesantemente. Ma a costi strastosferici. Da tener presente che erano zeppe di amianto, per cui i lavori erano proibitivi. Per la demolizione, figurarsi, ci sarebbero voluti 15 miliardi di dollari, quasi il quintuplo del loro valore”.
Un altro elemento. L’edificio 7 era una vera miniera di segreti: infatti ospitava l’Archivio centrale dei servizi segreti americani, con oltre 200 dipendenti. Documenti ovviamente di enorme importanza spariti nel nulla. Da notare, ancora, che l’edificio 7 venne “tirato giù” (come disse telefonicamente Silverstein) otto ore più tardi, con una “demolizione controllata”. Misteri nei misteri.
Ultima chicca. Silverstein aveva molti amici, of course soprattutto tra le fila dei repubblicani. Ma il vero amico di una vita non era a stelle e strisce, bensì israeliano: l’attuale premier Benjamin Netanyahu.
IL J’ACCUSE DI FERDINANDO IMPOSIMATO
Il grande giudice Ferdinando Imposimato, scomparso esattamente un anno fa, nel 2012 ricevè un prestigioso e oneroso incarico dal tribunale dell’Aja per i crimini contro l’umanità: redigere una corposa relazione giuridico-investigativa sulla tragedia dell’11 settembre. Alla Voce seguimmo passo passo il suo meticoloso lavoro: si trattava di tradurre documenti top secret, esaminarli, sviscerarli, incrociarli, un vero lavoro di intelligence.
I risultato furono straordinari e ne pubblicammo una sintesi sulla Voce, a marzo 2012.
Una delle scoperte più inquietanti riguardava il capo commando Mohamed Atta: un personaggio che Cia ed Fbi conoscevano bene, e sia l’una che l’altra avevano più volte segnalato al Pentagono e a Bush in persona la pericolosità di quell’uomo. In grado di andare a zonzo per gli States per mesi e mesi prima di quell’11 settembre: ovviamente a bordo di normali aerei di linea, senze che una sola volta venisse fermato. In quei mesi aveva ricevuto strani, corposi bonifici. Trovò il tempo, Atta, anche di prendere un brevetto di volo presso un scuola di addestramento americana. Mancava solo una medaglia al valor civile!
Da rammentare, poi, che l’amministrazione di Barack Obana ha desecretato molti documenti sull’11 settembre: capaci solo di fare un po’ di solletico all’Arabia Saudita, di cui vengono provati alcuni accordi con frange di terroristi islamici. Niente altro di sostanziale e un buco nero – quello delle Torri Gemelle – mai ufficialmente chiarito.
LE AMICIZIE PERICOLOSE DI CASA BUSH
Sulla famiglia Bush, ed in particolare sulle amicizie “pericolose” di Bush senior, la Voce ha avuto modo di scriverne tante. A cominciare da quel pranzo – dopo alcune partite di tennis – a casa Bush (padre): a tavola il celebre tennista svedese Bjorn Borg e la sua compagna di allora Loredana Bertè. Ma la guest star era un’altra: Osama bin Laden, non ancora salito alla ribalta delle cronache.
A raccontare l’incredibile story alla Voce fu l’avvocato Carlo Taormina, all’epoca legale della Bertè.
Due famiglie molto legate, quella dei Bush e quella dei bin Laden. Tanto che quella tragica mattina dell’11 settembre, nella sede della banca d’affari Carlyle, vis a vis con le Twin Towers, si trovavano in lieta compagnia a conversare George Bush senior e il cugino di Osama bin laden, entrambi azionisti della stessa Carlyle. Quando si dice i destini della vita.
Del resto Bush senior non ha mai disdegnato gli affari a tanti zeri, anche se i compagni di ventura non erano troppo raccomandabili. E così capitò anche con la società che gestiva l’aeroporto di Los Angeles, dove stavolta troviamo big George a braccetto, sempre come azionista, del tanto odiato Saddam Hussein. Mumble mumble.
Ma per i sommi vertici del potere statunitense (vecchio e nuovo) si annunciano nuove tempeste. Altre rivelazioni choc in grado di fare ulteriore luce sull’11 settembre e su altri buchi neri della storia americana (come la finta cattura e uccisione di Osama bin Laden, una vera sceneggiata a stelle e strisce) potrebbero presto arrivare dall’uomo di tutti i segreti: nientemeno che Steve Pieczenik, lo 007 che Henry Kissinger inviò a Roma perchè Aldo Moro “Doveva Morire” (come è titolato il profetico libro scritto da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato). Quindi Pieczenik – lo rivela lui stesso in una clamorosa intervista mai presa in considerazione dai media di casa nostra – affiancò l’allora ministro degli Interni Francesco Cossiga in quel “Comitato di crisi” composto praticamente solo da piduisti. Per portare a termine l’operazione di “non liberazione”…
Da alcuni mesi Pieczenik sostiene che è arrivato il momento di alzare il sipario sulle Grandi Bugie Americane, the Big American Lies: “non più false flag, non più 11 settembre, non più finte uccisioni di Osama”, scrive in rete. Staremo a vedere.
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7 Agosto 2018 di Andrea Cinquegrani
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3 pensieri riguardo “11 SETTEMBRE / TUTTE LE VERITA’ MAI RACCONTATE, MANDANTI MADE IN USA”