CANALE 5 / CADEAU DI NATALE, “ULTIMO” CONTRO I NARCOS

Regalo natalizio di Canale 5 ai suoi telespettatori. Nella prima serata di mercoledì 19 dicembre vanno in onda le mitiche imprese di Sergio De Caprio, al secolo il Capitano Ultimo, stavolta alle prese con “i due gruppi criminali più potenti e feroci del mondo uniti nel business del traffico di cocaina proveniente dal Sudamerica”, come pennella il “Teleraccomando” di Maria Volpe per la consueta striscia quotidiana del Corsera. Da leccarsi i baffi divorando pop corn.

Dopo le prodezze in cui l’indomito Raoul Bova interpretava l’Ultimo eroe a caccia della primula rossa, il super boss Totò Riina, riuscendo a catturarlo dopo mesi e mesi di lavoro con la sua super squadra del Ros, stavolta lo scenario cambia e dalla Sicilia – un confine ormai troppo stretto per tali titaniche imprese – ora la scena si allarga fino al Suadamerica. Ma il coraggio è sempre quello, la tempra non cambia, le prodezze si moltiplicano. A quando la prossima fiction su Nembo Kid-Ultimo-Bova?

Era già tornato alle cronache negli scorsi mesi e pochi giorni fa, il nostro Eroe. Primo, in merito allo scandalo Consip, perchè molto legato a Gianpaolo Scafarto, del quale era diretto superiore quando entrambi lavoravano nei Servizi. Poi perchè, dopo una decina d’anni, gli è stata tolta la scorta. Infine perchè di recente gli è stata bruciata un’Audi, di fronte alla “Tenuta della Mistica”, nella periferia est di Roma, dove svolge il nuovo incarico affidatogli dall’Arma dei carabinieri: al servizio del Comando dei carabinieri forestali, responsabile di Biodiversità e Parchi.

Gianpaolo Scafarto

Lontani una vita, ormai, i gloriosi anni al Ros, braccio destro del generale Mario Mori per tante operazioni, prima di tutte le cattura di Riina; poi quelli al Noe, il nucleo ambientale della Benemerita; quindi ai Servizi di casa nostra. Anche una parentesi “politica” sempre insieme all’inseparabile Mori: quando hanno ricevuto l’incarico di provvedere alla sicurezza di Roma dall’allora sindaco Gianni Alemanno.

La vicenda che, comunque, rimane più impressa nelle mente è quella rocambolesca cattura del capo di Cosa nostra. Le leggenda (incarnata da Raoul Bova) vuole che sotto la direzione del tandem Mori-De Caprio il Ros abbia compiuto un estenuante lavoro di oltre un anno: intelligence, appostamenti, intercettazioni, di tutto e di più, da veri 007e da autentici servitori dello Stato.

La realtà – documentata anche attraverso il processo che si è svolto per il mancato controllo del covo – è ben diversa. In primo luogo, la dritta per localizzare il super ricercato Riina venne dallo stesso Bernardo Provenzano, che in tal modo si sarebbe garantito una lunga latitanza senza troppi problemi. Ma il nodo sta nella mancata perquisizione e controllo del covo.

Quel covo, infatti, dopo due settimane venne trovato completamente “diverso”: tinteggiate di fresco le pareti, cambiati gli igienici, evidentemente asportata la cassaforte che conteneva il famoso (o famigerato) archivio dei 3000 nomi. La circostanza è emersa nel corso di un dibattimento processuale al tribunale di Milano, durante il quale lo stesso Ultimo sostenne di “non aver mai parlato di quell’archivio dei 3000 nomi”. Excusatio non petita…

L’assoluzione di Mori e De Caprio, comunque, pesa come una condanna: nelle motivazioni, infatti, si legge che, pur non trattandosi di comportamenti penalmente rilevanti, si tratta di comportamenti profondamente censurabili sotto il profilo morale, professionale, deontologico.

Ma quali furono mai le scuse addotte da Mori e Ultimo per giustificare quel clamoroso mancato controllo? “La truppa era stanca dopo tanti mesi di lavoro e di ricerche di quel covo”, disse Mori.

Aggiunse Ultimo: “preferimmo non controllare il covo per seguire le tracce di chi ne era uscito e vedere da chi ci portava”. Scuse da 113.

Sta di fatto che è poi cominciato il toto-boss, per capire in che mani fosse finito quell’archivio, ottimo e abbondante strumento di ricatto. Il più gettonato, di gran lunga, un nome: quello di Matteo Messina Denaro.


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