SALINI IMPREGILO / ROGNE A PANAMA, CHAMPAGNE PER IL TERZO VALICO

Panama amaro per il più grosso gruppo italiano nel settore del mattone e delle infrastrutture, Salini Impregilo. Una brutta botta da 217 milioni di euro, cui potrebbero presto aggiungersene altri 117.

Tutto deriva da un maxi contenzioso con l’Autorità del Canale di Panama e concerne un’opera del valore di ben 5 miliardi e 200 milioni di dollari.

Per ora l’arbitrato che si è svolto a Miami, in Florida, ha dato torto al nostro gruppo, che ha il 48 per cento delle azioni del consorzio Grupo Unidos. Al centro della querelle, l’ipotesi che i costi di costruzione siano stati gonfiati per quanto concerne la realizzazione di una terza serie di chiuse, all’interno del super progetto per il raddoppio del canale che consente alle grandi navi cargo il passaggio dall’Oceano Atlantico al Pacifico.

Il contraccolpo si è fatto subito sentire a piazza Affari, dove il titolo ha perso la bellezza del 19,8 per cento, un quinto del suo valore sfumato in un baleno. C’è da chiedersi come andrà a finire l’intero contenzioso, visto che siamo solo alle prime battute.

Forse proprio temendo questo esito negativo dell’arbitrato, il gruppo aveva già programmato la vendita (che è avvenuta proprio lo stesso giorno), da parte della sua controllata Usa Lane, d’una serie di impianti per la produzione di asfalto. Li ha comprati Eurnova, che fa capo al gruppo francese Vinci, per un prezzo di 555 milioni di euro.

E, soprattutto, la nostra star può ora festeggiare per il felice sblocco di una delle opere a cui tiene maggiormente, il tanto contestato Terzo Valico al quale, dopo mesi di attesa, ha dato disco verde il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Danilo Toninelli. Ecco come commenta il 5 Stelle: “Ormai è un frutto avvelenato del passato”. Il costo dell’opera – sostiene – “attualizzato a 30 anni supererebbe i benefici per una cifra di 1 miliardo e 576 milioni” E fermare i lavori, secondo i calcoli ministeriali “sarebbe peggio: il totale dei costi del recesso ammonterebbero a circa 1,2 miliardi, e in più non avremmo l’opera”. Ecco il motivo per cui “non può che andare avanti”. Come è successo per il Tap.

Sorge spontanea la domanda: ma pallottoliere a parte, in quale modo saranno mai stati considerati, per fare un solo emblematico esempio, i “costi per l’impatto ambientale”? Anche per il Tap?

Per la realizzazione del Terzo Valico, come dicevamo, è impegnata in prima fila Salini Impregilo, che occupa un ruolo strategico all’interno del consorzio COCIV.

Non è finita. Perchè la star di casa nostra è alle prese con il caso Astaldi. Ossia l’acquisto della grossa società finita in crisi e alle prese con un concordato, per il quale ha chiesto altri sessanta giorni al tribunale di Roma per mettere un po’ a posto i conti. Salini Impregilo ha manifestato il suo interesse per acquistarla, o per acquisire almeno il ramo costruzioni, il più ghiotto e con un portafoglio lavori non da poco. Secondo alcune fonti, il progetto potrebbe coinvolgere più soggetti: ad esempio la sempre generosa (la nuova Iri, ormai) Cassa Depositi e Prestiti, che potrebbe avere il 15 per cento di una ipotizzabile newco. C’è da battere, ad ogni buon conto, la concorrenza della giapponese IHI.

Per tamponare le falle, comunque, Astaldi sta trattando per ottenere due grossi prestiti (circa 200 milioni di euro), un “finanziamento d’urgenza” ad un tasso comunque elevato, il 13 per cento: a concederlo potrebbero essere due finanziarie americane, Fortress e Sound Point Capital.

La situazione di Astaldi è stata vagliata proprio il 13 dicembre al ministero per lo Sviluppo Economico, all’interno di una riunione che ha inteso affrontare le dolenti note di alcuni gruppi finiti in amministrazione controllata, come anche Condotte e Tecnis. Per quest’ultima si sarebbe fatto avanti il gruppo Pessina, quello dei mattonari che hanno (mal)gestito per un paio d’anni l’Unità, e l’hanno poi ingloriosamente chiusa. Povero Gramsci.


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