Banche Usa? Scoppiano di salute e sprizzano utili da tutti i pori. A quanto pare, dunque, Stati Uniti in piena salute, visti gli ultimi dati sulla disoccupazione, scesa ai minimi storici da decenni, ed ora queste performance messe a segno dai principali istituti di credito a stelle e strisce.
Citigroup, ad esempio, fa segnare un aumento degli utili netti pari a quasi il 12 per cento (11,8). Well Fargo presenta un utile netto da 6,1 miiardi di dollari, con un aumento del 30 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Ed eccoci al colosso Jp Morgan, che ha chiuso l’ultimo trimestre con un incremento stratosferico, addirittura il 25 per cento, e un utile netto di quasi 8 miliardi di dollari e mezzo. Da segnalare in particolare l’incremento della raccolta tra famiglie e piccole imprese, un terreno fino ad oggi mai troppo sfruttato dal colosso finanziario a stelle e strisce.
Ma l’amministratore delegato di Jp Morgan, l’inossidabile Jamie Dimon, ottimo amico tra l’altro dell’ex premier Matteo Renzi, guarda l’altra faccia della medaglia ed avanza delle forti preoccupazioni, soprattutto a livello internazionale. Secondo il suo ragionamento, infatti, non bisogna solo tener conto degli “Stati Uniti e di un’economia globale che continuano a dimostrarsi solidi, con una crescita ancora molto forte. Ma ci sono altri fattori che vanno presi in considerazione. Se i tassi vanno giù – osserva il super banchiere – perchè c’è inflazione, questo non è un vantaggio, ma una cosa negativa. Così come lo sono questioni geopolitiche che stanno esplodendo un po’ dappertutto”.
E fa un elenco piuttosto lungo di dossier aperti: la guerra dei dazi tra Usa e Cina, la Brexit, le preoccupazioni per la situzione italiana, le derive populiste in Brasile e Venezuela, i conflitti in Medio Oriente. Una serie di fronti caldi o bollenti che preoccupano anche un’economia forte e in salute come quella statunitense.
Giorni fa l’economista Jan Brenner ha parlato di “recessione geopolitica”, e di una possibile “fine dell’ordine globale guidato dagli Usa”. Staremo a vedere.
Ottimo amico dell’ex premier Matteo Renzi, abbiamo detto, il super banchiere a stelle e strisce. Si sono incontrati per la prima volta a Firenze quando era ancora sindaco della città, e una seconda volta, in qualità di premier, a Londra. In entrambi i casi era presente un big della politica internazionale, l’ex premier britannico Tony Blair, nel frattempo diventato consulente internazionale di Jp Morgan.
Il tris d’assi discusse in particolar modo di questioni italiane, come il Jobs Act, ancora in fase di gestazione, di abolizione dell’articolo 18 e, ciliegina sulla torta, di Referendum per abbattere la nostra Costituzione (ovviamente soprattutto nel secondo e più ravvicinato incontro).
Summit tenuti ‘riservati’, al riparo da sguardi indiscreti e di telecamere curiose. Ma nonostante ciò, ovviamente trapelarono, tanto che il senatore Elio Lannutti ha presentato in alcune procure (di sicuro Roma e Milano) una denuncia nei confronti di Renzi per “attacco alla Costituzione”.
Che fine avranno mai fatto quelle denunce, articolate in una dozzina di analitici punti che dettagliavano tutta la fitta strategia intessuta tra Renzi e Jp Morgan per condizionare l’Italia?
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