Otto anni esatti dall’omicidio del sindaco-pescatore di Pollica, Angelo Vassallo. Si è appena svolta una manifestazione di cittadini che chiedono giustizia, ma non erano in molti. Parecchi sono scettici: “gli assassini sono tra noi”.
Ed infatti una delle ultime ipotesi più attendibili è che il killer di quella maledetta notte del 15 settembre fosse in compagnia non di un solo complice, ma di ben due.
Il cerchio sembra stringersi, finalmente, per raggiungere la verità, come purtroppo rarissimamente succede nel nostro Paese.
Archiviato infatti il primo filone d’inchiesta che dopo numerosi accertamenti ha infine scagionato un piccolo trafficante di droga italobrasiliano, Bruno Umberto Damiani, da alcuni mesi i pm della procura di Salerno stanno battendo una pista ben più concreta: quella che ha portato alla iscrizione nel registro degli indagati di un ex sottufficiale dei carabinieri in congedo, Lazzaro Cioffi, oggi ristretto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
In realtà la detenzione nella galera sammaritana è dovuta ad un’altra storia, per presunte collusioni con i boss della droga nel parco Verde di Caivano. Forse ve lo ricorderete, quel famigerato parco Verde, teatro di un atroce episodio, il lancio dalla terrazza di una bambina di otto anni, un crimine che ancora deve ancora trovare una sentenza.
Quindi è sempre la droga la pista che seguiva anche Angelo Vassallo, ossessionato negli ultimi mesi dalla recrudescenza del fenomeno. Anche pochi mesi dopo quell’omicidio di parlò di droga diffusa a mani basse tra i giovani, tra cui il figlio o la figlia di un ufficiale dei carabinieri. Indagini, finte indagini, riflettori accessi ad intermittenza, ma non sembrava vi fosse la reale volontà di approfondire il caso.
La famiglia, dal canto suo, si è sempre battuta per la ricerca della verità e per dar giustizia ad un sindaco che voleva fare solo il proprio dovere, ripulendo il territorio da illegalità e abusi (anche edilizi).
Sottolinea oggi il fratello del sindaco, Dario Vassallo: “Questa indagine è stata inquinata da depistaggi istituzionali messi in atto sin dal primo giorno. Quando sono arrivato sul luogo dell’omidicio, alle 7 e 30 del mattino successivo, la scena del delittto era stata abbondantemente contaminata”. Scontato.
Sembra di rileggere i copioni di altre tremende tragedie, in cui il meccanismo del depistaggio – fino ad oggi – ha funzionato a perfezione: l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, dove forze dell’ordine e inquirenti hanno addirittura costruito a tavolino il testimone taroccato per far accusare un innocente e mandarlo il galera per 16 anni.
O come il caso della strage di via D’Amelio, dove sempre le forze dell’ordine e gli inquirenti hanno anche stavolta inventato di sana pianta un pentito taroccato che ha accusato 8 innocenti che si sono beccati altri 16 anni di carcere. Sembra un copione perfetto. Collaudato.
Speriamo che per il giallo Vassallo non sia così. Il fratello se ne dice certo: “ho chiesto un incontro con il ministro Bonafede per illustrargli gli ultimi sviluppi del caso. E ho scritto un libro in cui ho messo in fila tutti i fatti, tutti gli eventi, tutto quanto è successo. Alla fine, se si legge con attenzione, si capisce chi è l’assassino”.
Perchè allora non comincia a capirlo, accelerando i tempi, anche il palazzo di Giustizia salernitano?
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