Prima o poi era nelle cose ingarbugliate, nei segreti del Vaticano abitato da molti, troppi conservatori e pochi innovatori: l’attacco frontale, diretto, contro Papa Francesco è arrivato, forse meno cruento del previsto, grazie alla sorveglianza di chi gli è vicino su cibi e bevande, inaccessibili a chiunque non sia del suo ristretto entourage, per scongiurare rischi di avvelenamento.
Bergoglio ha messo del suo nel fornire all’ex nunzio apostolico Viganò (chiede le dimissioni di Bergoglio) l’impianto accusatorio esplicitato in questi giorni con l’accusa di aver coperto i pedofili. In forte ritardo e per il momento manifestata con il pentimento, la vergogna per la depravazione di migliaia di preti che hanno abusato di bambini e minorenni e non meno per l’omertà di vescovi e cardinali rei di aver coperto i responsabili.
Sostanzialmente ha ragione l’ex nunzio apostolico, ma è lecito sospettare che l’attacco mascheri l’opposizione interna nei confronti del papa “comunista”. Che Francesco sia schierato a protezione di poveri, deboli e oppressi, riceve un’ultima conferma dal caso Diciotti. In visita pastorale all’Irlanda, Bergoglio fa sapere che il popolo ospitante e la Chiesa sono pronti ad accogliere i migranti sequestrati sulla nave della Guardia Costiera con un ordine impartito dal ministero dell’Interno via telefono, per sottrarsi alla documentazione scritta di un testo su cui indaga la Procura di Agrigento.
La disponibilità dell’Albania a ospitare una ventina di profughi, unico slancio di accoglienza extra papale, per quanto apprezzabile non è ricevibile perché quel Paese non è membro della Comunità europea. In poche parole, papa Francesco, al di fuori della mediazione del ministero dell’Interno, ha messo fine al dramma dei 170 migranti della Diciotti.
Lo avevamo anticipato, il Ce l’ho duro valpadano leghista, indagato dalla procura di Agrigento per pesanti accuse (sequestro aggravato di persone, arresto illegale) chiama a raccolta l’esercito dei suoi incolti elettori perché sostengano insulti e contumelie contro la magistratura. Personalmente invoca la riforma della giustizia: si può scommettere, non per renderla più efficace, ma per metterle il bavaglio.
E’ in pericolo la democrazia se il collega vice premier pentastellato, alias l’Incompiuto Di Maio, dà un colpo al cerchio e una alla botte. Chiede rispetto per i giudici ma invita il leghista di Pontida a fregarsene dell’iscrizione nella lista degli indagati, in stridente contraddizione con il giustizialismo pre elettorale.
La politica di questo povero Paese è a un bivio: avrà il sopravvento la fronda interna al Movimento del comico genovese (Fico e tanti altri) che non sopporta la promiscuità con la Lega o la componente opportunista (Di Maio, Toninelli e ‘compagni’) tentati di arruolarsi nel partito che si approssima sempre di più a riedizioni del Ventennio? Per il momento i 5Stelle prendono le distanze dall’incontro Salvini-Orbàn e le opposizioni chiamano a raccolta i democratici per contestare il premier ungherese, xenobo e razzista. Chiedono che siano gli siano negati i finanziamenti europei. Non basta.
Desaparecido è il tragico attributo per gli argentini e i cileni uccisi e fatti sparire dalle rispettive dittature. Per carità è analogia illegittima affibbiare l’aggettivo alla sparizione dagli scenari della politica italiana del presidente del consiglio, ma scomparso è scomparso. Sì, quello delle note preparate dall’addetto stampa, senza le quali sarebbe un premier muto, quello inviato dai suoi vice a spargere lacrime istituzionali, nei luoghi del Paese colpiti da disastri (crollo del ponte Morandi, terremoto, vittime dell’alluvione nel torrente del Pollino), quello degli abiti di sartoria, scarpe inglesi e cravatte di classe.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.