Finalmente i 5 Stelle si svegliano e partono alla carica, chiedendo la totale “desecretazione” di tutti gli atti relativi alle concessioni autostradali.
Come venne fatto con i maxi fascicoli relativi a 40 anni di stragi di Stato e il provvedimento garantito da Matteo Renzi, affidato appena dopo l’insediamento al capo del DIS (Dipartimento Informazione Sicurezza), Giampiero Massolo, candidato alla Farnesina nell’ultimo toto nomine. Un’autentica bufala, quella, una fake news in piena regola, visto che si trattava di carte e documenti già conosciuti o del tutto inservibili: carta straccia. Alla faccia dellla trasparenza sbandierata. E’ stato proprio il senatore Pd Paolo Bolognetti, presidente dell’Associazione delle vittime per la strage alla stazione di Bologna, a parlare di presa per i fondelli. Documenti che non sarebbero serviti a cavare neanche una formica dal buco.
E speriamo non succeda lo stesso adesso con il segretario dei pentastellati Luigi Di Maio che proclama: “Desecreteremo tutti i contratti dei concessionari autostradali e mostreremo questa vergogna al mondo intero”. Vivaddio, finalmente parole degne di un rappresentante del popolo e non della Kasta, di volta in volta, dei Signori delle Autostrade, dei Bankster, di Big Pharma e chi più ne ha più ne metta.
ATTI & ALLEGATI FANTASMA
Commenta una buona volta il Corsera, che pare svegliarsi da un lungo letargo: “Sul sito del ministero si possono leggere la convenzione firmata nell’ottobre 2007 con Autostrade (del governo Prodi), l’atto aggiuntivo del dicembre 2013 (governo Letta), ma senza alcuni allegati, tra cui uno fondamentale: il piano finanziario. Ragioni di riservatezza legate al fatto che Autostrade è una società quotata in Borsa, si dice. Che ora però devono venir meno davanti alla necessità di far piena luce sul disastro del 14 agosto”.
Nell’apposita Convenzione stipulata tra Stato e Autostrade si parla di tante belle cose, ad esempio che lo Stato, come concedente, “vigila affinchè i lavori di adeguamento siano eseguiti a perfetta regola d’arte a norma dei progetti approvati”. “Il concedente vigila ancora anche sui lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e sui ripristini” e “visita ed assiste ai lavori, può eseguire prove, esperimenti, misurazioni, saggi, e quanto altro necessario per accertare il buon andamento dei lavori stessi”.
E’ lo stesso Corsera a domandarsi: “ma tutto questo è stato fatto? E il ministero, che ha una struttura ad hoc per i controlli, è in grado di farlo?”.
A quanto pare esiste una SPEA pigliatutto, costola di Autostrade, che pur del tutto inefficiente razzolava per contratto opere tra il 40 e il 60 per cento: oltre la metà dei lavori, non noccioline. Norma prima abrogata dal governo, poi reintrodotta con l’ultimo Sblocca Italia dell’esecutivo Gentiloni, su espressa pressione della lobby delle Autostrade, rappresentata ovviamente non solo dal gruppo Benetton – che comunque si pappa la fetta maggiore – ma anche dai gruppi Gavio e Toti. gli altri oligopolisti a tavola.
A proposito di mancanza totale di trasparenza prendiamo ad esempio il contratto firmato dai Gavio, in particolare per quanto attiene agli “investimenti e le spese operative per le opere di manutenzione”. L’estrema mancanza di trasparenza trova conferma in una relazione redatta dal capo della struttura economica della Banca d’Italia, che durante un’audizione alla Camera proprio sul tema concessioni ammise che “ogni riduzione dei costi che il concessionario riesce a ottenere, nel periodo di determinazione delle tariffe, rimane nella sua disponibilità”. Se questi non sono furti da colletti bianchi e addirittura avallati da alti vertici istituzionali!
A Ferragosto – mentre i Benetton festeggiavano a botti di champagne nella villa di Cortina – nell’inchiesta sul massacro “scientifico” di ponte Morandi, abbiamo proposto a tutti i lettori e ai cittadini italiani di coscienza e buona volontà, di non comprare più prodotti Benetton, ormai macchiati di sangue: per chi non lo ricorda ci furono svariate denunce internazionali, anni fa, sull’uso estremo di lavoro nero (soprattutto di bimbi) nei paesi del quinto mondo e nelle fabbriche dei tanto ‘illuminati’ e ‘umanitari’ Benetton.
Ora sarebbe il caso di proseguire nella battaglia e boicottare i pagamenti ai caselli autostradali, perchè pagarsi il pedaggio per la morte è davvero il colmo. Lo abbiamo proposto per la Tangenziale di Napoli, che da vent’anni deruba i cittadini ora di un euro – il pedaggio – per un’opera già strapagata e che produce solo utili, presieduta da ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino, sette anni fa voluto fortemente su quella poltrona da Paolo Benetton in persona. Niente ha fatto – in cinque anni, nonostante i proclami alla Masaniello – il sindaco arancione Luigi de Magistris, che lo considera un assurdo ma non muove mezzo dito per cambiare le cose.
COME RACCONTAVA BOCCA IN “NAPOLI SIAMO NOI”
Esattamene 12 anni fa, nel 2006, quindi ben prima del celebratissimo ‘Gomorra’ di Roberto Saviano, Giorgio Bocca scriveva “Napoli siamo noi”, anticipando punto per punto, dramma per dramma, quello che il laboratorio Napoli stava producendo e che dopo alcuni anni si sarebbe tradotto tristemente su palcoscenici nazionali. Dal business della monnezza alla camorra formato export (dal centro nord all’estero) fino a tutti i malaffari tessuti da quella triade politica-imprese-camorra che ha massacrato la città e tutto il suo immenso e desolato hinterland dal dopo terremoto (1980) in poi. E non solo, appunto.
Bocca rimase particolarmente impressionato – tra le tante – da una storia emblematica, quella di Monteruscello, la Pozzuoli bis spuntata come un fungo in pochi mesi dopo l’emergenza del bradisisma. La terra saliva, saliva – sembrava una favola degna di fate e orchi – bisognava fuggire, metter su in un baleno un’altra Pozzuoli in un luogo più sicuro.
Solo che quel luogo era ancora peggiore del precedente: in piena area rossa, in piena zona archeologica, un po’ come lo stadio di Roma a Tor di Valle nella più inadatta location possibile.
Tutta una autentica sceneggiata: un’emergenza taroccata, un insediamento voluto dai politici di allora, in primis il pluriministro Vincenzo Scotti, ex titolare dei Beni Culturali e della Protezione Civile, in perfetto accordo con Paolo Cirino Pomicino, ‘O Ministro. Detto fatto, le big nazionali del mattone scendono in campo, beccano le commesse che subito smistano in subappalto alla sigle di camorra.
Quella volta la magistratura intervenne in “tempo reale”, fatto più unico che raro nella storia giudiziara italiana: tre toghe coraggiose, l’attuale procuratore capo di Potenza Luigi Gay, il procuratore capo di Nola Paolo Mancuso, l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, scoprirono una rete di tentacolari connection che legavano mega imprese, aziende di camorra, faccendieri, progettisti taroccati, di tutto e di più: una vera associazione per 416 bis.
Ma l’inchiesta venne chiusa in istruttoria per preciso volere del ministro Scotti il quale un giorno sì e l’altro pure chiedeva notizie sull’archiviazione al suo amico e procuratore capo a Napoli Alfredo Sant’Elia, e al capo dell’allora ufficio denunce Armando Cono Lancuba, in odore socialista. Così abortì quella pre Tangentopoli miliardaria e soprattutto capace di documentare le collusioni tra politici saliti sempre più in alto nelle gerarchie nazionali, colletti bianchi, imprese di riferimento e camorra: un tavolo di perfetta spartizione, una trattativa in piena regola.
Scrivemmo inchieste su inchieste sull’affare Monteruscello, dove l’elemento principe era il “cemento”, il “calcestruzzo”, primattore in quella ricostruzione taroccata, tanto che le case cominciarono a venir giù dopo un paio d’anni. Ecco il titolo della prima inchiesta: “I misteri di Monteruscello: e cemento selvaggio in tutta l’area flegrea” di giugno 1986, ripreso da Repubblica che intervistò il pm Luigi Gay.
Quel cemento killer che a distanza di oltre trent’anni continua ad ammazzare innocenti cittadini e massacrare l’ambiente.
Ci aveva visto giusto il mitico Bocca: “Napoli siamo Noi”: malapolitica, malaffare e malavita non vengono volutamente estirpate sul nascere, nei luoghi di origine. Ma si propagano come un tumore sempre più maligno, ovunque. Perchè quelle metastasi fanno comodo a tanti che ci speculano a palate, se ne fregano delle vite umane e attecchiscono su (quasi) tutto il corpo politico, economico e sociale nazionale.
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