BAGNOLI / BONIFICA TUTTA DA RIFARE, ARRIVA BARBARA LEZZI

Adesso è nero su bianco. Dopo una estenuante attesa la sesta sezione penale del tribunale di Napoli, presidente Sergio Aliperti, estensori Pia Diani e Mariarosaria Stanzione, pm Stefania Buda,  hanno partorito una sentenza da oltre 400 pagine.

Una impietosa radiografia su quanto è stato distrutto, sfasciato, sperperato e chi più ne ha più ne metta in quasi vent’anni (20) di scellerata bonifica: o meglio una bonifica finta, taroccata, spendendo soldi che servivano da un lato a peggiorare la situazione e dall’altro ad arricchire le tasche di amici degli amici, consulenti, lacchè, portaborse & via razzolando.

Un crimine nel crimine, perchè non solo solo stati spesi soldi dell’erario, soldi pubblici al vento, ma sono stati persi 20 anni, che hanno contribuito nel frattempo a peggiorare la situazione, ad avvelenare ancor più un territorio e la salute dei già stremati cittadini.

Leggiamo, fior tra fori, qualche frase dalla sentenza.

“Il territorio di Bagnoli appare fortemente compromesso”, sotto l’aspetto ambientale “al punto che qualsivoglia utilizzo, sicuramente residenziale, ma in alcuni casi anche commerciale, sembra allo stato non percorribile in assenza di un’adeguata bonifica”, operazione che “ictu oculi appare particolarmente complessa e onerosa”.

Bagnoli. Sopra, Barbara Lezzi

Ancora: “L’intera zona non solo è gravemente inquinata ma vi è anche una obiettiva diffusività delle sostanze pericolose”.

Al centro della querelle che ha massacrato l’ambiente, quella stessa BagnoliFutura nata come una partecipata del Comune di Napoli al preciso scopo di provvedere al risanamento e alla bonifica. Per la serie: chiami il medico, arriva un’equipe di becchini che si fanno pagare cari e salati.

Scrivono le toghe della sesta sezione penale: “resta indubbio che la Bagnoli Futura non realizzò la bonifica come da progetto originario. Progetto per il quale era stato e ottenuto il finanziamento”, Circa 200 milioni di euro, non proprio noccioline.

La sentenza scrive senza mezzi termini di “una scelta truffaldina di risparmiare costi e lucrare un finanziamento per una bonifica diversa” che si è poi trasformata “nel ricorso a scelte operative sostanziatesi nella omessa bonifica” e poi risultate alla base dello scientifico disastro ambientale provocato.

La stessa perizia di variante necessaria per effettuare i  lavori, poi, “sarebbe stata caratterizzata da ripetuta inosservanza di norme e spesso macchiata da errori tecnici ingiustificabili”.

In sostanza, le toghe partenopee dettagliano “un piano delittuoso elaborato sin dall’inizio, coincidente con la elaborazione della prima perizia di variantre, per conseguire e continuare a ottenere nel tempo l’erogazione di soldi stanziati”.

Da vera Banda Bassotti: prendi i soldi e scappa.

Appena sfornata la sentenza, calda come una sfogliatella, sta per sbarca a Napoli la ministra dell’Ambiente, la 5 Stelle Barbara Lezzi, che presiede la neo cabina di regia che dovrebbe finalmente varare quello che in 20 anni non è stato fatto (o è stato fatto al fine di svaligiare le casse dello stato e distruggere l’ambiente).

Avrà di fronte un contesto di estrema conflittualità tra il sindaco Luigi de Magistris, il governatore Vincenzo De Luca, il commissario straordinario – insediato quando Matteo Renzi era ancora premier – Salvatore Nastasi. Sapranno mettersi d’accordo, per la regia del ministro Lezzi, i galli del pollaio?

Sullo sfondo, poi, non pochi interessi collaterali. Un esempio per tutti, quello dei GAL (i cosiddetti Gruppi d’Azione Locale), sorte di partenariati pubblico-privati spuntati a macchia di leopardo per tutelare (sic) questo o quell’interesse e quindi poter godere di fondi pubblici europei. Occorre, o no, un minimo di coordinamento sul tale fronte?

Spuntano come funghi, anche se sotto la calura ferragostana, conflitti d’interesse, incompatibilità, inconferibilità: insomma, il solito assalto alla diligenza. E’ mai possibile dopo 20 anni da Inferno?


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