L’avevamo scritto, paradossalmente, giorni fa, a proposito dell’incredibile processo Borsellino quater. Se tante toghe se ne lavano le mani di inchieste pur al calor bianco e delegano tutto alle forze dell’ordine, poliziotti o carabinieri che siano, che fine fa la giustizia?
A questo punto tanto val piazzare in aula un bel calcolatore tuttofare, capace di sfornare sentenze calde come sfoglialelle.
Detto fatto. A quanto pare i sogni si traducono subito in realtà. Ed ecco che all’Accademia dei Lincei hanno organizzato una giornata di studi sul tema che così sintetizza il Corriere della Sera del 6 luglio: “E se in tribunale a decidere sarà un robot?”. All’ambizioso progetto, a quanto pare, lavora da ben tre anni un team di studiosi capeggiato dall’accademico dei Lincei Natalino Irti, nel pedigree una prestigiosa presidenza del Credito Italiano e come vice all’Enel.
Così dettaglia il Corsera:” Il lavoro svolto finora si è focalizzato sul tema della prevedibilità delle decisioni giudiziarie e sulla certezza del diritto. Nel 2016 si è già tenuto un convegno dedicato a ‘La calcolabilità giuridica‘”.
Ma il tema del summit organizzato per il 7 luglio alla stessa Accademia dei Lincei è ancora più suggestivo: “La decisione robotica”. Spiega Irti: “La decisione robotica e le tecnologie in genere sono in una fase di intenso sviluppo e la ricerca in diversi settori contribuisce alla loro rapida crescita. Anche il decidere delle macchine è oggetto delle ricerche in corso”.
E ancora: “Il mondo giuridico deve essere parte integrante anche tecnica di questa rivoluzione, poiché il concetto di decisione chiama quella di responsabilità e perchè tra le attività decisorie di maggior impatto e rilievo ci sono le decisioni dei giudici”.
Per ora, si parla di un contributo alla smaltimento dell’enorme carico di arretrati derivante da una miriade di contenziosi soprattutto civili, dalle liti condiminiali agli incidenti automobilistici.
Ma pensiamo per un momento al futuro, neanche lontano.
E poniamo subito un tema non campato per aria. Meglio un robot oppure un giudice corrotto od incapace, per questioni che non si riducano ad un sottoscala o ad un tamponamento?
In questi giorni abbiamo assistito a due situazioni giudiziarie ai confini della realtà. Una di proporzioni gigantesche, colossali: il Borsellino quater, dove si è stato dimostrato per tabulas un letterale “Depistaggio di Stato” organizzato da servitori infedeli dello Stato per affossare verità e giustizia sulla strage di via D’Amelio: calpestando per due volte la memoria di quel giudice coraggio, Paolo Borsellino, e l’infinito dolori di figli e familiari.
Il secondo caso riguarda un giudice siciliano corrotto che rischiava – via Renzi – di assurgere a ben più alte cariche dello Stato e invece beccato con le mani nella maramellata, pardòn nelle mazzette.
Ebbene: in questi due casi sarebbe stato meglio affidarsi alle scelte, alle decisioni, alle valutazioni di un robot, perfettamente indottrinato, oppure a quelle di un giudice in carne ed ossa?
Andrebbe chiesto ai ricercatori che hanno brevettato quel supercomputer e hanno lavorato intorno al tema coordinato dal professor Natalino Irti: ma esiste un virus “anticorruzione” da poter iniettare nel robot affinchè possa agire facendo in modo che una buona volta per tutte le “Legge sia uguale per tutti?”.
E’ una pura utopia? La risposta non è di poco conto: soprattutto per i milioni di italiani che non riescono da una vita ad assaporare il senso e il gusto della giustizia, con la G maisuscola. E sono ogni giorno calpestati e massacrati dallo Stato.
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