Meno male che il Matteo della valpadana c’è. Il disinteresse mediatico per il rottamato Berlusconi aveva privato gli spazi della cronaca politica di un soggetto di attenzione quotidiana. Salvini ai migranti “E’ finita la pacchia”. Il giornalismo libero a Salvini: “E’ finita la sua pacchia”
Brrrrr, che paura, il leghista “ce l’ho duro”, minaccia di querelare chiunque sul tema dei 49 milioni dello Stato scomparsi, userà il verbo rubare. In preda a forte tremito per il timore di incorrere nell’anatema, ne facciamo a meno e d’altra parte non ve n’è necessità. Parlano i fatti anche se i pontidiani evocano il fantasma di un’inchiesta politica, nel solco della tradizione dei teorici del complotto, un classico di chi è sorpreso con le dita nella marmellata. I fatti sono che la Cassazione ha dato mandato al tribunale di Genova di sequestrare i fondi alla Lega, “Ovunque siano, fino a raggiungere 49 milioni di euro”.
Il neo ministro degli Interni ficca il naso anche dove non dovrebbe. In fase di autoesaltazione e preda del classico dispotismo da accesso al potere, attacca Tito Boeri, presidente dell’INPS e la sua documentata affermazione sulla preziosa iniezione finanziaria all’ente dei contributi versati dagli immigrati regolari: “Senza il loro apporto il sistema pensioni non regge. Il problema, ‘serissimo’, non si porrà tra 10 anni, ma è immediato. Salvini lascia intendere che dà il benservito a Boeri e avvia un processo di epurazione, che evoca il Ventennio. Sulla legge Fornero: Boeri: “Se si dovesse davvero abolirla costerebbe subito 11 miliardi e in seguito 15”. Di qui la rotta di collisione col neo ministro dell’Interno.
Il governo bipolare Lega-5Stelle, le sue bugie pre elettorali: i due rispettivi caposaldi si sfaldano come neve al sole. La famigerata flat tax è rinviata sine die, non presa in considerazione nel bilancio del 2019 e il reddito di cittadinanza invece pure.
La mia calcolatrice a batteria solare rifiuta di informarmi sul risultato di 350 milioni moltiplicato duemila euro, ma fidatevi è una cifra da Paperon dei Paperoni, stratosferica, con tanti, troppi zeri. E’ il costo dell’ipotizzata transazione tra Real Madrid e Juventus per la “vendita” di CR7, al secolo il trentatreenne portoghese Cristano Rinaldo, calciatore dai piedi molto buoni, niente di più, non lo scopritore di cause e terapia risolutiva del cancro. I termini della trattativa sono allucinanti. Per alimentare l’ambizione di conquistare la coppa dei campioni e trarre dall’“acquisto” una folata di promozione per la vendita di auto FCA, Agnelli, si dice pronto a perfezionare un’operazione da trecentocinquanta milioni di euro. E come? Cento milioni costa il cartellino del giocatore, li intascherebbe mister Florentino Perez, presidente del Real, 240 milioni finirebbero nella capace cassaforte del giocatore, grazie all’ingaggio di trenta milioni all’anno per un quadriennio, quando Ronaldo sarà in età per un pensionamento da nababbo. Un’altra manciata di milioni spetterebbe ad agenti e mediatori. Il commento di Gennaro Esposito, disoccupato permanente, tre figli e suoceri a carico: “Vergogna”
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