Giallo Borsellino ad una svolta. La procura di Caltanissetta ha chiuso le indagini sui depistaggi che hanno portato all’invenzione del pentito Vincenzo Scarantino e alla condanna di innocenti che non c’entravano niente con la strage di via D’Amelio. Ora c’è la richiesta di tre rinvii a giudizio per altrettanti poliziotti.
Ma resta in piedi un interrogativo da novanta: chi erano i burattinai? Chi ha manovrato quei poliziotti che, di tutta evidenza, difficilmente avrebbero potuto agire di testa loro senza un preciso imput? Soltanto dall’allora super poliziotto Arnaldo La Barbera?
E soprattutto: verranno fuori i nomi degli veri depistatori? O rimarranno sempre a ‘volto coperto’, come i mandanti di tante stragi?
Più volte la Voce ha scritto di quel giallo e anche di quel clamoroso depistaggio. In particolare una grande firma del giornalismo d’inchiesta, Sandro Provvisionato, autore di una serie di articoli (li potete leggere cliccando sui link in basso) che in qualche modo ‘anticipavano’ quanto sta ora emergendo dalla bollente inchiesta di Caltanissetta, portata avanti dal sostituto procuratore Stefano Luciani e dai procuratori aggiunti Gabriele Paci e Lia Sava.
A giugno 2017, poi, la Voce intervistò, in occasione della presentazione a Napoli del libro “I boss di Stato”, la sua autrice Roberta Ruscica, una giornalista che ha seguito in Sicilia tutte le fasi dei processi Borsellino. Dichiarazioni esplosive, quelle di Ruscica, che parla non solo del depistaggio ma anche dell’agenda rossa del magistrato ucciso, sparita portando dietro una lunga scia di misteri e di interrogativi fino ad oggi senza risposta.
UN PENTITO TAROCCATO
Partiamo dalle ultime notizie in arrivo dalla procura di Caltanissetta. Gli inquirenti chiedono il rinvio a giudizio per l’ufficiale di polizia Mario Bo, ora in servizio a Gorizia, e per i sottufficiali Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Il primo è già uscito indenne da un primo procedimento, archiviato, e ora i suoi legali sperano nel bis.
Si tratta di accuse pesantissime, a base di depistaggio. In sostanza i tre, coordinati dall’allora coordinatore del pool d’indagine denominato “Falcone e Borsellino”, ossia il capo della Mobile a Palerno e poi questore a Napoli e a Roma Arnaldo La Barbera (deceduto nel 2002), avrebbero costruito a tavolino il pentito Scarantino. Il motivo? Trovare un colpevole comunque – secondo i più – sbattere un mostro in prima pagina da dare in pasto all’opinione pubblica.
Un taroccamento scientifico, minuzioso, capace di reggere in tribunale. Scarantino doveva recitare una parte, andava istruito in modo accurato, doveva imparare un copione, ricordare date e circostanze. Come un perfetto scolaro, leggeva e imparava a memoria il suo ‘ruolo’, prendeva appunti, li ripeteva, fino alla nausea. Per essere un teste perfetto e credibile. Non potevano mancare i metodi persuasivi, da poliziesco americano. E frasi del tipo “tu dichiara questo e stai tranquillo”.
Si racconta che, quando nel corso di un’udienza non ricordava bene cosa rispondere, chiedeva di andare in bagno, dove veniva raggiunto dal ‘suggeritore’ di turno.
Dichiara oggi Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato assassinato: “Sono stati buttati via 25 anni per costruire falsi pentiti con lusinghe e torture”. Parole che pesano come macigni.
E parole altrettanto dure vennero pronunciate, un anno fa, dai tre fratelli Borsellino (Fiammetta, Lucia e Manfredi) davanti alla Commissione Antimafia. Dove chiesero a gran voce di far luce sulle responsabilità dei magistrati che si occuparono del caso. Circostanza che soprattutto oggi può e deve venire alla luce, dopo le pesanti imputazioni a carico dei tre poliziotti.
Una risposta al quesito l’ha fornita proprio Scarantino, che davanti ai giudici di Caltanissetta ha già raccontato quanto gli successe e fatto un nome ben preciso: quello di Anna Maria Palma, il pm che ha avuto in mano il caso e portato avanti le indagini, coadiuvata strada facendo da un allor giovane e rampante magistrato, Nino Di Matteo (l’icona antimafia ha attaccato per le sue parole Fiammetta Borsellino, colpevole solo di chiedere verità). “E’ stata la Palma ad architettare tutto”, il j’accuse di Scarantino.
A questo punto, ovviamente, si aprì a Catania – per competenza territoriale – un’indagine. Subito chiusa perchè “quell’accusa era troppo generica”.
Sulla figura di Anna Maria Palma ha fornito non pochi ragguagli Roberta Ruscica, autrice de “I boss di Stato”. La scorsa estate, infatti, ha raccontato la sua lunga esperienza siciliana, come inviata per seguire le cronache giudiziarie. Tra cui, naturalmente, i processi Borsellino.
Le sue parole: “Ho conosciuto bene Anna Maria Palma, ho visto nascere il pentito Scarantino e credevo sinceramente in quella pista. Con il senno di poi ho capito di aver sbagliato”.
DALL’AGENDA ROSSA A UTVEGGIO
E fa una rivelazione da novanta, Roberta Ruscica, sull’agenda rossa, una delle chiavi del giallo. “Un giorno la Palma mi disse che l’aveva avuta tra le sue mani, ne era entrata in possesso”. Una circostanza mai – fino ad oggi – venuta alla luce.
Una Palma che ha regolarmente cercato di smontare – da inquirente e anche dopo, quando è diventata capo di gabinetto alla presidenza del Senato retta dal berlusconiano Renato Schifani – la pista che porta ad altri misteri, come quelli di Castel Utveggio: il Castello che domina su Palermo e dal quale si può controllare via D’Amelio, in perfetta linea d’aria. Proprio ad Utveggio si trovava, all’epoca, la sede del Cerisdi, un fantomatico ‘centro studi’ allora d’ispirazione dc, con ogni probabilità una ‘postazione’ gestita dai Servizi segreti (da rammentare che successive indagini hanno appurato che La Barbera faceva parte dei Servizi). E il Cerisdi, tra i suoi presidenti, ha anche avuto Adelfio Elio Cardinale, big della medicina in Sicilia, sottosegretario alla Salute nel governo Monti, radiologo eccellente e marito di Anna Maria Palma.
Un tempo toga rossa, Palma era molto vicina a Borsellino, anche negli ultimi mesi della sua vita. Tanto da prender parte all”Ultima cena’ in compagnia di Paolo e di alcuni magistrati.
Nelle ultime settimane Borsellino pronunciò una frase, anch’essa ancora avvolta nel mistero: “Un amico mi ha tradito”. A chi mai si riferiva?
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Un commento su “STRAGE DI VIA D’AMELIO / E’ ARRIVATA L’ORA DI SCOPRIRE CHI HA DEPISTATO”