RENZI, VAFFA 2 / IL PERDENTE-DIMISSIONARIO DETTA LE REGOLE 

Matto da legare. Masochismo allo stato puro. Paranoia distruttiva. Cupio dissolvi, muoia Sansone e via di questo passo. Ecco le diagnosi di non pochi studiosi della materia cerebrale – o della non materia – alle prese con il caso-Renzi, il segretario che si dimette a sua insaputa. Lascia ma vuole raddoppiare il suo potere. In questo caso di veto all’unica soluzione che può prospettarsi per non far naufragare l’Italia del dopo voto: l’intesa con i grillini.

Quell’intesa, ovvio, può realizzarsi solo se il Capo che ha distrutto il Pd e massacrato a morte la sinistra lascia il disturbo e va a zappare la fertile terra toscana.

E invece lui, lo straperdente, lo sconfitto di tutte le competizioni, vuole dettare le regole, preparare lo spartito, far la voce grossa. Il padre dell’Inciucio con Berlusconi oggi si trasforma in paladino anti inciucio: quando il bue dà del cornuto all’asino.

Ai confini della realtà. Da 113 immediato. Da codice rosso. L’unico rosso che nel suo panorama sia ormai rimasto, quello dell’ambulanza che arriva a sirene spiegate per portarlo in un posto sicuro, nel quale non possa nuocere a sé e, soprattutto, agli altri.

Il Pd è azzoppato a morte. Resta un barlume solo se fa qualcosa insieme ai 5 Stelle, mette al servizio del Paese – che fino ad oggi ha sfasciato – una briciola del suo glorioso passato, quando c’era il Pci di Berlinguer, il quale oggi fa letteralmente la trottola ovunque si trovi.

Perfino una mummia come Luigi Zanda trova la forza di uscire dal sarcofago osando dire al Capo: “ti devi dimettere e basta”. Perfino un bamboccione come l’ex Dc Dario Franceschini è accusato di congiura dal Capo, con l’altro ex biancofiore e premier uscente Paolo Gentiloni: insieme, davanti al caminetto, tramano con Grillo e Di Maio.

Perfino robot-Matterella è un bolscevico, avendo rifiutato il voto al Capo in quelle due ‘finestre’ dalle quali oggi (ex)Re Matteo lo scaraventerebbe giù volentieri.

Avvelenato, rancoroso, nemico di tutto e di tutti, l’uomo che ha assassinato la sinistra, sciolto nell’acido – come neanche i peggiori mafiosi – quei principi di giustizia sociale, di effettiva eguaglianza, di solidarietà costruiti e portati avanti per decenni dai militanti comunisti, oggi calpestati nella memoria.

Resta solo una speranza: che con quel po’ di fosforo e coraggio rimasto, nel Pd trovino il modo di accompagnare alla porta l’Attila delle utopie. Vaffanculo. Per dar vita all’unica speranza che resta sul campo: avviare la ricostruzione del Paese con i 5 Stelle. E avviare anche la ricostruzione di una sinistra oggi sepolta sotto le macerie: proprio come dopo i terremoti dell’Irpinia, dell’Aquila e di Macerata.


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