Il provvedimento di sequestro, motivato dalla legge 231 del 2001, sulla responsabilità amministrativa delle società, effettuato dalla Guardia di Finanza di 106 milioni di euro giacenti in un conto corrente aperto presso la filiale di Milano di un istituto di credito nazionale e intestato a “Banca Popolare di Vicenza spa in liquidazione coatta amministrativa” su pregressa liquidazione di asset rimasti nel patrimonio della banca popolare, in riferimento al reato contestato di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob che, secondo l’accusa, è stato attuato in occasione dell’operazione di aumento di capitale compiuta dalla banca nel 2014, una goccia nella dissoluzione di miliardi di euro bruciati a 120 mila famiglie.
Da anni si conosceva, anche per le ripetute denunce inoltrate da Adusbef alla Procura di Vicenza e di Trento, competente sui magistrati della città orobica, la prassi truffaldina delle “operazioni baciate” nell’acquisto di azioni della banca, finanziate dallo stesso istituto di credito, attraverso prestiti ai clienti, facendo così lievitare il valore delle azioni fino a 62,50 euro, che poi – quando il giochetto venne scoperto – si sgonfiarono lasciando i risparmiatori con carta straccia in mano.
Ora bisognerebbe indagare anche sul conflitto di competenza che aveva vanificato l’originario provvedimento di sequestro disposto dal gip di Vicenza il 18 maggio 2017, su richiesta della Procura vicentina, la cui stessa Procura, ritenendo che la competenza dovesse essere radicata a Milano, aveva presentato ricorso, passando la palla alla Corte di Cassazione che il 30 ottobre 2017 aveva stabilito che il sequestro non era “abnorme” come sostenuto dalla Procura, ed alla seconda decisione della Cassazione che il 7 dicembre 2017 aveva stabilito la competenza dell’autorità giudiziaria vicentina e non di quella milanese.
Troppi i ritardi e le negligenze, che hanno consentito a Marino Breganze, Andrea Monorchio, Gianfranco Pavan, Maurizio Stella, Giorgio Colutta, Maria Carla Macola, Giuseppe Zigliotto di trasferire beni e patrimoni a favore dei parenti ed i passaggi di mano di Gianni Zonin, che dona al figlio una parte dei beni con diritto di abitazione (1.1.2017), mentre il 13 maggio cede la restante parte alla consorte.
Scandaloso il comportamento di Fabrizio Viola, che da rappresentante del Fondo Atlante, aveva avanzato una richiesta per oltre un miliardo di euro, mentre oggi che rappresenta lo Stato italiano non ha ancora chiesto i sequestri cautelativi che sventino i tentativi dei vertici della Vicenza di sottrarre i loro beni con varie operazioni ai truffati. Una riluttanza ingiustificata ad aggredire quei patrimoni che in casi minori, come per la Banca di credito cooperative del Veneziano commissariata dalla Banca d’Italia, è stato ottenuto dagli amministratori il sequestro cautelativo dei beni dei vecchi amministratori.
Avvocato Antonio Tanza
Adusbef
Nella foto Gianni Zonin
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