Tema top, in queste ore, la sparata razzista di Donald Trump, tanto per festeggiare al meglio la memoria di Martin Luther King. Il suo “Shithole” sta facendo il giro del mondo, allertando le segreterie di stato più dei pulsanti nordcoreani.
E dai noi gli interpreti si scatenano sui media. “Paesi cesso”, “paesi fogna”, “posti cloaca”, “luoghi letamaio”. Di tutto nelle più vertiginose performance linguistiche.
A nessuno è venuto in mente di tradurre solo le due parolette, shit e hole: che significano, rispettivamente, ‘merda‘ e ‘ buco‘. Quindi, il Trump Pensiero sta per “buchi di merda”, riferito ad alcuni paesi centroamericani (Salvador e Haiti – a quanto pare – in primis) e non solo. Cesso, al massimo, può essere una rappresentazione plastica, perchè un “buco di merda” può facilmente trasformarsi in ‘cesso‘.
Del resto, il repertorio fecale è una delle specialità espressive di mister Trump, prima di diventare the President e anche dopo. Le parole più gettonate, oltre a ‘shit‘, sono ‘fuck‘, ‘ass‘ e ‘asshole‘, secondo una special hit stilata dai media a stelle e strisce.
Fuck sta per scopare, ma può essere tranquillamente usato come imprecazione, ‘cazzo!’.
Ass è semplicemente il ‘culo’, e asshole, of course, il ‘buco del culo’, che però i media di casa nostra oggi traducono come ‘stronzo’. Comunque, si resta in tema intestinale.
La merda, ‘shit‘, è del resto di casa nel lessico presidenziale. Passò alla storia, ai tempi del Watergate, 43 anni fa, quel “I don’t give a shit” urlato da Richard Nixon ai suoi accusatori. Per la serie, “non vi dò neanche uno stronzo”, “chissenefrega”.
Poi vi è visto come è andato a finire, il Watergate…
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