Pedemontana Lombarda sempre sull’orlo del crac. Aggiornata l’udienza fallimentare al tribunale di Milano, il numero uno della giunta regionale, Roberto Maroni, sta cercando di correre ai ripari, dopo anni di sperperi che hanno fatto dell’arteria stradale una vera macchina mangiasoldi, uno di quei carrozzoni pubblici capaci solo di drenare risorse senza produrre risultati concreti.
E’ fresca, infatti, la richiesta rivolta da Maroni al ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio di sbloccare la convenzione tra la stessa Pedemontana e la Concessioni Autostradali Lombarde, un’operazione che potrebbe consentire alla prima di risparmiare parecchi soldi in termini di defiscalizzazione, dando ancora un po’ d’ossigeno.
Di avviso contrario Legambiente, che ha sempre puntato l’indice sui maxi sperperi, sottolineando come Pedemonatana sia ancora in vita solo grazie ai continui esborsi operati da Cassa Depositi e Prestiti, la nuova Iri de noantri.
Sotto i riflettori della magistratura milanese gli ultimi bilanci di Pedemontana.
E quello del 2016 porta in calce una firma illustre: quella di Antonio Di Pietro, per circa un anno e mezzo presidente della società, chiamato a quell’incarico dal leghista Maroni perchè Di Pietro – dieci anni esatti fa ministro delle Infrastrutture – vide nascere Pedemontana.
Un Di Pietro ovunque anche via tivvù. Qualche giorno fa, nel corso di un’intervista a Intelligo Tv, ha sottolineato: “Tanti lazzaroni sfuggiti a Mani pulite oggi fanno la morale in tv”.
Si riferiva a se stesso? O a chi?
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