STEFANO PEROTTI E RIZZANI DE ECCHER, 20 ANNI FA ALCUNI GIUDICI INSABBIAVANO

Il nome della “Rizzani de Eccher” fa capolino per la prima volta nelle pagine del rovente dossier “Mafia & Appalti” preparato dal Ros dei carabinieri di Palermo e finito, a febbraio ‘1991, sulla scrivania di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, impegnati sulle piste del riciclaggio internazionale e sui grossi appalti, in particolare sui primi progetti e lavori per l’Alta velocità.

Stefano Perotti, l’uomo di fiducia di Incalza per tutti i cantieri, per ogni appalto milionario. Un nome che sembra uscire dal nulla, un quasi illustre sconosciuto, un professionista cresciuto nell’ombra. Il suo nome, invece, era stranoto nel mondo degli “affari” – i business a base di tangenti – da almeno un quarto di secolo. Ma accuratamente oscurato dai media. Perchè è meglio non toccare i manovratori, lasciarli lavorare in pace: per rubare meglio.
La Voce, però, si era accorta di Perotti e del pool di affaristi subito germogliato con le vagonate di miliardi pubblici destinati all’alta velocità. Uno dei primi articoli – novembre 1993 – è illuminante. Ne riportiamo alcuni stralci. “Uno dei progettisti più gettonati per la Tav è il superlatitante Vincenzo Maria Greco, pomiciniano doc, a bordo della Servizi Ingegneria, sigla pilotata dal fido collaboratore Giuliano Morlando. Servizi Ingegneria, a sua volta, è presente nella compagine di un consorzio romano, DFLC, specializzato in lavori ferroviari. Fra i protagonisti di DLFC si segnalano il faccendiere craxiano Gianfranco Troielli, altro latitante d’oro, il napoletano Antonio Grimaldi, il veronese Dario Lonardoni e il romano Stefano Perotti”.
Ma ecco un inedito ritratto dello stesso Perotti, così come delineato in quella inchiesta della Voce di 22 anni fa. “Figlio dell’ex direttore dell’Anas e presidente della Cassa per il Mezzogiorno Massimo Perotti, craxiano, il trentacinquenne Stefano rappresenta, all’interno di DLFC, la società romana Intercons, ovvero International Consulting. L’aveva fondata, dieci anni fa, in compagnia di Pierfrancesco Pacini Battaglia, “l’uomo a un passo da Dio”, secondo la colorita definizione dei giudici milanesi di Mani pulite, ed ottimo amico di Claudio Signorile”. Torneremo fra poco su Pacini Battaglia, ma proseguiamo con quell’articolo di novembre ’93. “Il padre Massimo Perotti – scriveva la Voce – ha perso il pelo (nel 1985 è finito nella rete degli inquirenti per un giro – già allora – di tangenti), ma non il vizio: risulta infatti consigliere di una società tuttofare, Interfincon. E con un partner d’eccezione, Rocco Trane, il segretario di Signorile collettore di tangenti su rotaie & dintorni. Non basta. Il dinamico ex numero uno della Casmez è al vertice del Consorzio Studi Costruzioni Ferroviarie, sbocciato nella capitale con la fattiva collaborazione – fra gli altri – di Roberto Caporali, Giuseppe Portalupi, Dario Crespi e Nanni Fabris”. Ce n’è ancora per un altro componente della nutrita – e a quanto pareva – ingorda dinasty. “Non meno rampante – dettagliava la Voce – un altro rampollo di famiglia, il trentaduenne Fabrizio Perotti. E’ in sella, con Graziella Scaringella, a Petrolifera; con il milanese Giovanni Torelli e il napoletano Sandro Acciaioli al consorzio Italinfe, specializzato in appalti Anas; è consigliere d’amministrazione della Banca Popolare di Roma”. Flash finale su tutta la band familiare: “La famiglia Perotti al completo è poi beatamente al timone della corazzata IN.F., ossia Investimenti Finanziari, spa da 3 miliardi e mezzo di capitale. Quando il business viaggia ad alta velocità…”.
Un mese prima, ottobre 1993, la Voce ne aveva già scoperto della belle. Ecco una chicca. “L’alta vigilanza su progetti e lavori, nonché la progettazione dei nodi di penetrazione urbana dei supertreni, spetta al consorzio Italfer-Sis-Tav, nel cui cda siede un ex dirigente dell’Agip Nucleare, Bruno Cimino, che fa capolino anche al vertice di una strana sigla romana, Orox servizi finanziari, che vede schierati in prima fila alcuni personaggi chiave nei torbidi misteri di casa Eni. A cominciare da Pierfrancesco Pacini Battaglia, il cassiere delle tangenti miliardarie versate dal colosso petrolchimico nazionale al Psi, amministratore con Eugenio Buontempo della Ali Leasing che ad addestrato piloti militari libici, fondatore della finanziaria elvetica Karfinco, il terminale di titoli rubati in Italia e riciclati in Svizzera”. Ila braccio economico della sinistra ferroviaria di Claudio Signorile, Buontempo, tra i primattori della arcimiliardaria ricostruzione post terremoto ’80, acquirente “a gratis” della mitica Flotta Lauro e protagonista nei dragaggi dei misteriosi fondali di Ustica proprio in “sinergia” con Pacini Battaglia, come la Voce documentò in una cover story di metà anni ’90.
Ma passiamo ad una sigla che in queste ore sale alla ribalta delle cronache, a quanto pare nelle grazie sia di Angelino Alfano che di Maurizio Lupi. La friulana Rizzani de Eccher. I media scoprono, oggi, che ha qualche problemino di mafia, per la precisione a proposito di alcune interdittive antimafia che potrebbero, ora, mettere a repentaglio il suo grosso portafoglio lavori. Un patrimonio lievitato nell’ultimo ventennio. Nonostante ci fossero già, a inizio anni ’90, sospetti su quell’azienda. Pesanti come macigni. Ma – come al solito – dimenticati per anni anni in cassetti e scaffali di una giustizia spesso e volentieri “assonnata”.
Il nome della “Rizzani de Eccher” – udite udite – fa capolino per la prima volta nelle pagine del rovente dossier “Mafia & Appalti” preparato dal Ros dei carabinieri di Palermo e finito, a febbraio ‘1991, sulla scrivania di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, impegnati sulle piste del riciclaggio internazionale e sui grossi appalti, in particolare sui primi progetti e lavori per l’Alta velocità. Nel libro choc “Corruzione ad Alta Velocità” scritto nel 1999 da Ferdinando Imposimato, Giuseppe Pisauro e Sandro Provvisionato, si parla più volte di quei dossier (oltre al Ros, indagava anche lo Sco della polizia), delle indagini dei due magistrati fatti saltare per aria un anno e mezzo dopo, di sigle e imprese sotto i riflettori. Così scrivono gli autori: “In quei rapporti spiccavano nomi di mafiosi del calibro di Angelo Siino, nonché quelli di aziende di importanza nazionale, come la Rizzani de Eccher, la Saiseb e la Fondedile. Capo zona per la Rizzani de Eccher era quel geometra Giuseppe Li Pera che diventerà un collaboratore di giustizia in grado di mettere in seria difficoltà la procura di Palermo”. E più avanti: “Un geometra invischiato negli affari di Cosa nostra senza però essere mafioso, Li Pera, rappresentante in Sicilia di una ditta friulana, la Rizzani de Eccher, oltre ad altri imprenditori laziali e veneti. Dovrebbe essere questo l’avvio della tangentopoli siciliana. Così non sarà”.
E così saranno libere di appaltare e far profitti a palate, in tutti gli anni seguenti fino ad oggi, Rizzani de Eccher & consorelle mangiappalti, con tutto lo stuolo di politici, faccendieri e C. al seguito. Per svaligiare le casse dello Stato. Ma dove è stata la magistratura in questi vent’anni e passa? Come mai non è scoppiata nessuna Mani pulite siciliana? Come mai l’uomo a un passo da Dio, Cicchi Pacini Battaglia ha potuto tranquillamente salvare il mega bottino e soprattutto non scoperchiare mai quel pozzo di verità che avrebbe fatto crollare i Palazzi? Come mai i segugi del pool milanese fecero flop? Come mai calò poi una cortina di silenzio su tutto il grande business dell’Alta Velocità? Domande che – in un paese con un barlume di civiltà – meriterebbero risposte. E la galera per i responsabili di errori, omissioni, complicità & collusioni.


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5 pensieri riguardo “STEFANO PEROTTI E RIZZANI DE ECCHER, 20 ANNI FA ALCUNI GIUDICI INSABBIAVANO”

  1. Ezio Raber ha detto:

    Era Evidente già 25 anni orsono che Gli Ingegneri
    Costituzionalisti avrebbero fatto solo un grande
    Caos.Fermi Rilievi RABER Dott Ezio
    Già Dottore Commercialista e Per Destino Possidente
    Con Obbligo di Fatturazione.Anche a Claudio e Marco.

  2. R.S.Fiocca ha detto:

    Spero che questi articoli vengano pubblicati e ripubblicati!
    E’ l’ora di dire basta, è l’ora di finire di dare lavoro ad imprese che si sono rivelate (con sentenza o meno che sia) invischiate con gli affari della mafia.

    C’è un sistema di piccole e medie imprese che vuole crescere nella legalità ma si trova un muro di colossi dell’edilizia arricchiti da affari loschi e spregiudicati…

    LE AUTORITA’ CONTINUINO AD INDAGARE… ITALIA LIBERA DALLE IMPRESE DI PALAZZINARI SPORCHE!!

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