Dalla semplice lettura di quanto scriveva la Voce qualche decennio fa, per la precisione a novembre 1993, si deduce che Stefano Perotti e Chicchi Pacini Battaglia erano qualcosina più che conoscenti o – udite udite – amici: sì, perchè erano soci. E si ritrovavano, felici e contenti, sotto l’ombrello di Intercons…
Questi fantasmi. Storie di ordinaria corruzione, nomi che riemergono da un lontanissimo passato, dalle nebbie della prima tangentopoli. Ma succede un fatto incredibile: non solo per i media, ma anche per gli stessi inquirenti – o almeno secondo quanto emerge dalle stesse cronache giudiziarie – questi fantomatici personaggi spuntano un po’ così, come il cavolo a merenda, quasi per caso collegandosi a odierne storie di malaffare a tanti zeri. E così capita di ritrovarci, dopo tanti anni, di nuovo alle prese con un Claudio Signorile, il ministro anni ’80 dei Trasporti targati psi, con tanto del cassiere Rocco Trane al seguito. E accompagnati, entrambi, dai rampolli, rispettivamente Iacopo (Signorile) e Pasquale (Trane).
Leggiamo qualche stralcio dalle cronache dei due più quotati quotidiani nazionali. Repubblica, 21 marzo: “Lavorando sui Signorile e parendo la scatola ‘Profert’, il Ros incrocia la società Intercons’, che la partecipa e di cui è stato amministratore Claudio Bucci”. E ancora: “Non stupisce che, proprio con Perotti, si materializzi un altro fantasma della prima repubblica, Francesco Pacini Battaglia, interessato a un incontro. A Roma o in quel di Bientina dove Chicchi risiede”. Ancora più istruttivo il sommario: “Spuntano i nomi di Signorile e Pacini Battagli”: proprio come funghi dopo una pioggerella autunnale.
Corriere della Sera, 21 marzo. “Sono le stesse telefonate intercettate a dimostrate il ruolo chiave di Incalza all’interno del ministero anche diverse settimane dopo essere andato in pensione. Facendo riemergere personaggi che erano stati coinvolti in passato in inchieste sull’Alta velocità come il faccendiere Pierfrancesco Pacini Battaglia e l’ex ministro dei Trasporti Claudio Signorile”. E di seguito: “Annotano ancora gli investigatori: ‘Il 26 gennaio 2015 Pacini Battaglia contatta Perotti. Dal tenore della conversazione si trae che fra i due interlocutori vi è un rapporto di pregressa conoscenza se non di amicizia” .
Peccato che dalle semplice lettura di quanto scriveva la Voce qualche decennio fa, per la precisione a novembre 1993, si tragga che Stefano Perotti e Chicchi Pacini Battaglia erano qualcosina più che conoscenti o – udite udite – amici: sì, perchè erano soci. E si ritrovavano, felici e contenti, sotto l’ombrello proprio di Intercons. Nell’articolo dal titolo “Affari ad alta velocità”, infatti, 22 anni fa la Voce descriveva l’assetto societario di una sigla, DLFC, in cui spiccavano tre presenza: quella dell’uomo ovunque di Paolo Cirino Pomicino, ossia Vincenzo Maria Greco, del superfaccendiere craxiano Gianfranco Troielli, e quella di Stefano Perotti in rappresentanza di una misteriosa Intercons (International Consulting). “L’aveva fondata dieci anni fa – scriveva nel ’93 la Voce a proposito di Intercons – in compagnia di Pierfrancesco Pacini Battaglia, l’uomo a un passo da Dio, secondo la colorita definizione dei giudici milanesi di Mani pulite, ed ottimo amico di Claudio Signorile”. Tutti già allora grandi amici & in mega affari, Perotti, Pacini Battaglia, Signorile. Ma oggi – 22 anni dopo – si scopre che forse “vi è un rapporto di pregressa conoscenza, se non di amicizia”. Ma fateci il piacere, direbbe il mitico Totò.
Ma non bastava, già allora. Perchè in quello stesso articolo, novembre 1993, la Voce dettagliava il profilo di un’altra sigla, Interfincon – non avevano grande fantasia – in cui spiccavano le presenze di Massimo Perotti, l’ex presidente della Cassa per il Mezzogiorno, direttore dell’Anas, nonché padre di Stefano, “con un partner d’eccezione – scriveva quella Voce – Rocco Trane, il segretario di Signorile e collettore di tangenti su rotaie & dintorni.
Un caso, comunque, la presenza del superfaccendiere Pacini Battaglia nei business che ruotano intorno ai mega appalti pubblici, e per fare un solo esempio l’Alta velocità? Solo oggi si può crederlo, mentre già allora era chiaro e lampante. Un altro articolo della Voce, ottobre ’93, documentava la longa manus dell’uomo a un passo da Dio anche a due passi da rotaie & binari d’oro: addirittura con una funzione di super controllore, di quasi garante circa la trasparenza negli appalti (sic). Un suo uomo di fiducia, Bruno Cimino, ex dirigente dell’Agip nucleare, occupava infatti una poltrona nel consiglio d’amministrazione del consorzio Italfer-Sis-Tav, incaricato dell’alta vigilanza su “progetti e lavori, e sulla progettazione dei nodi di penetrazione urbana dei treni ad alta velocità”.
A documentare gli strettissimi rapporti, già vent’anni e passa fa, tra Signorile e Pacini Battaglia, un’altra inchiesta della Voce – settembre ’93 – in cui entra in scena un altro personaggio, Eugenio Buontempo, l’imprenditore di riferimento della sinistra ferroviaria di Claudio Signorile. Come sfondo, uno scenario da brividi, la tragedia di Ustica. Ecco cosa scriveva il nostro mensile in un reportage dal titolo “I superlatitanti”, dedicato alle storie dei faccendieri che avevano trasferito all’estero bottini & segreti (si trattava, oltre che di Buontempo, dei pomiciniani Vincenzo Maria Greco e Aldo Molino, dello scottiano Filippo Capece Minutolo). Ecco cosa scriveva la Voce. “A dragare i fondali di Ustica dopo la tragedia dell’Itavia con la morte di 81 passeggeri, fu la MSS, ovvero Mediterranean Surey & Services. Una società messa in piedi da Piefrancesco Pacini Battaglia, il cassiere ‘svizzero delle tangenti Eni soprattutto per conto del Psi. Nello stesso tempo Pacini Battaglia aveva fatto il suo ingresso in Ali-Aero Leaisng Italiana, fondata nell’89 dal generale di squadra aerea paolo Moci. Ufficialmente si occupa di aerotaxi, Ali, ma un po’ alla volta passa ad interessarsi di addestramento per piloti. E proprio Pacini Battalgia riesce a condurre in porto un affare da oltre 8 mila miliardi, vale a dire la vendita alla Libia di 240 SF 260 prodotti dalla Siai Marchetti, che affiderà poi la formazione dei piloti libici alla stessa Ali. A mettere in contatto – proseguiva la Voce – il nostro brasseur con l’entourage del colonnello Gheddafi scese in campo un piduista in divisa, l’ex capo del Sismi Giuseppe Santovito”. Lo stesso scenario in quei giorni veniva ricostruito anche da un altro avamposto di controinformazione dell’epoca, il settimanale Avvenimenti. Così scriveva Miki Gambino: “Il piduista Santovito scelse un giovanotto ricco di famiglia ma scapestrato, giocatore di poker e buon amico del socialista Claudio Signorile. Si chiamava Francesco Pacini Battaglia, ‘Chicchi’ per gli amici. Tutto andò per il meglio: i danari libici finiro in tre società create da Chicchi e da un avvocato svizzero, Franco Croce. Una di esse era la Karfinko”.
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2 pensieri riguardo “QUESTI FANTASMI”