Grandi appalti & dintorni – Il grosso nodo dell’inchiesta fiorentina è se i pm riusciranno a riannodare i fili del presente con quelli del passato. In mezzo non ci sono solo palate da miliardi di soldi pubblici, ma molti grandi segreti della prima repubblica mai chiariti e che ci condizionano ancora oggi
Uomini, sigle e affari che molto spesso “tornano”, nelle bollenti pagine dell’inchiesta fiorentina sui grandi appalti. Anche molto da lontano. Visibili quasi in filigrana, mimetizzati ad hoc. E’ il caso – per fare un solo nome da novanta – di Pierfrancesco Pacini Battaglia, che fa appena capolino tra le note. Di una società messa in campo dall’onnipresente Stefano Perotti con “l’uomo a un passo da Dio”, Pacini Battaglia, ossia la Intercons, la Voce aveva fornito i dettagli in un’inchiesta di novembre 1993. Circostanza che i media, anche oggi, praticamente ignorano; visto che il più audace quotidiano, “Repubblica”, scrive che “lavorando sui Signorile (l’ex ministro Claudio e il figlio Iacopo, ndr) e aprendo la scatola ‘Profert’ il Ros incrocia la società ‘Intercons’, che la partecipa e di cui è stato amministratore Claudio Bucci”. Ma della strategica connection Perotti-Pacini Battaglia nessuna traccia.
Ma veniamo a una delle sigle cardine della Incalza-Perotti band, e cioè la ‘Green Field System’, creata dai due nel ’97 per “realizzare, ottimizzare e gestire – come recita l’oggetto sociale – le strutture organizzative connesse all’esercizio delle grandi opere d’ingegneria e alle grandi infrastrutture logistiche e di trasporto”. Hanno subito pensato alla grande, evidentemente. Nell’arcipelago di società ‘amiche’ – tra le pagine dell’inchiesta della procura di Firenze – balza in evidenza una sigla pescarese, Proger spa, il cui nome “è già emerso nel corso degli atti d’indagine – scrivono i pm – in quanto compare fra i clienti più importanti di Green Field System srl e compare nel pool di imprese che ha elaborato il progetto preliminare del Palazzo Italia di Expo 2015”. Progetti davvero alla grande, la porta della mega rassegna che sta per aprire i suoi battenti il 1 maggio a Milano.
E’ interessante, a questo punto, entrare dentro Proger per capirci qualcosa di più e orientarsi meglio tra i grandi affari. Cercando su internet, risulta che la società fa capo al gruppo Recchi e che un suo vertice dirigenziale è Umberto Sgambati, il cui nome compare in un paio di pagine dell’ordinanza della procura di Firenze (ma nessuno di Proger è indagato). La Voce ha scritto più volte, gli scorsi anni, di Proger, individuandola come uno degli snodi principali che legano non pochi protagonisti della prima repubblica, in versione politico-affaristica. “Sul ponte di comando – scrivevamo a dicembre 2010 – ritroviamo Ludovico Greco in compagnia di Massimo Caputi”. Grande amico di Paolo Cirino Pomicino, Caputi, fin dalla direzione di Sviluppo Italia, la mega finanziaria pubblica, potentissimo manager del parastato (settimo tra i superpagati nella hit 2007), poi tuffatosi nel privato, a base di maxi fondi immobiliari, come Fimit o Delta. Ludovico, invece, è figlio di Vincenzo Maria Greco, ossia l’alter ego proprio di ‘O ministro Pomicino, il gran regista di progettazioni & appalti dal terremoto ’80 in poi (con la chicca dell’Alta velocità).
Seguiamo adesso gli itinerari societari di Ludovico Greco, dai mattoni al commercio fino ai voli. Nel pedigree una passata esperienza azionaria in Piaggio Aero Industries, in compagnia di Filippo Capece Minutolo, un tempo eminenza grigia dell’ex ministro Vincenzo Scotti. Poi un’altra compagine da non poco, Retail Group, che gestisce grossi marchi (ad esempio Vita) nel settore commerciale, soprattutto in snodi ferroviari e stazioni strategiche: partner, stavolta, Giancarlo Buontempo, figlio di Eugenio, l’imprenditore di riferimento della sinistra ferroviaria di Claudio Signorile e socio di Pacini Battaglia nei dragaggi dei fondali di Ustica; altra azionista di Retail una piccola sigla, Olli, guarda caso sempre di Pescara (come Proger). C’è poi un piccolo grande colosso del mattone, Impresa spa, che ha incorporato il ramo costruzioni della storica sigla fiorentina BTP, nel cui portafoglio lavori spicca il tram veloce che dall’aeroporto di Firenze Peretola porta nel cuore cittadino (un’infrastruttura tra le più caldeggiate dal Renzi-sindaco): Ludovico Greco, in compagnia della sorella Maria Grazia – giornalista, trascorsi nel pomiciniano Itinerario, poi all’Indipendente targato Italo Bocchino – è infatti socio di maggioranza attraverso la controllata Liguria Costruzioni. Presidente di Impresa il napoletano Raffaele Raiola, “socialista pomiciniano” della prima ora (rilevò negli anni ’80 la patata bollente della Sorrentino Costruzioni sciolta per mafia); vice presidente Claudio Recchi. Il cui nome ci riporta all’attuale vertice di Proger: e il cerchio si chiude.
Le acrobazie societarie non sono finite ed eccoci ad un altro snodo, stavolta non ferroviario ma editoriale: perchè la Gestioni Immobiliari controllata dagli ubiqui fratelli Greco, Ludovico e Maria Grazia, possiede il 26 per cento delle quote di Investimenti Editoriali, che capeggia un drappello di piccole sigle tutte votate a stampa e dintorni (Valori Editoriali spa, Edizioni del Roma). Gli altri azionisti sono Francesco Ruscigno, commercialista per conto di Italo Bocchino (che ha fra l’altro sposato Gabriella Buotempo, figlia di Eugenio), e – ohibò – Vito Bonsignore, ossia uno degli indagati eccellenti dell’odierna inchiesta fiorentina sui grandi appalti per infrastrutture. “Un ex demitiano doc Bonsignore – scriveva la Voce in una cover story titolata ‘La Cassa del Bocchino’ di marzo 2011 – poi parlamentare europeo Udc, quindi con la casacca Pdl, il pallino di appalti, mattoni, concessioni autostradali e inchieste giudiziarie, evitate con perfetti slalom”. Sarà così anche stavolta?
I precedenti, forse, incoraggiano. Visto che già in una grossa inchiesta fiorentina di qualche anno fa sui mega appalti delle cricche rimbalzavano parecchi pezzi da novanta (come lo stesso Vincenzo Maria Greco e Impresa). E che in una ormai ‘vecchia’ (quindi finita in flop) indagine romana fine anni ’90 – sempre a base di super appalti per infrastrutture stradali, portuali, aeroportuali in mezzo Sud – tornavano parecchi nomi e sigle, in prima fila la pomiciniana Icla in forte odore di mafia, e, tra gli omissis, “un parlamentare eletto nel collegio di Casal di Principe e editore di un quotidiano napoletano”, chiaro identikit del Bocchino da Frignano, ex braccio destro di Gianfranco Fini e ora portavoce del super immobiliarista Alfredo Romeo.
C’è chi, in ambienti giudiziari fiorentini, osserva: “Il grosso nodo dell’inchiesta, oggi, è se i pm riusciranno a riannodare i fili del presente con quelli del passato. Per fare un esempio, riuscendo a cogliere i nessi tra un pezzo da novanta di inchieste passate, sempre misteriosamente abortite, come Pacini Battaglia, con i protagonisti di quella odierna, ossia Incalza e Perotti. In mezzo non ci sono solo palate da miliardi di soldi pubblici, ma molti grandi segreti della prima repubblica mai chiariti e che ci condizionano ancora oggi”.
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