Vacilla il progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. A pesare sulla prossima Conferenza dei Servizi che si terrà a settembre per una decisione finale, ci sono due macigni da non poco. Da un lato il parere negativo espresso, senza mezzi termini, dai vertici del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che parlano di ambiguità, incoerenze e alla fine bocciano il progetto riveduto e corretto dalla giunta di Virginia Raggi che mesi fa aveva quasi dimezzato le cubature ma accettato anche un ultradimezzamento delle infrastrutture essenziali.
Dall’alto la fresca messa in liquidazione di Parsitalia, la cassaforte mattonara del gruppo Parnasi, protagonista della realizzazione di Tor di Valle affidata alla controllata Eurnova.
Tutto ciò fa sorgere spontanea la domanda: come può una giunta comunale affidare un progetto strategico ad una società in crac? Non era tutto un gioco delle parti per ossigenare le casse dei Parnasi e quelle della principale banca creditrice, Unicredit, esposta per oltre 700 milioni di euro? Ma vediamo di ricostruire le ultime giocate sul tappeto verde di Tor di Valle.
PARSITALIA IN CRAC
Partiamo dal crac Parsitalia, che chiude i cantieri dopo ben 60 anni di attività. Da tempo la situazione non era brillante, per via di una diminuzione delle commesse. Poi la possibilità di rientare nel grande giro e la mega chance: utilizzare il terreno di proprietà per realizzare il nuovo maxi impianto della Roma. Da qui l’opzione Tor di Valle, che è andata avanti per mesi nonostante una serie di controindicazioni che solo chi non vuol vedere non nota: terreni geologicamente non adatti, vincoli archeologici e paesaggistici e, soprattutto, la totale mancanza di idonee infrastrutture di collegamento, tutte da inventare.
A questo punto le storie di Parsitalia e di Unicredit si intrecciano. La sigla mattonara non può fallire, perchè altrimenti si crea una voragine nelle casse di Unicredit, alle prese con una bella montagna di sofferenze e di Npl, e quindi va ‘accompagnata’ nel suo percorso. Ecco quindi la prima terapia: ossia la cessione di una serie di immobili e di ‘progetti immobiliari’ alla Capital Dev, una controllata dell’istituto di credito. E così finiscono nella cassaforte della banca tutte le attività che fanno capo ad una sfilza di società riconducibili al gruppo Parnasi: Cave Nuove, Parco Acacie, Samar, Parsec, Vicovaro e altre di minore rilevanza (una nel catanese). Attività non da poco, visto che nell’operazione finisce anche un bel business, come la creazione del nuovo centro commerciale Laurentino. Tutto ciò è servito a diminuire il colossale debito, che è arrivato anche a sfiorare gli 800 milioni di euro.
Seconda mossa strategica l’affare Tor di Valle, che per i Paransi, soprattutto con il primo progetto varato dalla giunta Marino, avrebbe significato miliardi di fatturato futuro. Ma anche nella versione riveduta e poco corretta griffata Raggi significa utili a volontà. Fa notare un consigliere comunale: “la cambiatina della Raggi è solo fumo negli occhi, perchè se è vero che sono diminuite le cubuture di circa il 40 per cento e sono state eliminate alcune mostruosità come le torri commerciali, è altrettanto vero che sono diminuite, in misura ancor maggiore, le opere infrastrutturali che avrebbero dovuto realizzare i Parnasi, i quali se va in porto il tutto fatturano di meno ma fanno in proporzione più utili. Una vera presa in giro, la modifica varata dalla giunta capitolina”.
I TRIC TRAC DI CAPODANNO
Ricordiamo en passant (per tutta la story cliccate sui link in basso) che l’accordo strategico fra il Campidoglio e la Roma calcio è stato sottoscritto a Capodanno 2016, con un’intesa che ha visto in campo la Eurnova dei Parnasi, in compagnia di una società leader nel campo dei fondi immobiliari, Feidos che fa capo al re del settore, Massimo Caputi, per la regia di Unicredit. Tutti felici e contenti per sottoscrivere un preliminare che ha perà suscitato le ire della base grillina, ben consapevole di tutta la sceneggiata. La Conferenza dei Servizi, poi, è andata in flop, anche per via dell’opposizione ovviamente manifestata dalla Sovrintendenza (ma non dai Beni Culturali di Dario Franceschini che è ancora per il sì) per i beni ambientali.
Ma finiamo il tour Parnasi. E’ infatti di pochi giorni fa la messa in liquidazione della società leader, Parsitalia, decisa e pilotata in accordo con Unicredit, al fine di mettere un punto finale alle attività societarie, riuscire a far cassa con la dismissione di una serie di immobili rimasti, per rientrare nel rosso comunque ancora non da poco, circa 150 milioni di euro. A settembre verrà nominato un commissaro liquidatore ad hoc. “Ma è ovvio – fanno sapere in ambienti mattonari romani – che se non va in porto entro l’autunno, e quindi prima di fine anno, l’operazione Tor di Valle tutto rischia di vanificarsi. Quindi c’è da aspettarsi pressioni di ogni tipo, proprio in queste settimane, affinchè la prossima Conferenza dei Servizi promossa dalla Regione faccia filare tutto liscio e approvi, se mai con quale correzione ulteriore, il progetto al quale ha già dato il suo ok la giunta capitolina”.
Un progetto cui tiene molto anche Nicola Zingaretti, che non può permettersi una figuraccia in vista del voto amministrativo della prossima primavera, dove correrà per una riconferma nella sua poltrona di Governatore del Lazio.
Ma sulla Conferenza di settembre non potrà non pesare il parere decisamente negativo espresso dal ministero per le Infrastrutture e i Trasporti, anche se – per puro formalismo – minimizzato da Graziano Delrio: “abbiamo solo detto che c’è bisogno di una viabilità adeguata”. E par poco “una viabilità adeguata”? Quando ad oggi non c’è alcuna infrastruttura e manca tutto? Col rischio di costruire l’ennesima, e stavolta colossale, cattedrale nel deserto?
TUTTI I NO DEL MINISTERO
Ma leggiamo alcuni passaggi contenuti del dossier inviato dal ministero alla Regione, proprio in vista della Conferenza dei Servizi. Il direttore del dipartimento per i trasporti e la navigazione, Elisa Grande, “comunica il parere negativo del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”.
Sintetizza un funzionario: “nelle sette pagine della relazione il ministero spiega che senza Ponte sul Tevere, che non risulta nel progetto e quindi non è finanziato, non ci può essere lo stadio”.
Incalza il direttore generale del ministero, Ornella Segnalini: “per tutto quanto sopra rappresentato e per quanto di competenza di questa direzione generale, si esprime parere negativo”.
Viene ancora precisato: “servono due ponti: uno, quello sul Tevere, doveva essere a carico dei costruttori, ma non c’è; l’altro, quello dei Congressi, è un’opera dello Stato, che aspetta ancora i fondi del Cipe”.
A quanto pare il ministro dello Sport – e con delega per il Cipe – Luca Lotti assicura che non c’è problema e anche lui minimizza, esprimendo “massima diponibilità del Governo per sedersi intorno ad un tavolo comune con Regione, Comune e Roma calcio per individuare possibili soluzioni condivise”. Ma chi paga il conto, visto che i Parnasi sotto questo profio si era già sfilati?
Così viene ancora precisato alla direzione dei Trasporti: “a livello ministeriale viene chiesta la realizzazione del ponte di Traiano, quello che collega lo stadio alla Roma-Fiumicino e che è stato depennato dalla lista delle opere pubbliche”.
Altri, invece, ipotizzano lo scenario alla fine più probabile: “a nessuno conviene ormai perdere altro tempo e rischiare di far tramontare l’affare. Per questo è possibile che con alcune altre limatine tutto vada in porto con la Conferenza dei Servizi; ad esempio inserendo il ponte dei Congressi, il potenziamento della Roma-lido, della via del Mare e della via Ostiense. In cambio i Parnasi chiederanno e otterranno un riaumento delle cubature per edificare quel che a loro interessa nell’area di Tor di Valle. Dopo di che, tutti a tavola!”.
LOBBY CONTINUA
Ecco cosa ne pensano a Italia Nostra, che ha presentato svariati ricorsi, anche al Tar, il quale dovrà decidere sempre nel bollente mese di settembre: “in modo del tutto strampalato la giunta Marino parlava del progetto in termini di pubblica utilità. Di cui non si può assolutamente parlare neanche oggi, visto che al solito prevalgono gli interessi privati a discapito di quelli collettivi e dei beni comuni. Ma si rendono conto i componenti della giunta Raggi che finiscono per dare l’ok ad un progetto che più stravolgente non si può, ubicato in un’area del tutto inadatta e ora politicamente ad hoc solo perchè serve per dar soldi ai Parnasi?”.
Giorni fa l’ex assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, cacciato dalla Raggi, è tornato a parlare di lobby che governano Roma e di una amministrazione assente. Possibile dargli torto?
E da giorni le cronache romane del Messaggero – il quotidiano controllato dal gruppo Caltagirone – martellano sul no allo stadio di Tor di Valle. Questione di ambiente? Voglia di trasparenza? Richiesta di moralità pubblica? Solo questione di mattone. Perchè quello stadio assegnato ai rivali di una vita, i Parnasi, ai Caltagirone non va giù.
Aspettavano gli appalti per le Olimpiadi, tramontati: cosa avranno adesso dalla giunta Raggi?
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Un commento su “STADIO DI ROMA / IL CRAC DEI PARNASI E IL DISCO ROSSO DEI TRASPORTI”