APPALTI AL TRIBUNALE DI MILANO / IL POMODORO BOLLENTE DELL’INFORMATICA

Appalti informatici al tribunale di Milano, è bufera. In fibrillazione tutti gli uffici giudiziari, a cominciare quello del presidente. Dopo l’esposto al calor bianco dell’Anac guidata da Raffaele Cantone, ora in teoria si devono muovere la Corte dei Conti, la Procura Generale presso la Cassazione – per valutare le condotte di alcuni magistrati coinvolti – e la Procura di Milano che, incredibile ma vero, dovrebbe indagare su se stessa: il fascicolo, quindi, potrebbe finire a Brescia. Tutto deriva da una serie di macroscopiche irregolarità registrate nell’assegnazione diretta di una sfilza di appalti, per un totale di 16 milioni di euro (quelli passati ai raggi x riguardano la metà). Ciliegina sulla torta: ad effettuare i collaudi hanno preso parte anche alcuni magistrati, in barba alla legge, che da diversi anni prevede la non partecipazione di toghe in tali procedure.

Roberto Bichi. Sopra, Livia Pomodoro

Roberto Bichi. Sopra, Livia Pomodoro

Un paio di settimane fa il botto. Sospese le udienze, tutti i magistrati convocati nell’ufficio del presidente del tribunale, Roberto Bichi, il quale sente tremare il terreno sotto i piedi e quindi vuole puntualizzare alcune circostanze: all’epoca dei fatti contestati – tiene a precisare – non ero a capo del tribunale, poltrona occupata da un pezzo grosso della magistratura meneghina per anni, Livia Pomodoro. Era, infatti, il suo vice.

Ecco cosa ha scritto Bichi in una nota: “considerato il grave negativo riflesso derivante sull’immagine e sull’attività stessa del tribunale, ritengo necessario convocare d’urgenza una riunione dei presidenti di sezione, in primo luogo per informarvi delle circostanze a mia conoscenza e, inoltre, ai fini di valutare eventuali iniziative”.

COMINCIA LO SCARICABARILE 

Al summit presenti 25 presidenti di sezione, in un’atmosfera – viene raccontato – tesissima. Al termine un comunicato che ‘scarica’ tutte le responsabilità sul Comune di Milano, coinvolto nella vicenda perchè si trattava di fondi destinati all’Expo e in questo caso utilizzati per l’informatizzazione del tribunale. “Non risulta che il Tribunale abbia mai assunto il ruolo di stazione appaltante – ha sottolineato Bichi – se ci sono state irregolarità auspico che emergano al più presto per dirimere dubbi, evitare illazioni e non ledere l’immagine del Tribunale”. Più lesa – e non solo da oggi – di così…

Di tutt’altro avviso un architetto, Carmelo Maugeri, che ha ricoperto l’incarico di responsabile del Settore Uffici Giudiziari per il Comune. Il quale lancia dure accuse nei confronti del Tribunale: “è vero – sostiene – che in questa storia il Comune di Milano ha svolto il ruolo di stazione appaltante, ma è anche vero che erano i magistrati e i dirigenti della Direzione Generale per i Sistemi Informativi del Ministero della Giustizia coloro i quali decidevano in che modo dovevano essere spesi i fondi Expo 2015. L’autonomia degli uffici del Comune di Milano era molto limitata”.

E aggiunge, l’architetto Maugeri: “A riprova di ciò, ci sono le mail tra gli uffici del Comune e i magistrati. Io ho sempre fatto quello che dicevano i magistrati. Anzi, quando si decise di non procedere più con gli affidamenti diretti ma con una gara europea per l’automatizzazione degli Uffici Notificazioni Esecuzioni e Protesti, un progetto per rendere elettronico il sistema delle notifiche, ci fu un ‘irrigidimento’ da parte di alcuni magistrati”.

Il nodo bollente sta quindi nell’affidamento diretto, nell’appalto senza gara, e proprio al Tribunale di Milano. Ciò in base ad un protocollo d’intesa, il cosiddetto ‘Tavolo Giustizia’ per Milano, siglato a fine 2009, per snellire le procedure relative allo smistamento dei fondi Expo. Alla faccia della legalità e della trasparenza!

UNA STELLA CHIAMATA NET SERVICE

A fare un bel boccone di quell’appalto è stata una sigla bolognese, NET Service, una piccola società a responsabilità limitata che nel 2004 entra a far parte del gruppo Datamat e due anni più tardi fa il grande salto, entrando nell’orbita di Finmeccanica. Un breve intermezzo, per uscirne poi evidentemente rafforzata nelle sue credenziali.

Giuseppe Sala

Giuseppe Sala

Una società piena di fantasia, Net Service, che ha partorito il progetto telematico ‘Il Cruscotto del Presidente‘, un sistema applicativo – gonfiano il petto i dirigenti – che “consente al capo dell’Ufficio di esercitare un monitoraggio costante e proattivo dei singoli fenomeni di interesse”. Boh.

Ecco casa scrive il giornalista Paolo Lami: “Parte di quei progetti dai nomi altisonanti ma dai costi esorbitanti sono rimasti solo sulla carta. Come le decine di monitor (la bellezza di 137, ndr) collocati anni fa davanti alle aule del tribunale e che avrebbero dovuto informare gli utenti del procedimento in corso. Monitor che sono tuttora rimasti mestamente spenti. Proprio al sindaco Giuseppe Sala, che si era recato in tribunale per l’udienza del processo Maroni, fu chiesto di quei monitor finanziati con i soldi dell’Expo. ‘Ne ho già abbastanza, rischio di diventare un habituè qua dentro – rispose – ah sì, ora ricordo, era l’appalto fatto dalla Pomodoro”.

La vicenda è partita da una denuncia di Assogestione, che ha partecipato senza successo alla gara e poi ha puntato i riflettori sulle performance, stranamente spesso vincenti, di Net Service. La quale, a sua volta, è poi finita nel mirino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che in un suo pronunciamento dichiara: “la strategia di Net Service impedisce l’accesso di altri produttori di sotfware applicativi per il Pct sul mercato italiano. Gli elementi finora acquisiti sembrano palesare delle condotte di Net Service ostuzionistiche e discriminatorie che potrebbero ostacolare lo sviluppo di offerte competitive nel mercato a valle della produzione, distribuzione e vendita di software applicativi destinati agli operatori di giustizia nell’ambito del Pct. Tali comportamenti – conclude l’AGCM – posti in essere da Net Service appaiono integrare un abuso della posizione dominante detenuta sul mercato a monte dei sistemi informatici di base per il Pct in violazione dell’articolo 102 del Tfue”. Eppure Net Service è entrata a vele spiegate nel palazzo di Giustizia meneghino.

Scrive ancora Paolo Lami. “In questa storia i magistrati c’entrano tre volte. Perchè uffici giudiziari hanno beneficiato di questi fondi, mentre altri sono rimasti con un palmo di naso. Perchè gli appalti senza gara sono stati fatti proprio per lavori al Tribunale di Milano: insomma gliela hanno fatta sotto il naso. E poi perchè della vicenda degli appalti si sono occupati in prima persona proprio due magistrati, l’ex presidente del tribunale di Milano Livia Pomodoro e il gip Claudio Castelli, responsabile dell’Ufficio Innovazione del palazzo, il quale assicura che è stato fatto tutto correttamente”. Ex presidente dell’Ufficio Gip a Milano, Castelli è oggi presidente della Corte d’Appello di Brescia.

Ma c’è una quarta incursione, venuta a galla solo pochi giorni fa. In barba alla legge (il DPR 207/201, articolo 314, comma 3, lettera A) che da anni ormai vieta la presenza di magistrati nelle commissioni di collaudo, per questa gara diverse toghe sono state tirate in ballo. La bellezza di 9 magistrati, alcuni provenienti anche da fuori Milano. Incredibile ma vero.

INTESE TRIANGOLARI & PUBBLICIZZAZIONE DEI PROCEDIMENTI ESECUTIVI 

Non è finita qui con l’appalto per l’informatizzazione.

Perchè un’altra intricata storia fra Tribunale, Camera di Commercio e un’impresa appaltatrice porta sempre all’ubiqua Pomodoro. Stavolta si tratta di “pubblicità accessoria dei procedimenti esecutivi o fallimentari”, una vera e propria giungla dove predomina la volontà di alcune toghe e dettano legge alcune imprese, sempre le stesse.

Ecco cosa scrive sul sito ‘Giustiziami’ Manuela D’Alessandro. “Una prova che indagare i colleghi magistrati sia come per il cappone festegiare il Natale arriva da un’inchiesta potenzialmente esplosiva in cui si ipotizzano, scrive il pm nella richiesta di archiviazione, ‘intese triangolari coinvolgenti esponenti del Tribunale, della Camera di Commercio e di un’impresa appaltatrice che, di fatto, ha da tempo il monopolio della pubblicità delle aste immobiliari milanesi. Parliamo di una gara indetta dalla Camera di Commercio nel 2012 con una parte dei fondi Expo, quelli il cui utilizzo sta seminando imbarazzo e paura nei corridoi del Palazzo di Giustizia. Una gara che ha sullo sfondo gli intimi rapporti fra il Tribunale retto da Livia Pomodoro e la Camera di Commercio. A vincerla in scioltezza è la società Edicom Finance con un ribasso da brivido, il 72,5 per cento”.

Antonio Di Pietro

Antonio Di Pietro

E ancora: “Le anomalie paiono lampanti e sembrano andare ben oltre il ruolo dei due indagati per i quali si richiede l’archiviazione, un funzionario che ha redatto il bando e una sua parente collaboratrice di Edicom, accusati di turbativa d’asta. Da questa indagine veniamo a sapere che per la pubblicità accessoria dei procedimenti esecutivi o fallimentari i giudici della seconda e terza sezione civile del tribunale di Milano impongono nei loro provvedimenti ai professionisti delegati di rivolgersi a Ediservice srl, società del gruppo Edicom. Al punto che nel giro di due anni, dal 2012, questa società incrementa il suo fatturato da 440 mila euro all’anno fino a 1 milione 400 mila”.

Prosegue la ricostruzione effettuata da Giustiziami: “L’ipotesi della Procura emersa dall’ascolto di vari testimoni è che questi servizi vengano assegnati dai magistrati a Ediservice ‘come forma di compensazione del gruppo Edicom‘ perchè fornisce personale alla cancelleria e per farle recuperare ‘remuneratività’ visto il maxi ribasso del 72 per cento sul prezzo d’asta. Per il pm però ‘non ci sono prove per ritenere che la fornitura di servizi da parte di Edicom sia stata preceduta da un’intesa illecita tra le parti coinvolte’, anche perchè non è stato possibile risalire alla reale proprietà del gruppo Edicom che ha sede nel paradiso fiscale del Delaware. Ora Astelegale. net domanda al gip di respingere la richiesta di archiviazione, sostenendo che devono essere sentiti, tra gli altri, giudici, dirigenti della Camera di Commercio e amministratori del gruppo Edicom, per capire se davvero c’è stata una triangolazione illecita”.

“In tutto ciò – prosegue Manuela D’Alessandro – interpellata dal pm, Livia Pomodoro ha trasmesso agli inquirenti i documenti relativi al rapporto Tribunale – Camera di Commercio e una nota in cui due giudici evidenziano che non esiste alcuna convenzione tra il Tribunale e Ediservice che riconosca in esclusiva alla società l’erogazione di servizi pubblicitari accessori”.

POMODORO STORY

Parecchi anni fa un magistrato, Renzo Lombardi, ha scritto un libro al calor bianco, “Contro la Giustizia” proprio sul business informatico nei tribunali. Al centro della sua inchiesta, in particolare, due personaggi, due toghe: Antonio Di Pietro e Livia Pomodoro.

Il libro di Renzo Lombardi

Il libro di Renzo Lombardi

Per anni pretore a Borgomanero, Lombardi conosceva bene Di Pietro e da quest’ultimo venne chiamato come consulente per l’informatizzazione delle procedure al ministero dei Lavori pubblici e delle Infrastrutture quanto Di Pietro divenne ministro. Un altro magistrato, Mario Cicala, torinese, per anni segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati, venne chiamato come consulente in materia di appalti, per dare trasparenza in un settore tanto delicato.

Ma le consulenze di Lombardi e Cicala furono molto brevi. Racconta un ex funzionario ministeriale: “Sia Lombardi che Cicala volevano fare le cose sul serio, portare pulizia, legalità, trasparenza. E in questo si scontrarono frontalmente con Di Pietro, che predicava bene e razzolava molto male. Lombardi, dal canto suo, si dovè scontrare proprio con Livia Pomodoro, all’epoca legata a filo doppio con Di Pietro”.

Di appalti, accordi sottobanco, strane intese e di un business che allora stava nascendo già rigoglioso, ha scritto nel suo ‘Contro la Giustizia‘ Lombardi. Potete scaricare il libro cliccando in basso. Consultando poi l’indice dei nomi potete agevolmente trovare le pagine dove si parla di Livia Pomodoro, Antonio Di Pietro e della loro passione informatica.

 

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IL LIBRO DI RENZO LOMBARDI


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