Merita una “ola” da stadio la mega magagna tedesca che mette sul banco dei cattivi, anzi dei pessimi, nientemeno che i giganti finanziari delle banche made in Deutschland. I media del Paese a guida Merkel riportano la notizia di potenti istituti di credito protagonisti di uno scandalo galattico, di una frode fiscale che ammonta a trentadue miliardi di euro. La notizia, fotografa in automatico l’assioma che onestà ed etica sono categorie di comportamento cancellate per sempre dall’intera umanità. Basta ricordare e che uno più uno fa due per ricordare che la truffa del colosso Volkswagen in danno degli automobilisti e dell’ambiente non era un episodio grave, ma univoco e che falsificare i dati delle emissioni di CO2 dei suoi motori è stata una premeditata trasgressione alla legge per incassare profitti illeciti. In un sol colpo la Repubblica Federale Tedesca perde la faccia della rispettabilità faticosamente accumulata dal dopo guerra in poi e si omologa al peggio del settore con il trucco dei rimborsi illeciti e con pratiche spregiudicate di agenti di borsa. La scoperta della truffa si deve a un’impiegata dell’Agenzia tedesca delle Entrate, insospettita da un rimborso a nove zeri di un fondo americano. Il colpo al cuore della “Deutschland uber alles” coincide con le tensioni della campagna elettorale e con la presunzione di Berlino di essere leader massimo in Europa e più accreditato interlocutore con il mondo dell’economia e degli affari.
Verrebbe da ridere osservando quanto è sprovveduto il comico genovese che i pentastellati hanno incautamente eletto a capo del movimento, ma ci si ravvede, indotti a riflettere intorno al tema dell’Italia degli sprovveduti, attirati nella rete del populismo quasi esattamente come i predecessori seguaci dell’Uomo Qualunque di Giannini. C’è poco da ridere se nelle poche occasioni per corrispondere con sindaci e amministratori (per fortuna pochi) a un diffuso consenso, i 5Stelle sono incorsi in sonori flop e guai giudiziari. C’è poco da ridere se il loro mentore, ancora una volta e si è ripetuto nel seggio dove ha votato. Ha eluso le domande dei giornalisti nell’esercizio del loro al lavoro e li ha insolentiti con l’invito “vaffa” ad emigrare. Gli impresentabili candidati del movimento, privi di excursus politico apprezzabile e di credenziali in linea con l’oneroso ruolo di primi cittadini, sono perciò vittime sacrificali di una scelta suicida di chi ha osato con incompetenza e inconsistenza di mandarli allo sbaraglio con l’esito vistosamente palese dell’esclusione totale dai ballottaggi nelle grandi città. Chi ha facoltà extrasensoriali per scrutare il futuro pronostica che completerà il fallimento elettorale il binomio Raggi-Appendino, La debacle di ieri prefigura identico declino del movimento al voto per le politiche? E’ probabile, se si inquadra nel fenomeno generale della frana populista (May, Le Pen, Trump), ma non è certo. Troppi gli italiani scontenti, anti casta, vogliosi di nuovo, di pulito, ostili al sistema dei partiti tradizionali. Si confermasse il risveglio dell’elettorato, il comico genovese dovrebbe cambiare registro e, per esempio, scusarsi con i media perché non lo ripongano in soffitta, tra i giocattoli con le pile scariche. C’è poi un’ipotesi, non peregrina, che prospetta un possibile effetto domino innescato dal Macron-ismo alla francese. Il fenomeno della Repubblique en Marce dovrebbe mettere in allarme la sinistra, cementare i frammenti in cui si è sparpagliata e sventare il Moloc delle grandi intese, che i censori definiscono con il dispregiativo “inciucio”.
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