Piace e dispiace il Renzi, ma piaccia o no a sostenitori e denigratori il settanta per cento di preferenze delle primarie sono un rospo di insolite dimensioni da ingoiare, boccone amaro e indigesto per le frazioni dem degli “antagonisti”. Andrebbe tastato da mani esperte il fegato di D’Alema, Bersani, Orlando, Emiliano, meno quello di Cuperlo e con procedura d’urgenza, i fegati dei fuoriusciti Civati e Fassina. Tra loro c’è chi tace per non bestemmiare, chi sfoga la rabbia con bellicosi propositi (Emiliano: “Da oggi in poi guerra a Renzi”), chi si arrampica sugli specchi di una polemica tanto inutile quanto astiosa. Per esempio Orlando. Dichiara risoluto che i voti per Renzi sono duemila in meno e i votanti al di sotto di due milioni. Li ha contati personalmente, glielo ha confidato un intrigante corvo amico, li ha valutati grazie a un colpo d’occhio ai raggi ics?
Gli sconfitti, a ragione, paventano il rischio politico di una riedizione in peggio del Nazareno, Renzi replica “uniamoci e partiamo”, ma il Pd resta improduttivamente sparpagliato, con l’unico comun denominatore di una lotta senza quartiere al “nemico” Renzi. Sull’esito dello scontro fratricida nessun dubbio: se ne avvantaggiano gli avvoltoi in volo di perlustrazione, attenti a introdursi nelle crepe della sinistra che fu e il populismo dei pentastellati, che per non smentire autoreferenzialità e pratica quotidiana di “bufale”, definiscono più democratico il voto on line (poche decine di clic via internet) di due milioni di firme.
In tema di pantomine politiche sarebbe divertente, una vera gag bipartisan, la drammatica schermaglia Usa-Corea del Nord. Trump spedisce navi da guerra e sottomarini nucleari nelle acque coreane, Kim Yong-un prova a spaventarlo con test atomici (finora falliti). I due, in sincronismo perfetto, lanciano nell’etero pseudo dichiarazioni di guerra, annunci e smentite. “Se la Corea vuole la guerra siamo pronti”, minaccia il tycoon, “Attenta America, ti spazzeremo via dal mondo” risponde il coreano. L’Europa sta a guardare e tifa per la possibile millanteria dei due “fuori di testa”, perché le schermaglie muoiano nel nulla. Non finirà nel nulla la trattativa per la Brexit che la May tenta di concludere con poco danno e la Ue con concessioni zero, punitive per la Gran Bretagna separatista. Juncker nei preliminari di un confronto per nulla amichevole dice con fermezza “punitiva” che l’Europa non farà sconti al momento del divorzio. C’è dell’altro: Renzi, specialmente dopo il risultato delle primarie, a sua volta conferma che non farà sconti all’Europa. Delle due l’una: se Paesi dell’unione non contribuiranno all’accoglienza dei migranti, l’Italia chiuderà i cordoni della borsa. Zero risorse alla Ue. Divorzi in vista? Non è auspicabile, ma possibile. Di un addio inaspettato si rende portavoce John Elkann. Ancora due anni di ad della FCA (Fiat e Chrisler Automobiles) per Sergio Marchionne che lascerà il prestigioso ruolo di Ad del gruppo. In casa Fiat regna l’ottimismo: “Ci sono in Fiat più uomini all’altezza di succedergli”. Nessun cenno invece, e si capisce bene perché, alla presumibile, stratosferica “buonuscita” per l’AD, ma si può intuire dal momento che ora, in carica, intasca 150mila euro al giorno, Sarà un bell’andarsene. Dove è per il momento top secret.
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