Due bambini, la testa martoriata dal padre con ripetuti colpi di martello. L’agghiacciante “fatto” di cronaca a Trento e capire il perché per persone normali sembra impresa impossibile. Padri e madri di tutto il mondo da sempre, pur nelle diversità di epoche tra loro socialmente estranee, di riflesso incomparabili, nei rapporti con i figli, sono esattamente sovrapponibili se considerata in termini di protezione. Guai a chi osasse far loro violenza verbale, psicologica, fisica. Uguale il sentimento di difesa di soggetti esposti alle angherie di malintenzionati. Insito e acquisito il dovere di proteggerli. Non è diversa la tutela dei figli per padri e madri, in età avanzata e il mondo animale si comporta da millenni allo stesso modo. Tiene i piccoli lontani dall’aggressione di predatori voraci, li tutela in nidi e tane.
Se tutto questo è vero e comprovato da milioni di esempi, ecco la difficoltà di porsi in termini di analisi se la cronaca racconta di genitori che uccidono i figli e di figli che uccidono i genitori. La varietà dei moventi è sconcertante, le analisi di psicologi, criminologi, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine, magistrati inquirenti o giudicanti, può soddisfare la domanda di uomini e donne affezionati alla “nera”, ma non risponde con tesi convincenti a indagini di livello superiore. Follia, raptus, alterazione mentale da droga e alcol e che altro? Per rifiutare ogni deduzione che pure avrebbe una sua credibilità, è buona scelta immaginare se stessi con in mano una pistola, un coltello, un martello e di fronte un bambino, una bambina, generati con il/la partner. E sparare, accoltellare, colpirli a morte, a martellate. Impossibile immaginarlo?
Il senso comune, la logica, la natura stessa di esseri umani, finiscono in corto circuito. No, impossibile vivere virtualmente gli attimi che precedono il gesto omicida. Se accade nella realtà vuol dire che in menti sconvolte (droga, alcol, follia latente, egoismo estremo) l’imponderabile cancella ogni immagine del passato: l’emozione della nascita dei figli, il loro primo sorriso, il mam-ma, pa-pà parole appena balbettate, le notti insonni a coccolarli, il tempo del gattonare, i primi passi incerti, le braccia la collo e l’odore del latte rigurgitato, il tempo dell’asilo, della scuola, i panni bagnati sulla fronte che scotta per la febbre, i momenti di coinvolgimento nei giochi. Tutto via in attimi da incubo, impossibili da collocare nel casellario della natura umana. L’indice che preme sul grilletto, la mano levata in alto un attimo prima di ferire a morte: l’unico pensiero compatibile è profondamente laico e così la domanda sui perché di così crudele disumanità. Chi ha fede liquida con la tesi del libero arbitrio concesso da Dio agli uomini. Per tuti glia altri dominano il buio, i confini angusti della non comprensione.
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