ATTENTI A QUEI DUE / ANCHE VERDINI & BIGOTTI ALL’ASSALTO DEGLI APPALTI CONSIP

Chi la fa l’aspetti. Oppure, se mangi una grossa fetta della torta, sai bene che il tuo rivale ne mangerà un’altra: alla lotteria degli appalti milionari della pubblica amministrazione c’è posto per tutti! E così è successo per l’ultimo Bingo griffato Consip. Con il bando di gara più grosso e grasso d’Europa, 1 miliardo e 700 milioni di euro, aggiudicato alla corazzata di casa Romeo: ma con l’appendice di una commessa niente male, pari a 247 milioni di euro, finita nella cassaforte di una ‘rivale’, vi fa per dire, della star partenopea del global service, ossia la francese Cofely, il cui cuore, però, batte in Piemonte: al timone di alcune società collegate c’è infatti il rampante Ezio Bigotti. Entriamo allora nella giungla dei freschissimi appalti Consip meno gettonati dai media di casa nostra.

Eccoci al lotto numero 11, sul totale dei 18 messi in campo. Quello di maggior peso economico, quasi 250 milioni di euro, appunto, per la gestione e manutenzione degli uffici pubblici che si trovano “non nel centro storico di Roma” e fanno capo alla Consip.

 

LA SCENEGGIATA DELL’UNDICESIMO LOTTO

Ignazio Abrignani. In apertura Denis Verdini ed Ezio Bigotti

Ignazio Abrignani. In apertura Denis Verdini ed Ezio Bigotti

Al bando di un anno fa, marzo 2016, si presenta tra le altre la Manital di Ivrea, che però viene esclusa perchè nel suo curriculum avrebbe presentato una dichiarazione dei redditi 2009 taroccata. Fa ricorso al Tar, Manital, viene riammessa in gara, vince, mentre al secondo posto si classifica la transalpina Cofely. A questo punto Consip protesta, vuole che la gara sia aggiudicata a Cofely e ricorre al Consiglio di Stato. Nel frattempo entra in gioco anche l’Anac, ossia l’Autorità anticorruzione, che si pronuncia a favore di Manital, sostenendo che quell’anomalia fiscale era stata nel frattempo sanata. Il gioco delle tre carte.

La sceneggiata continua. Perchè Consip se ne frega del parere pronunciato dall’authority guidata da Raffaele Cantone e sostiene che vale solo il giudizio nel frattempo pronunciato dal Consiglio di Stato, che dà ragione a Cofely.

Ma c’è un altro ‘frattempo’ che conta molto. Ossia la calda raccomandazione del deputato di Ala, Ignazio Abrignani, direttamente all’amministratore delegato di Consip oggi balzato alla ribalta delle cronache, Luigi Marroni, il renziano che sta scaricando il suo patròn. E, nella gara per il lotto 11, s’è fatto convincere dai ‘benevoli’ uffici di Abrignani, messaggero per conto di Denis Verdini, il leader di Ala e ago della bilancia per il governo Renzi; poche settimane fa condannato in primo grado, Verdini, a nove anni per lo scandalo del Credito Cooperativo.

Così ha verbalizzato Marroni davanti ai pm capitolini che indagano sull’affaire Consip: “Intorno alla fine del 2015 venne da me in Consip Ignazio Abrignani il quale mi disse espressamente e senza mezzi termini che lo aveva mandato Denis Verdini e, per suo tramite, mi chiedeva di intervenire per favorire la società Cofely nell’appalto FM4 e segnatamente in relazione al lotto Roma centro che al Verdini stava molto a cuore”. Verrà accontentato – si fa per dire – con il lotto 11, meno chic ma ugualmente ghiotto, perchè non riguarda il cuore antico de Roma.

Luigi Marroni

Luigi Marroni

Fregata su tutto il fronte Manital, che fa il classico vaso di coccio tra i due vasi di ferro, Romeo e Cofely. Tanto che l’avvocato della società di Ivrea, Gianluigi Pellegrino, trasecola: “siamo rimasti sorpresi del fatto che Consip abbia proposto ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che aveva riammesso Manital: un’iniziativa che, insieme alla altrettanto sorprendente risposta di Marroni, costituisce un oggettivo favore a Cofely”.

Del resto, è lo stesso Alfredo Romeo a parlare del pericoloso concorrente Manital con Carlo Russo, l’uomo che sussurra all’orecchio di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, a proposito del “contenzioso amministrativo promosso da Manital”. Mentre il fido portavoce prima di Gianfranco Fini e dopo la debalce politica di Fli passato alle dipendenze di Romeo a 15 mila euro al mese, Italo Bocchino, dice al nuovo capo: “l’altra notizia è che Manital – spiffera il Bocchino – piglia zero… zero… Manital è fuori da tutti i lotti”. Quasi una premonizione, commenta il Corsera, “di ciò che sarebbe stato deciso due mesi più tardi”, visto che la conversazione intercettata risale al 19 gennaio 2016.

Torniamo al Consiglio di Stato, vero crocevia di contenziosi arcimilionari. Ecco il commento di un avvocato amministrativista romano: “Un crocevia di grandissimo peso, visto che dalle sue decisioni, definitive, dipende la sorte di tantisismi ricchi appalti della pubblica amministrazione, perchè è ormai prassi che il secondo e caso mai il terzo arrivato al bando passa al contrattacco, fa ricorso al Tar che in gran parte dà ragione al ricorrente e poi arriva il Consiglio di Stato che molte volte ribalta il giudizio del tribunale amministrativo. Una vera sceneggiata, poche volte decisa nel merito quanto in base alle pressioni ricevute. Ed è forse per questo che, mi risulta, la procura di Roma ha deciso finalmente di vederci chiaro in alcune sentenze davverso scandalose. E non mi riferisco solo alle ultime, quelle che riguardano  Consip”.

 

LE DECISIONI ALLEGRE DEL CONSIGLIO DI STATO

Massimo Caputi

Massimo Caputi

Ed infatti nella sequela di gare decise sul filo di lana dall’allegro Consiglio di Stato fanno capolino diverse decisioni e aggiudicazioni anomale. A partire dal super bando targato INPS dell’ottobre 2013 finito al gruppo Romeo in modo non poco rocambolesco. A quella sceneggiata la Voce dedicò una cover story di novembre 2013 titolata “Romeo e il Buon Consiglio”, che potete leggere nel pdf in basso. Ecco come esordiva quell’inchiesta: “Boccone grosso, l’ennesimo, per la holding dell’imprenditore di origini casertane Alfredo Romeo, che lo scorso 15 ottobre ha ricevuto su un piatto d’argento dalla sesta sezione penale del Consiglio di Stato un appalto per la bellezza di 44 milioni di euro. Secondo i giudici di palazzo Spada che hanno firmato il dispositivo (il presidente Stefano Baccarini, il relatore Bernhard Lageder e i consiglieri Vincenzo Lopilato, Maurizio Meschino e Roberto Vigotti), sarà infatti la Romeo Gestioni spa, d’ora in poi, a gestire l’immenso patrimonio immobiliare del’Inps, subentrando istantaneamente – ed in maniera del tutto imprevedibile – alla Prelios, società che per il Tar Lazio era risultata vincitrice dell’appalto”.

Fregata allora, Prelios è però sempre sulla cresta dell’onda. Il super fondo immobiliare guidato da un tris d’assi composto da Massimo Caputi (il padre di Idea Fimit e oggi alla guida anche di Feidos), il finanziere franco-libico Daniel Buaròn e l’ex ad Enel Fulvio Conti, è oggi pronto per l’assalto al maxi appalto dello stadio della Roma a Tor di Var che ha ricevuto disco verde dalla super ondivaga giunta pentastellata di Virginia Raggi: Prelios a sua volta darà vita ad un fondo ad hoc, con la partecipazione straordinaria del gruppo Parnasi e della banca di rifeirmento, Unicredit (creditrice per 800 milioni di Parsitalia e mandante del gruppo a stelle e strisce capinatano da James Pallotta).

Non solo Inps fra le perle del Consiglio di Stato, quasi tutte (lotto 11 a parte) pro Romeo. Per un appalto sulla manutenzione stradale bandito dalla giunta Veltroni nel 2006, un altro gentile cadeau da mezzo milione abbondante di euro. Anomalo l’iter procedurale, che insospettisce la procura, anche per via d’un palese conflitto d’interessi: nella cordata che fa capo all’avvocato di Cesa fa infatti capolino il nome di Luigi Bardelli, già membro del cda della partecipata del Comune “Risorse per Roma”. Scende in campo perfino AGCM, l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, che diffida il Campidoglio dall’assegnare l’appalto al gruppo Romeo. Ma tant’è: anche stavolta la dea bendata si chiama Consiglio di Stato, che in tempi record  – siamo a fine 2007 – dichiara legittima l’aggiudicazione alla sigla partenopea.

 

ANCHE CON SEA GLI APPALTI VOLANO

Alfredo Romeo

Alfredo Romeo

Non c’è due senza tre. Un salto e siamo a Milano, o meglio alla SEA, la società che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate. Ecco cosa scriveva la Voce in quel reportage di novembre 2013, “Romeo e il Buon Consiglio”. “Mancavano in realtà gli scali aeroportuali, ma Romeo ha provveduto nella primavera di quest’anno, aggiudicandosi la gara da 48 milioni e passa bandita dalla Sea. Il 20 settembre 2013 il Collegio del Consiglio di Stato presieduto da Stefano Baccarini (con Maurizio Meschino fra i tre consiglieri) si pronuncia definitivamente sulla controversia insorta tra la Sea e tre società che avevano partecipato all’appalto: il CNS (Consorzio Nazionale Servizi), escluso, la srl Dussmann Service, esclusa, e la spa Romeo Gestioni, vincitrice. Una questione intricata…”. Ma alla fine vinta in modo clamoroso dall’avvocato Romeo: omaggiato, il 16 maggio 2015, con una intervista fiume ‘concessa’ al direttore de il Fatto, Marco Travaglio, dove il Montesquieu di Cesa dà il meglio di sé…

Balza alla ribalta proprio il 9 marzo 2017 uno dei colossi delle coop un tempo rosse e oggi a caccia di affari nella giungla del capitalismo de noantri. Si tratta, appunto, del Consorzio Nazionale Servizi, CNS per i  fans, che compra un’intera pagina del Corsera per far sapere quanto è buona la sua acqua: “CNS ha deciso di comprare uno spazio per difendere la propria onorabilità, tutelando così i tanti lavoratori e le oltre 200 imprese cooperative che fanno capo al Consorzio”. Così prosegue il nebuloso comunicato, pretto stile soviet: “si stanno diffondendo notizie non corrette circa la possibilità del Consorzio di continuare legittimamente ad operare nel mercato degli appalti pubblici o addirittura di portare a termine gli incarichi di cui oggi è titolare”. Non è la Cia, il nemico, ma la già vista AGCM che stavolta entra nel mirino del consorzio (sic) rosso. “Il provvedimento dell’AGCM secondo cui il CNS avrebbe posto in essere un’intensa restrittiva sulla concorrenza in occasione della partecipazione alla procedura di gara per l’affidamento delle c.d. Convenzioni Consip Scuola, non incide in alcun modo sulla facoltà del CNS di partecipare a gare pubbliche”. Egiziano a parte, la patata bollente – Feltri british style – del Consorzio ci permette di fare una capatina del mondo delle coop rosse & dei loro sodali.

 

BIGOTTI SUPER STAR

Attraverso giochi di scatole cinesi targate Cofely si arriva al nome di Ezio Bigotti, un acrobatico imprenditore novarese, rampante al punto giusto e già passato, senza grandi conseguenze, attraverso non poche vicende giudiziarie.

Il suo nome fa capolino tra le carte dell’inchiesta Consip proprio perchè, a quanto pare, si tratta di un ‘rivale’ – si fa per dire nei mondo di vasi comunicanti degli appalti pubblici – del gruppo Romeo e di un ‘alleato’ dell’universo coop. Ma al tempo stesso grande sponsor del centro destra in Piemonte!, Lega in primis, e ottimo amico di Denis Verdini. Che attraverso il luogotenente Ignazio Abrignani pérora la cusa di Cofely-Bigotti presso la sempre accogliente casa Consip.

A confermare le circostanze non c’è solo Marroni, ma anche il dirigente Consip Marco Gasparri, altro big nell’inchiesta portata avanti dalle procure di Napoli e Roma, a quanto pare entrate in rotta di collisione. Scrive il 2 marzo Andrea Giambartolomei: “Ezio Bigotti era uno dei concorrenti più temuti da Romeo. Ad affermarlo è Gasparri. ‘Era convinto che i vertici Consip favorissero la Cofely, a capo di un raggruppamento d’imprese di cui faceva parte anche una società riconducibile a Bigotti, imprenditore che, a suo dire, era legato all’onorevole Verdini’, ha detto ai pm romani Paolo Ielo e Mario Palazzi”.

Marco Gasparri

Marco Gasparri

E continua: “La Exit One di Bigotti ha un contenzioso da 300 milioni aperto al Tar di Roma proprio per le gare indette dalla Consip. L’informazione è emersa nel processo celebrato al tribunale di Torino che vede imputato Bigotti per millantato credito. Processo che nasce intorno all’appalto per la costruzione della Torino-Ceres: secondo la procura Bigotti avrebbe fatto credere a Omar Degli Esposti, manager di CCC, il Consorzio Cooperative Costruzioni (uno dei pezzi da novanta delle coop rosse, ndr), di poter influenzare la gara grazie ai suoi legami con l’allora assessore regionale ai trasporti della giunta Cota, Barbara Bonino, sua compagna e ora manager del gruppo STI di Bigotti, e con Leo Massari di SCR, la stazione appaltante della Regione Piemonte. Insomma, se i contatti con Verdini citati da Gasparri sembrano una novità, non sono così nuovi i legami con gli esponenti del centro destra torinese”. Dio li fa e poi li accoppia: anche in modo che un volta sarebbe parso incestuoso o quanto meno border(l) line.

Conclude Giambartolomei: “Nel processo torinese il sostitito procuratore Stefano Demontis ha chiesto la condanna a un anno e mezzo per l’imprenditore di Pinerolo. Resta poi ancora aperto uno stralcio dell’inchiesta torinese inviato prima a Roma poi a Siracusa per competenza territoriale: il procedimento, però, viaggerebbe verso l’archiviazione”. A Torino, nel frattempo, il pm Demontis è passato da febbraio alla procura di Alessandria, al suo posto è subentrata Valentina Sellaroli e il fascicolo, secondo le news, è stato smistato all’ennesima toga: “riassegnato alla dottoressa Enrica Gabetta”, fanno sapere all’ufficio assegnazioni retto da Andrea Beconi.

Ciliegina sulla torta. Ricordate l’appalto INPS scippato da Romeo grazie alla miracolosa sentenza del Consiglio di Stato? Capogruppo rivale era Prelios, in raggruppamento temporaneo con la francese Siram (in orbita Veolia e oggi in brutte acque), la nostrana Abaco Immobiliare e EXIT ONE, la reginetta di casa Bigotti.

 

DAI MISTERI CONSIP A QUELLI KAZAKI

Commenta un avvocato torinese, esperto di appalti pubblici: “L’inchiesta era importantee e ora sta finendo in una bolla di sapone, il millatanto credito, una versione minore dell’odierno traffico di influenze. Si trattava di un grosso appalto, quello da 130 milini di euro per la realizzazioone del tunnel di via Grosseto a Torino, nel quale non c’era solo la STI di Bigotti ma anche il gruppo Itinera che fa capo alla potente dinasty dei Gavio. Comunque sono documentati gli stretti rapporti tra Bigotti e le sue sigle con i vertici delle coop, come il vicepresidente di CCC Omar Degli Esposti e il responsabile commerciale sempre di CCC, Salvatore Rapisarda. CCC, poi, è sotto indagine per altri maxi appalti, a Venezia per il Mose e a Monza per l’ex area Falck”.

xit oneUn grande amico di Consip, Bigotti. Che è riuscito a mettere le mani sull’ennesimo appalto da sogno, quello relativo alla gestione degli edifici & uffici pubblici in ben 9 regioni italiane, quasi la metà: Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia per il primo lotto; Lazio e Abruzzo per il secondo; Basilicata, Calabria e Sicilia per il terzo. Ad aggiudicarselo Exit One, la perla del gruppo e la commessa riguarderà “salute e sicurezza sui luoghi di lavoro presso le pubbliche amministrazioni centrali e locali”. Un appalto tutto green & security…

Ecco cosa racconta un ex dipendente di Exit One: “Eravamo in pochi, i dipendenti delle nostre sigle sono quasi tutti virtuali, in effetti c’erano non più di una quarantina di funzionari. Ma alcuni lavoravano per quattro. Come Aurelio Vuarino, impegnato per tenere le fila interne al gruppo, lui uomo per tutte le security, molto ben visto anche da una parte dei Servizi. L’altra presenza ovunque sul fronte però esterno è Danilo Broggi, che è stato anni fa proprio al vertice di Consip, poi passato a dirigere senza grandi fortune l’Atac, la municipalizzata dei trasporti mangiamilioni a Roma”.

I nomi di Bigotti e Vuarino vengono spesso gemellati a uno dei misteri di casa nostra. Quello colorato di Servizi kazaki. E al giallo per il rapimento di Alma Shalabayeva. Ma questa è un’altra storia…

INCHIESTA CONSIP – L’ “ULTIMO” PASTICCIACCIO DEL NOE

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