I lupi perdono il pelo ma non il vizio. Succede a casa Izzo-De Lorenzo, dove il nipote di Sua Sanità, Francesco Izzo, primario al Pascale di Napoli, è stato preso con le mani nella marmellata, ovvero alle prese con appalti per delicatissime forniture, un giro da 2 milioni di euro sulla pelle dei malati di cancro, in combutta con la consorte, Giulia Di Capua, e il direttore generale dell’Asl numero 1 Elio Abbondante.
‘O Zio, Francesco De Lorenzo, anni fa venne condannato per la Farmatruffa a 5 milioni di euro, e altrettanto sta sborsando l’ex re Mida della sanità ministeriale, Duilio Poggiolini, alle prese in queste settimane anche con la strage per il sangue infetto, un processo che nel silenzio più generale è in corso di svolgimento a Napoli e dal quale ‘miracolosamente’ Sua Sanità è scampato.
Ma veniamo al fresco scandalo, quello giocato sulle vite appese a un filo di pazienti affetti da gravissime patologie epatiche. Tutte da leggere le accuse, dettagliate dai pm della procura di Napoli Nunzio Fragliasso (numero due della Procura e da sempre impegnato nel contrasto ai reati della pubblica amministrazione) e Alfonso D’Avino (altra toga specializzata da anni sul versante dei reati finanziari) nell’ordinanza per i domiciliari. “A fronte della aggiudicazione delle forniture Izzo ha locupletato indebitamente l’utilità costituita dalla commissione corrisposta dalle ditte produttrici alle ditte gestite dalla moglie per l’interposizione nella distribuzione dei dispositivi medicali acquistati”, per un totale di 1 milione 922 mila euro finiti nelle casse di due sigle allestite ad hoc, GIMED srl e GCC Medicale srl, formalmente amministrate da tale Sergio Mariani ma in realtà riconducibili a lady Izzo.
Nei giochetti societari c’è spazio anche per una terza sigla, G.E.C.O. srl, dove il tandem si gemella proprio con Abbondante – di cognome e di fatto – che allarga man mano le sue competenze, diventa socio della coppia oltre a ricoprire la triplice, ubiqua veste di dirigente amministrativo del Pascale, responsabile delle procedure d’appalto e, ciliegina sulla torta, perfino vertice dell’Asl numero 1, che amministra tutti i nosocomi partenopei, compresi il Pascale e il più grande presidio ospedaliero del Mezzogiorno, il Cardarelli.
Proprio per questo, tra gli svariati, pesantissimi capi d’imputazione, a carico del dinamicissimo Abbondante ci sono “evidenti conflitti di interesse”. Poi un bel mix a base di turbativa d’asta, corruzione, illegittimità delle procedure. Non basta, perchè gli inquirenti dettagliano “pretestuosità delle attestazioni di urgenza”, “infungibilità ed esclusività” delle forniture assicurate da Izzo, “profitti altissimi”, “aumento esponenziale dei fatturati”, senza tener presente che farmaci e apparecchiature in buona parte erano già posseduti dal Pascale.
L’ASSOLUTO DISPREZZO PER I MALATI DI CANCRO
Sul fronte dei farmaci, eccoci al Nexavar, che in modo anomalo viene prescritto a raffica da Izzo, una qualifica lunga mezzo metro, ossia “direttore della struttura complessa di Chirurgia Oncologica Addominale ad indirizzo Epatobiliare dell’Istituto dei Tumori di Napoli, Fondazione Giovanni Pascale”: mancano solo cav.march.princ. Per il resto – lup mann in prima fila – c’è tutto.
Ecco il commento del gip che ha ordinato le misure cautelari domiciliari per il tris d’assi e per altri complici, tra cui un informatore farmaceutico, Marco Argenziano, che dal canto suo provvedeva a sponsorizzare, con Izzo, il farmaco oncologico prodotto dalla Bayer, ovvero il Nexavar: “la vicenda mette in luce lo spregio delle regole, lo spregio non solo della buona amministrazione della cosa pubblica, ma anche del basilare vivere civile nonché l’assoluto disprezzo per i malati sottoposti a terapia, in quanto le condotte illecite sono state poste in essere in uno dei settori più delicati della sanità, quello degli ammalati affetti da patologie oncologiche”.
A riprova delle procedure allegre – per le casse della band – ma tragiche per i pazienti e i loro familiari spolpati fino all’osso, diamo un’occhiata a un paio di gare d’appalto che si sono svolte nel periodo cruciale, tra il 2012 e il 2015.
Giugno 2014, eccoci all’avviso pubblico sul fronte “Gestione Beni e Servizi”, in particolare all’ “Indagine di mercato e avviso volontario per la trasparenza preventiva”. Un concetto che viene poco più avanti ribadito. “L’Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei Tumori ‘Fondazione G.Pascale’, in applicazione dei generali principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, intende verificare se diversamente dalle informazioni in suo possesso, vi siano altri operatori economici qualificati in grado di fornire in Service triennale generatore e manipoli Fmwand a tecnologia ferromagnetica occorrente alla S.C. Chirurgia Oncologica Addominale all’indirizzo epatobiliare. La spesa presunta per il sistema è stimata in euro 540 mila”.
Detto fatto, così prosegue l’avviso: “Il sistema sarà affidato ai sensi dell’articolo 57, comma 2, lettera b del disegno di legge 163 del 2006 mediante affidamento diretto alla società GI.MED srl via Petrarca 169, Napoli”: guarda caso la sigla che fa capo alla signora Giulia Di Capua.
Stessa musica l’anno dopo, gennaio 2015: inneggiando sempre a efficienza & trasparenza, in tavola – o meglio, sul tavolo operatorio – dei comodi “kit per biopsia e trattamenti locoregionali specifici per le sonde dell’ecografo multidisciplinare Esaote Mylab”, occorrenti alla solita “S.C. di Chirurgia Epatobiliare dell’Istituto”. Cambia però la formula, stavolta: perchè – ohibo’ – un ecografo c’è già in dotazione. “Essendo l’Istituto – viene precisato – già in possesso dell’ecografo Esaote Mylab, in caso di offerte che prevedano l’uso di altro, similare ecografo, il costo medio dello stesso dovrà essere ricompreso nel prezzo dei kit, fino alla concorrenza di un importo né pari né superiore all’importo stimato, pari a euro 25 mila più Iva, posto a base di gara”. Bazzecole.
L’esito, però, è invariabilmente lo stesso: “Nel caso in cui venga confermata la circostanza secondo cui l’impresa GI.MED srl con sede in Napoli, via Petrarca 177 costituisca l’unico fornitore del prodotto descritto, questo Ente intende manifestare l’intenzione di concludere un contratto con l’Impresa che, allo stato attuale, risulta l’unico fornitore dei prodotti descritti”.
Come si può vedere tutto uguale, tranne un dettaglio: cambia il numero civico di via Petrarca, da 169 a 177 per il Fornitore Unico e Assoluto, GI.MED srl, baciato dalla dea bendata. Ma non troppo (bendata).
AMICI MIEI…
Quasi un quarto di secolo fa, a febbraio 1993, la Voce si occupò del nipote di Sua Sanità. A proposito del subito fortunato post laurea e di un pallino per il giornalismo scientifico.
Ecco cosa scrivevamo sul primo fronte: “qualche problemino sembra turbare l’escalation del giovane Izzo che nel ’90, all’indomani della laurea in medicina, va ad occupare un posto di borsista al Pascale. Concorso? Manco a parlarne. ‘Da noi – spiegano in istituto – le borse vengono attribuite attraverso un colloquio personale con la direzione scientifica, capitanata da Marco Salvatore”.
Radiologo eccellente, oggi promoter culturale, Marco Salvatore e i suoi fratelli (sei) hanno sempre coltivato una duplice amicizia politica, quella per Sua Sanità e per ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino (del resto, due camici bianchi) per poi passare armi e bagagli, dopo Tangentopoli, sotto le insegne del Pds-Ds-Pd, bassoliniani della prima ora (come del resto l’altra dinasty di tac & tumori, quella dei fratelli Muto)
Così proseguiva quell’articolo ’93 della Voce: “Le borse di studio, si sa, non durano in eterno. Così alla fine dello scorso anno Franco tenta il concorso per assistente di chirurgia e lo vince. Ma qualcuno vuol vederci chiaro: sulla base delle decine di esposti piovuti su Castelcapuano (il vecchio palazzo di giustizia prima del trasferimento al Centro direzionale, ndr), il 14 dicembre scorso gli inquirenti attuano l’ennesimo blitz al Pascale e sequestrano tutta la documentazione relativa al concorso vinto da Izzo con altri nove fortunati”. E oggi, tanto per cambiare, un altro blitz…
Tutta finalizzata alla nobile ricerca sul cancro (un tema del resto caro a Sua Sanità, viste le battaglie sul fronte, anche come paziente, ai tempi del processo, dove arrivava in udienza barba lunga e occhi infossati: poi si scoprì che era solo un maledetto polipo) la seconda storia. Ecco cosa scriveva la Voce. “L’impegno profuso nella strenua battaglia non conosce soste al Pascale. Da febbraio ’92, ad esempio, l’Airc elargisce finanziamenti per il nuovo periodico Amici del Pascale, che ha fissato fin dal primo numero la sua sede in via Mergellina 2, a Napoli. Vale a dire nella dimora avita dei De Lorenzo. Fra i redattori figurano lo stesso patriarca Ferruccio, padre di Sua Sanità – già consumato direttore del bollettino pubblicato trimestralmente dall’ordine dei medici campano – insieme a suo nipote Francesco Izzo, figlio di Laura De Lorenzo, gomito a gomito con Renato Ponari, direttore dell’istituto, a lungo segretario cittadino e poi provinciale del Partito Liberale Italiano. A festeggiare il terzo numero della rivista nel Teatro Mercadante di Napoli, 150 mila lire a cranio, è intervenuto il 25 gennaio ’93 anche il presidente della Camera, Giorgio Napolitano”.
Ad Amici del Pascale si è fatto le ossa il portaborse di Ferruccio prima e di Sua Sanità poi, Gennaro Sangiuliano, attuale vice direttore del TG1, al seguito dell’allora pomiciniano doc (esordi col patinato Itinerario da 2 miliardi di pubblicità anno) Mario Orfeo, nipote del super faccendiere bocchinian-pomiciniano Vincenzo Maria Greco.
IL NOBEL CHE NON SA…
Quasi Nobel per la Medicina nel 1992 – non pochi colleghi malignarono di uno scherzo delle Iene alle prime armi – poi sfiorato dal ciclone del Voto di scambio che inaugurò la Tangentopoli partenopea, Franco De Lorenzo finì invece dritto nella maxi inchiesta per la Farmatruffa, compagno di merende l’allora super vertice al ministero della Sanità, il Duilio Poggiolini che riempiva i puff del salotto con le banconote. Condannati a 5 milioni di risarcimento ciascuno per aver danneggiato l’immagine dello Stato, a quanto pare stanno pagando quella sanzione: anche se quello Stato non sembra particolarmente sollecito nella riscossione del dovuto.
Guai a parlare, invece, della strage per sangue infetto, della quale oggi, dopo vent’anni di attesa, si sta celebrando il processo a Napoli, inchiesta iniziata nel 1998 a Trento. “Non c’entro niente, vi querelo”, ha sbraitato attraverso i suoi legali mesi fa Sua Sanità. Colpevole, la Voce, di aver descritto i suoi strettissimi rapporti d’amicizia e d’affari con il co-condannato per la farmatruffa, Poggiolini appunto; e con la dinasty dei Marcucci, i dirigenti (ex, sono passati vent’anni…) delle cui imprese sono oggi alla sbarra a Napoli.
Un legame strettissimo, quello tra il patriarca Guelfo Marcucci (a dicembre 2015 passato a miglior vita) e Sua Sanità, suggellato con la candidatura alla Camera del giovane rampollo, l’appena ventiseienne Andrea Marcucci, tra le fila del Pli. Guarda caso, De Lorenzo si presentò nel collegio di Firenze alle elezioni del 1992, proprio per trainare meglio quel graditissimo nome da issare sui vessilli del Pli guidato allora dall’Altissimo (Renato, allora segretario lib). Già rombanti, all’epoca, i motori delle sigle “tutto sangue” di casa Marcucci, sul ponte di comando il patròn Guelfo con il fratello Leopiero al seguito, oltre all’Andrea votato alla politica, a Marilina, una passione per i media (sarà coeditore dell’Unità per il biennio a inizio del nuovo millennio), e a Paolo, che passa subito ad occuparsi degli affari di famiglia, oggi al timone della corazzata Kedrion, leader nazionale e asso anche estero per la lavorazione e commercializzazione dei ricchi emoderivati.
Da dove proveniva, allora, proprio ai tempi del tragico contagio che ha fatto almeno 3 mila vittime innocenti, ossia dagli anni ’80 fino al 1992, quel sangue?
Dalle massaie e dagli studenti dei campus universitari americani, ha detto in aula la primavera scorsa Piermannuccio Mannucci, il teste chiave del processo voluto proprio dal pm (!). Una bugia grossa come una casa, una bufala – o se preferite una fake – che più grossa non si può.
La Voce scrisse, esattamente 40 anni fa, estate 1977 – che una parte di quel sangue i Marcucci lo prelevavano in Congo Belga. Provenienza africana anche secondo l’ematologo-scrittore Elio Veltri, che proprio alla strage del sangue infetto dedica il più significativo capitolo del suo fresco di stampa “Non è un paese per onesti”. Proveniente perfino dalle carceri dell’Arkansas, come descrive uno choccante docu-film, Fattore VIII, di Kelly Duda, chiamato a testimoniare proprio a Napoli. “Era noto in letteratura scientifica fin dagli anni ’80 che il sangue proveniva da donatori prezzolati” e quindi non era assolutamente sicuro, come ha testimoniato il 20 febbraio 2017, in aula a Napoli, un altro ematologo, Enrico Magni.
Ma allora tutto questo Sua Sanità non lo sapeva….
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