Dar per buono all’autoelogio degli italiani perbene e della politica ritenuta progressista? I media assecondano compiacenti la favola dell’Italia della tolleranza, dell’accoglienza, della generosità che apre le porte ai disperati in fuga da luoghi della Terra insanguinati da guerre, dominati da tirannie, dove fame e malattie uccidono uomini, donne, bambini. Certo, strappiamo alla morte migliaia di profughi, contrastiamo per quanto ci è possibile di fare del Mediterraneo un mare cimitero; esemplare è la dedizione di quanti si spendono senza riserve per chi, salvato in extremis nelle nostre acque, ha bisogno di cure e di slanci di umanità. Ma basta? Prima ancora di rispondere a questo inquietante interrogativo c’è altro in gioco. Una volta rifocillati e curati, il caso del medico condotto di Lampedusa è da Nobel, qual è il destino di chi ha lasciato il Paese di origine, familiari, amici, usi e abitudini della sua terra? E che risposta diamo all’illusione dei migranti di ricostruire la loro vita nell’Europa che li accoglie? La crudele realtà racconta di campi lager dove i migranti sono prigionieri di strutture inadeguate, oltre i limiti dello scandalo, per mesi e anni. La cronaca, per sussulti di coscienza di operatori sociali e intraprendenza di giornalisti d’inchiesta, indaga la vergogna di immigrati sfruttati come schiavi nelle nostre campagne, pagati con cifre da elemosina, relegati in baraccopoli fatiscenti, senza il comfort minimo di servizi essenziali. Il sentimento dell’accoglienza scompare presto, sostituito dall’ostilità che in casi estremi diventa violenza xenofoba. L’incredibile succede a ridosso di un evento che omologa una quota del nostro Paese al peggio di società razziste della comunità europea (Polonia, Ungheria) e di enclavi della destra italiana, francese (Salvini, Le Pen). Rignano, lager pugliese per emigranti, che sudano sudore e sangue nel periodo stagionale della raccolta di pomodori, raccoglie le braccia di tremila sfruttati Resta un girone infernale, nonostante le promesse istituzionali di smantellarlo e non basta dare la colpa agli interessi del caporalato e della malavita: identica, se non peggiore responsabilità è del governo, che finge di non vedere e sapere.
Stupefacente il commento del ministro della giustizia Orlando, candidato alla successione di Renzi. Un anno fa ha definito il ghetto “qualcosa di inaccettabile” e cosa ha fatto per cancellarlo? In attesa di soluzioni annunciate e non attuate fatti e misfatti di cronaca nera. L’occultamento del corpo di un ragazzo trentenne del Mali morto in un cassone dei pomodori raccolti, responsabili i “caporali”. Poi la denuncia del governatore Emiliano, ma con quale esito?, della condizione di schiavitù dei migranti e roghi, il più devastante nel febbraio del 2016 con successiva e rapida ricostruzione del lager, ad opera, si sospetta della malavita. In questo dicembre due nuovi roghi e al morte di un ragazzo di venti anni 20. Qualche giorno fa ancora un incendio con due vittime del Mali. Questi e molti altri casi di ghettizzazione di immigrati sollecitano una riflessione difficile da avanzare. Quali sono i confini della solidarietà di cui facciamo vanto se l’intero Paese tollera scandalosi centri di accoglienza ed episodi, soprattutto al Nord, di intolleranza? E’ più di un sospetto: forse, se salviamo vite umane nel “mare nostrum”, è perché non potremmo comportarci diversamente, per non incorrere nel reato di disumanità. Basta ad appuntare in petto medaglie della bontà, della fratellanza, della pietas per fratelli in cerca di luoghi dove sperare nel futuro?
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