CARIGE: CONDANNATI BERNESCHI & SOCI PER TRUFFA E REATI ASSOCIATIVI

Elio Lannutti

Elio Lannutti

La condanna di Giovanni Berneschi, ex presidente Carige, ad otto anni e due mesi (che si è detto ‘sollevato perché si aspettava l’ergastolo’, superiore alla richiesta di 6 anni di pena del Pm), arrestato nel 2014 per la maxi truffa ai danni del ramo assicurativo Carige Vita Nuova, al quale era stato contestato  il reato di associazione a delinquere finalizzato alla truffa, il riciclaggio ed il falso, dovrebbe far riflettere qualche Procura, come ad esempio quella di Vicenza, la cui inerzia rinvia alle calende greche il processo a carico di Gianni Zonin ed altri dirigenti di Banca Popolare di Vicenza.

Le condanne di Berneschi ad 8 anni e due mesi (che sarà sottoposto alla libertà vigilata per tutta la durata della pena), a 7 anni di Ferdinando Menconi, ex a.d. del ramo assicurativo; a cinque anni e otto mesi per il commercialista Andrea Vallebuona;  a nove anni e due mesi per l’imprenditore Sandro Maria Calloni; ad otto anni e sei mesi per l’imprenditore Ernesto Cavallini; dimostrano che in banca operava una associazione a delinquere a danno dei risparmiatori ed utenti, costretti a pagare i lauti pasti dei banchieri col bail-in, oltre a dissesti e crac bancari loro addossati, con il concorso dei distratti controllori.

Mentre per Berneschi il tribunale ha disposto la confisca di 26 milioni di euro, quattro milioni per Calloni, 26 milioni per Menconi, 30 milioni per Cavallini, in una maxi truffa, che in base alle indagini della guardia di finanza, consisteva nel far acquistare dal ramo assicurativo della banca immobili e quote societarie di imprenditori compiacenti a prezzi gonfiati, tramite perizie artefatte, per reinvestire le plusvalenze all’estero, tutto procede a rilento per banchieri come Zonin e Sorato (BpVi), accusati di aggiotaggio, Bianconi di Banca Marche, accusato di falso in bilancio, associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, Fornasari e Rosi di Banca Etruria, accusati di bancarotta fraudolenta ed altri reati.

Per non parlare di Vincenzo Consoli, di Veneto Banca, arrestato e subito messo ai domiciliari su procedimento della Procura della Repubblica di Roma il 2 agosto 2016, con sequestro preventivo di 1,8 milioni di euro a suo carico e di decine di milioni di euro nei confronti di persone legate alla stessa banca, mentre per la Banca Popolare di Vicenza, la cui competenza è rimasta a Vicenza, nonostante la maggiore gravità delle accuse verso gli ex amministratori e l’ex presidente Giovanni Zonin, premiato con 1 milione di buona uscita per aver causato il dissesto, il procedimento giudiziario marcia a rilento, senza neppure la confisca preventiva dei beni, dei quali si è disfatto.

I risparmiatori espropriati dal decreto salva banche;  gli utenti dei servizi bancari, costretti a pagare per decenni altissimi costi di gestione dei conti correnti, pari ad 318 euro l’anno, contro 114 euro della media Ue, di un ‘sistema pieno di buchi spacciato per solido da Bankitalia;  i contribuenti che devono sopportare il gravame di 20 miliardi di euro per il salvataggio di Mps e le banche venete, le cui ripercussioni si fanno sentire anche sui lavoratori del credito falcidiati dalle crisi, dai crac e dissesti; meritano maggiore attenzione e rispetto, a cominciare da quella parte della magistratura, che applica una giustizia a due velocità, celere ed inflessibile per i ladri di polli, lenta, comprensiva ed interpretativa, per i banchieri e le distratte autorità che devono essere chiamate a pagare il conto per l’evidente omessa vigilanza.

 


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