SICILIA VERSO IL VOTO – L’ANTIMAFIA CARNIVAL DI CROCETTA, INGROIA & C.

Signore e signori, la pacchia è finita. E’ il diktat alla Regione Sicilia arrivato in queste ore come un fulmine da Palazzo Chigi, che nel documento indica gli obiettivi da raggiungere nel breve-medio termine, pena il mancato trasferimento delle somme «a qualsiasi titolo spettanti alla Regione siciliana». Riduzione del pubblico impiego regionale e dei centri di costo, riqualificazione della spesa corrente regionale, progressivo incremento delle risorse destinate agli investimenti, pareggio di bilancio e recepimento della legge Madia: questi alcuni degli obiettivi fissati da Roma, sottoscritti del resto nell’Intesa Stato-Regione firmata dalle parti lo scorso giugno. Eppure il primo a sbraitare è proprio lui, il governatore Rosario Crocetta, che dall’orecchio dei tagli agli enormi costi di spesa non ci sente. Preferisce invece urlare che «così dovremo tagliare le prestazioni essenziali ai più deboli», incurante delle dolorose proteste dei disabili siciliani, già prima senza prestazioni essenziali da mesi, tanto da finire su tutti i giornali grazie alla solidarietà del regista Pif, sceso in campo al loro fianco ed artefice di dure polemiche proprio contro il governatore.

Il faccia a faccia di pochi giorni fa tra Crocetta e Pif sulla questione dei disabili. In apertura Rosario Crocetta con Antonio Ingroia

Il faccia a faccia di pochi giorni fa tra Crocetta e Pif sulla questione dei disabili. In apertura Rosario Crocetta con Antonio Ingroia

Un braccio di ferro, quello tra Roma e Palermo, che arriva nel periodo caldo di una campagna elettorale per le regionali in Sicilia già praticamente aperta, visto che si vota a ottobre. Con Crocetta che annuncia la nascita di una nuova formazione politica, RiparteSicilia, l’unica evidentemente disposta a ricandidarlo, mentre nel PD, un tempo suo partito di riferimento, già si lancia in pista per la successione il nome del sottosegretario al ministero della Salute Davide Faraone.

Crocetta perciò rinserra le fila dei fedelissimi e proprio per questo, a sentire i rumors locali, «di tagli agli sprechi, in una fase pre-elettorale, ovviamente non se ne parla proprio, è prevedibile piuttosto il contrario». Come testimonia, ad esempio, la bagarre scoppiata solo pochi giorni fa sulla mancata approvazione della Finanziaria e l’ennesimo, ormai quasi certo ricorso all’esercizio provvisorio. Tutta ‘colpa’, forse, di quelle ottomila voci di spesa previste dal Bilancio e portate alla luce in aula dal consigliere regionale di opposizione Vincenzo Vinciullo: «abbiamo “scoperto” che è previsto un finanziamento di 50 milioni a Riscossione Sicilia del quale non si trova traccia nella relazione tecnica», senza contare «i 2,2 miliardi di accantonamenti dei quali si tace nella relazione», o i «capitoli prosciugati e gli altri gonfiati a dismisura», proprio mentre si dichiara che «i 100 milioni per non fare pagare il ticket sanitario agli inoccupati non si trovano».

Ma era stato proprio Antonio Fiumefreddo, amministratore unico di Riscossione Sicilia (la stessa società, forse non a caso, ‘beneficata’ con un finanziamento da 50 milioni in bilancio), a tuonare contro la gestione Crocetta solo pochi giorni prima, nel corso di un’audizione dinanzi alla commissione parlamentare antimafia, snocciolando numeri da paura. Negli ultimi 10 anni sull’isola mancano all’appello 52 miliardi di euro come tributi non riscossi. E fra i debitori per milioni ci sarebbero numerosi deputati all’Ars regionale. Fiumefreddo ha inoltre dichiarato che, all’atto del suo insediamento, Riscossione Sicilia riusciva ad incassare solo 480 milioni, ovvero l’8% di quanto avrebbe dovuto riscuotere; per chi dichiarava più di mezzo milione di euro la riscossione era ferma al 3,66. Ora quella percentuale è salita al 14%, «ma siamo lontanissimi da quella che dovrebbe essere la raccolta vera».

Andiamo allora a vedere quali sono alcuni tra i principali ‘buchi neri’ della gestione Crocetta degli ultimi cinque anni. Autentiche vene che perdono milioni destinate, secondo molti osservatori, a diventare nei prossimi mesi ulteriori voragini.

 

QUELLA SICILIA-E-SERVIZI CHE INGOIA MILIONI

Ingroia (al centro) con Antonio Di Pietro e Marco Travaglio

Ingroia (al centro) con Antonio Di Pietro e Marco Travaglio

Crocetta e il suo fedelissimo, l’ex magistrato Antonio Ingroia, hanno appena tirato un sospiro di sollievo, dopo che nei mesi scorsi erano state archiviate l’indagine penale e quella analoga della Corte dei Conti sull’assunzione in Sicilia@Servizi spa, la partecipata per l’informatizzazione guidata da Ingroia, di 75 dipendenti esterni. L’ex magistrato era stato nominato da Crocetta nel 2013 con lo scopo dichiarato di liquidare la società dopo che era sceso in campo l’Olaf, organismo anticorruzione dell’Unione Europea. E invece Ingroia, appena reduce dal clamoroso flop del partitino arancione fondato con Antonio Di Pietro e Luigi de Magistris, aveva deciso di risuscitarla. Fino a farla diventare oggi «una palla al piede per i siciliani – si legge sul quotidiano Livesicilia diretto da Davide Foresta – e allo stesso tempo una enclave all’interno della quale si possono eludere e sottovalutare anche le norme, scavalcare i paletti», come «hanno detto, in fila, il presidente dell’anticorruzione Raffaele Cantone, le sezioni riunite della Corte dei conti persino nell’ultimo rendiconto, la stessa Regione che ha contestato all’azienda costi esagerati, e persino l’Assemblea regionale che ha votato una norma per “stimolare” l’efficienza dell’azienda». Ingroia insomma, chiamato nel 2013 a chiudere un’azienda perennemente in rosso fin dai tempi di Cuffaro e Lombardo, vi ha piantato saldamente le radici, vedendo balzare il suo compenso personale dai 40.000 euro l’anno iniziali agli attuali 50.000, nonostante i ripetuti black out del sistema informatico che essa stessa dovrebbe garantire (tre ad esempio gli stop da gennaio ad agosto 2016, con blocco di servizi essenziali quali ad esempio il Cup delle prenotazioni sanitarie).

«E fossero stati solo cinquantamila…», è l’amaro sfogo di un ex dipendente. Che ricorda come in piena spending review nel 2014 Ingroia aveva ricevuto dalla Regione Sicilia compensi per 201 mila 892 euro, con busta paga lievitata grazie al riconoscimento di una “indennità di risultato” da 110 mila euro. Senza dimenticare i 50mila e passa ricevuti quale rimborso spese per hotel, viaggi e ristoranti. O – come ha scritto L’Espresso – le somme attribuite nello stesso periodo da Ingroia per consulenze legali: oltre 515 mila euro, di cui 386 mila al solo avvocato Elio Costanza, per puro caso ex tesoriere del partito fondato da Ingroia.

Da autentico allarme, anche quest’anno, il bilancio di Sicilia@Servizi, con un passivo che sfiora i 141 milioni di euro, di cui 114.399.291 come debiti verso i fornitori, circa 15,5 milioni di debiti tributari e spese per il personale pari a 3 milioni 160mila euro. Tutto questo, a fronte di un attivo fatto sostanzialmente da “crediti verso clienti” per un ammontare pari a 125 milioni di euro e rotti.

Ingroia con la fidanzata Odette Gioberti

Ingroia con la fidanzata Odette Gioberti

Intanto, mentre resta alla guida della partecipata dei servizi, l’ex pm siciliano non rinuncia a lanciarsi sotto i riflettori con la sua professione di avvocato, scendendo in campo al fianco di un camorrista da novanta come il boss di camorra Antonio La Torre o, più recentemente, assumendo la difesa di Pino Maniaci, controverso fondatore di Telejato.

Sono in tanti ora a chiedersi se dopo la fallimentare esperienza del 2012 Ingroia deciderà di tornare in politica, scelta che potrebbe essere obbligata in vista del possibile ricambio alla guida della Regione Sicilia, con relativo spoyl system delle nomine apicali, compresa la sua. «Se lo farà – sibila qualcuno a Palazzo dei Normanni – stavolta potrà contare su una esperta di pubbliche relazioni che lo aiuterà a non sbagliare la comunicazione…». Il riferimento è a Giselle Oberti, statuaria compagna di Ingroia da un paio d’anni, che si autodefinisce su Linkedin “Amministratore Unico/ Event Producer presso Palas Atenea Event Production & Communication”, con sede a Roma. La società e la sua esuberante amministratrice erano balzate alle cronache nel 2011, quando a finire sotto inchiesta erano stati i finanziamenti erogati dal Ministero delle Politiche Agricole ad una serie di programmi Rai all’insegna del green. Al centro lei, la signora Oberti, origini argentine, in quel periodo onnipresente nelle ospitate di Viale Mazzini con la sua “Fiera internazionale del Tartufo”, nonché, guarda caso, all’epoca moglie di un noto autore Rai.

 

DAL MAXI PROCESSO ALLE MAXI PARCELLE

La mega consulenza affidata da Ingroia all’amico-avvocato Elio Costanza non è che il modello di una gestione, quella di Crocetta, costellata di parcelle d’oro a professionisti. Basta guardare ad un altro centro di potere siciliano come l’IRSAP, istituito per ridurre gli sprechi negli ex consorzi ASI della Sicilia e divenuto a sua volta l’ennesimo carrozzone mangiasoldi, tanto da essere oggi commissariato. Definito tout court dalla stampa locale “Il paradiso degli avvocati”, cui ha elargito oltre 4 milioni per incarichi legali nel solo periodo da gennaio 2014 ad aprile 2016, l’ente ha prescelto fra i 560 legali presenti nella lista dei consulenti solo alcuni professionisti d’oro, sempre gli stessi. Si va dall’avvocato Giuseppe Pignatone (74 mila euro di parcella per un solo giudizio) a Massimo Piazza (compensi per circa 120 mila euro) e ad Antonio Sapienza (circa 65 mila euro), fino ad Alfredo Galasso (45 mila euro circa), Marianna Lo Porto (quasi 40 mila), Andrea Gemma (oltre 35 mila).

Alfredo Galasso

Alfredo Galasso

Tra i più vicini a Crocetta, tanto da offrirgli la propria collaborazione «anche gratis» quando si insediò governatore, Alfredo Galasso ha continuato nel corso della legislatura ad accumulare incarichi e parcelle. A cominciare proprio dalla difesa in tribunale dello stesso ex presidente Irsap Alfonso Cicero, assunta quando quest’ultimo aveva querelato per diffamazione Umberto Cortese, ex presidente dell’Asi Caltanissetta. Gli è andata male. Solo pochi giorni fa Cortese è stato assolto: nessuna diffamazione. La Corte ha respinto le richieste di Galasso, che sollecitava un risarcimento per le parti civili, da lui assistite, pari a centomila euro.

Tra i protagonisti del maxi processo a Cosa Nostra, docente anche al Cerisdi (il castello dei misteri che sovrasta Palermo, considerato a lungo base occulta dei Servizi), nonché professore universitario a Palermo (citato nella “parentopoli” accademica per il contemporaneo incarico nello stesso dipartimento del figlio Gianfranco Galasso e della nuora Giuseppina Palmieri, attiva anche nel suo studio legale di Roma insieme all’avvocato Licia D’Amico), Galasso ha fatto parlare di sé quando ha assunto l’incarico di difensore di parte civile per conto di Confindustria Sicilia (di cui Irsap è una costola) nel processo Mafia Capitale. A sollevare un polverone, il fatto che Galasso è da tempo difensore legale del “ministro dei lavori pubblici di Cosa

Il boss Angelo Siino

Il boss Angelo Siino

Nostra” Angelo Siino, tanto da avere appena firmato con l’ex boss un libro, “Mafia, vita di un uomo di mondo”, una sorta di autobiografia del mafioso pentito, uscita da Ponte delle Grazie. A rafforzare le polemiche, poi, la parentela tra Siino ed Antonia Bertolino (sono cognati). Da oltre vent’anni a capo delle omonime distillerie di Partinico, un gigante economico finito sotto inchiesta per gli ingenti ed irreparabili disastri ambientali che avrebbe causato a tutto il territorio. Antonina Bertolino è assistita, manco a dirlo, sempre da lui: Alfredo Galasso.

 

VITALIZI D’ORO

Né si sottrae, il professor Galasso, alla regola ‘aurea’ dei vitalizi, che costano nel loro insieme ai cittadini siciliani la bellezza di 677 milioni di euro ogni anno. Ex consigliere regionale, Galasso riceve infatti una pensione dalla sola Ars pari ad oltre tremila euro/mese, cui si somma quella, non meno interessante, relativa alla breve esperienza in parlamento con la Rete di Leoluca Orlando, inizio anni ’90.

Ed è anche grazie ai vitalizi erogati a vedove e ‘figli di…’ che la Sicilia di Crocetta è rimasta l’isola di Bengodi. Una Regione «che – scrive Paolo Bracalini sul Giornale – spende 18 milioni l’anno per pagare i vitalizi agli ex deputati regionali e le pensioni di reversibilità ai parenti. È una cifra più alta di quella necessaria a saldare gli stipendi annuali dei componenti dell’assemblea. Esponenti di tutti i partiti sono stati condannati dalla Corte dei conti a restituire soldi pubblici scialacquati negli anni trascorsi a Palazzo dei Normanni. Completano il quadro le spese per l’acquisto di “materiale informatico e tecnico” nel 2016. La Sicilia ha speso in penne e matite 1,7 milioni di euro, contro i 112 mila della Lombardia e i 640 mila della Campania».

La sede della Regione Sicilia

La sede della Regione Sicilia

Così, mentre si chiude tristemente la legislatura targata Crocetta, qualcuno ricorda come a sfumare pian piano sia stata, anche in questi anni, anche la battaglia contro la malavita organizzata, tanto da indurre un cronista storico come Saverio Lodato a parlare di «fulminea degenerazione del fenomeno Crocetta», anche lui passato «da un’antimafia intesa come spirito di servizio all’Antimafia Carnival che oggi va in scena nei baracconi dei Luna Park», specie dopo le dimissioni di un assessore simbolo come Lucia Borsellino, figlia del giudice ucciso dalla mafia. Ma di ‘cambi’ e piroette in giunta ce ne sono stati in questi anni una quarantina, compreso quello non meno clamoroso di Franco Battiato, uscito sbattendo la porta poco dopo il suo trionfale ingresso. «Crocetta icona sfiorita dell’antimafia», rincara la dose Attilio Bolzoni, altra firma storica di Repubblica, presentando il libro di Francesco Forgione “I tragediatori – La fine dell’antimafia e il crollo dei suoi miti”.

Cosa resterà dell’era Crocetta? Difficile dimenticare i veleni di un caso di cronaca come le inchieste giudiziarie sul medico personale del governatore, ‘re’ dello sbiancamento anale. Ma al di là del gossip, resta su tutto il potere economico di Confindustria Sicilia, di quella Sicindustria che, è «una versione contemporanea di quello che era il sistema di potere cianciminiano», accusa il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, ma soprattutto si conferma come «l’unico ‘partito’ – taglia corto Bolzoni – sempre presente nel governo siciliano negli ultimi sei anni. Dal governatore Raffaele Lombardo condannato per concorso esterno mafioso a Rosario Crocetta: stessi voti, stessi apparati, stesse facce. La flessibilità del potere. Sotto l’enigmatica regia politica di Giuseppe Lumia, naturalmente membro anche lui della commissione parlamentare antimafia. Un altro testacoda».


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