25 anni da Mani Pulite – Magistratura in Politica: l’ebbrezza del potere

Si può affermare oggi, a distanza di 25 anni, che nel 1992 la magistratura italiana ha cominciato a capire davvero quali straordinari privilegi la rendano in Europa l’unico Potere con garanzie di assoluta irresponsabilità, priva come è di qualsiasi forma di controllo popolare e parlamentare. L’indipendenza della magistratura, che è di per sé un bene prezioso tutelato in tutti i Paesi democratici, in Italia è diventata uno strapotere, capace di negare perfino quel referendum popolare che aveva voluto a furor di popolo una legge sulla responsabilità civile dei magistrati, norma mai realmente applicata e poi bypassata allegramente, ancora una volta, anche con la riforma del 2015 voluta dal Governo Renzi. E ‘regolarmente’ tradottasi in un bluff.

Da Mani Pulite in poi il confine tra magistratura e politica è di fatto saltato. Ha dovuto ricordarcelo il GRECO, l’Organo Anticorruzione del Consiglio d’Europa, che in una apposita, dura raccomandazione all’Italia emanata a gennaio di quest’anno, così  prescrive: «l’Italia deve introdurre leggi che pongano limiti più stringenti per la partecipazione dei magistrati alla politica, e mettere fine alla possibilità per i giudici di mantenere il loro incarico se vengono eletti o nominati per posizioni negli enti locali». Ancor più esplicitamente: «L’Italia deve introdurre norme chiare e applicabili per regolare la spinosa questione del conflitto d’interessi dei parlamentari. Perché questa situazione insoddisfacente si traduce in un processo piuttosto difficile di verifica delle possibili cause di ineleggibilità e incompatibilità, che rischia di compromettere l’efficacia dell’intero sistema».

Facile prevedere che di questa Raccomandazione l’Italia non terrà alcun conto. Appena un politico o un governo dovessero provare a presentare disegni di legge in tale direzione, sanno già cosa rischiano: quelle indagini giudiziarie che magari erano rimaste lì per mesi nei pc delle Procure, pronte ad esplodere al momento giusto.

Vi sono stati magistrati che hanno pagato un prezzo altissimo, a livello personale e professionale, per essersi sottratti a questo sistema egemonico, continuando ad applicare le leggi in nome e per conto del popolo italiano, lontani da ogni condizionamento ‘interno’. Voglio ricordare primo fra tutti Agostino Cordova, l’unico procuratore capo a Napoli che abbia tenuto sempre aperte le porte del suoi ufficio agli ultimi, e strettamente chiuse al Potere. Quello stesso Potere che ha pesantemente punito (ma non piegato) la sua indipendenza e il suo rigore.

Molti altri si sono adeguati. Punirne uno per educarne cento.

Così oggi ci becchiamo la ramanzina dall’organo anticorruzione del Consiglio d’Europa. Che ci ricorda come sia condizione imprescindibile, per evitare che una democrazia si trasformi in egemonia, l’assoluta SEPARAZIONE fra potere politico e potere giudiziario. Invece il nostro Parlamento (senza contare gli Enti Locali) è pieno zeppo di magistrati: quelli che scendono direttamente in politica, sicuri di mantenere anche la stratosferica progressione automatica di carriera con relativi stipendi (i più elevati del mondo); gli altri, che pullulano nelle Commissioni parlamentari in cui fanno le leggi che poi loro stessi dovranno applicare da magistrati; e gli ‘influencer’: quelli, appunto, che tengo ‘al caldo’ le inchieste sui politici nei loro pc.

Tutti consapevoli del fatto che saranno loro, e soltanto loro, a decidere i destini politici del Paese. Di tutti noi. Che un tempo chiedevamo Giustizia.

 


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