Quarant’anni spesi per la cultura. Perchè Napoli (e tutto il Mezzogiorno) riuscisse a liberarsi dalle catene mafiose, dai colletti bianchi che hanno divorato la città a pezzi e bocconi, da quella borghesia cialtrona, ignorante e collusa, da quel blocco sociale che ha ingoiato affari e negato ogni futuro. Se ne è andato l’avvocato Gerardo Marotta, fondatore e anima dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, raro faro nel buio, solitario presidio in un deserto che avrebbe certo ispirato Dino Buzzati.
Lasciato per anni solo, l’Istituto, da quelle istituzioni che a parole lo elogiavano, nei fatto lo hanno spogliato di mezzi e risorse. Marotta ha investito energie e mezzi personali per farlo crescere, portarlo avanti tra fatiche quotidiane, battaglie legali per ricevere quanto stanziato in via ministeriale e poi volatilizzato (forse adesso arriveranno i fondi attesi da sei-sette anni). Tutti periodicamente pronti a sottoscrivere appelli e solidarietà, nei fatti complici di quello scempio. Che ha fatto segnare la sua apoteosi con la più totale incuria pubblica per la localizzazione dell’immenso patrimonio librario – 300 mila e passa volumi, molte rarità – messo a disposizione dell’avvocato per una fruizione collettiva. E ancora oggi in cerca di una dimora, tanto che s’è svegliata perfino la procura di Napoli, dove è stata appena aperta un’inchiesta per dar nomi & cognomi agli autori di quel killeraggio culturale.
Mitici, nei quarant’anni, gli incontri ad altissimo livello, la presenza costante dei filosofi più autorevoli, il fittissimo calendario di appuntamenti e ancor più le attività formative, come testimoniano le scuole estive sparse in tutta la Campania e non solo per seminare germi di cultura, far lievitare coscienze critiche.
Vulcanico fino all’ultimo respiro, Gerardo Marotta, il pasionario sceso da ogni cattedra per tuffarsi nella mischia. Come successe un paio di mesi fa, alla presentazione dell’ultimo libro di Giulietto Chiesa, Putinfobia. Mezz’ora sulle barricate, la voce tonante dal fisico minuto, pelo e contropelo a quel capitalismo che ammazza le utopie, e lui pronto a coniugare i maestri hegeliani con il marxismo più autentico e – proprio oggi – più attuale e vitale che mai, se davvero si è in cerca di “un altro mondo possibile”.
Ma quell’Istituto non sarebbe mai potuto crescere e svilupparsi se a fianco di Marotta non ci fosse stato il suo eterno braccio destro: il filosofo ‘operaio’ Antonio Gargano, una vita lontano dalle luci di scena e dalle facili celebrazioni, la mente vulcanica e quella organizzativa, lo spirito guerriero e quello metodico. Complementari per dar anima e gambe alla loro creatura, un non senso immaginare l’Istituto senza l’uno o senza l’altro.
Fin dalla sua seconda edizione, avviata nella primavera 1984, la Voce ha collaborato con l’Istituto, organizzando iniziative e incontri nella prestigiosa sede di via Monte di Dio. E fin dal primo giorno abbiamo sempre osservato con ammirazione lo spirito da autentico missionario della cultura di Antonio Gargano, sempre al fianco dell’avvocato Marotta, anche nelle bufere più dure.
Se quarant’anni vi sembran pochi…
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