Matteo Renzi pronto pronto a dissotterrare l’ascia di guerra per tornare alla ribalta oppure cotto e stracotto dopo la debacle referendaria? Più la seconda che la prima, secondo i media che gli hanno in un baleno voltato le spalle fino all’altro ieri deferenti. “Nessuno parla più di Renzi, nessuno ci parla più di Renzi. Scomparso, cancellato, del tutto dimenticato”, è la fresca situazione, secondo il mainstream. “Matteo ci sta portando a sbattere”, lo strillava mesi fa il berlusconiano Renato Brunetta, lo scrive oggi l’Espresso raccogliendo gli umori in casa Pd, “non i nemici della minoranza – viene precisato – ma anche i renziani più affezionati al Capo”.
Per non parlare di Unione europea, dove il suo nome è ormai una bestemmia. Dettaglia Affari Italiani: “non c’è più feeling tra l’Europa e Renzi. Da tempo non è più nelle grazie dei poteri forti europei e sono sempre più insistenti le voci di un ‘invito’ più o meno formale a Paolo Gentiloni a staccarsi da una politica filo-renziana. L’Europa chiede a Gentiloni di dare forti segni di discontinuità e a far comprendere a Renzi che per le prossime politiche sarebbe meglio che passasse la mano”.
E viene citata una autorevole, ma ovviamente anonima, fonte europea che precisa: “L’Europa si à messa di traverso contro l’Italia per via di Renzi. Per normalizzare i rapporti con noi, vogliono che esca definitivamente di scena e stanno aspettando che lasci anche l’incarico di segretario del Pd. Fintantochè Renzi non uscirà di scena l’Europa continuerà a stritolare l’Italia. E non è un caso – viene aggiunto – che a differenza degli altri ex premier come Monti e Letta, Renzi non abbia ricevuto alcun incarico, alcun ruolo di prestigio in uno dei tanti autorevoli e prestigiosi consessi europei. Eppure a Matteo sarebbe piaciuto e sarebbe stato ben disponibile”.
Uno scenario fino a qualche mese fa imprevedibile, con un Renzi scatenato sul fronte del SI per rottamare la Costituzione proprio come caldeggiavano i poteri forti, a cominciare dal colosso finanziario statunitense Jp Morgan ai vertici Ue, tutti prodighi di endorsement filo Matteo. Poi il crac del 4 dicembre e il premier sepolto sotto la valanga popolare del 60 per cento.
Un anno fa, però, si erano registrate le prime scosse, le avvisaglie iniziali. Praticamente silenziate dai media. Ecco una mosca bianca, Angela Mauro, che così scriveva poco più di un anno fa, il 19 gennaio 2016, per Huffington Post, all’indomani dell’invio del viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda sul bollente fronte Ue in sostituzione dell’ambasciatore italiano a Bruxelles Stefano Sannino e in concomitanza con il nascente caso Monte dei Paschi: “Il clima è pesante. Tanto che fra i renziani cominciano a circolare dei timori inconfessabili. ‘E’ come se volessero far fare al mercato quello che non riescono a fare con la politica: stritolare il governo Renzi, metterlo alle strette’. La frase circola tra i seguaci del premier, da Roma a Bruxelles”.
Continuava Mauro: “Renzi ora teme il complotto europeo in collaborazione con aree non renziane italiane, aree che contano. Tra i suoi parlamentari già circolano voci al momento incontrollate. E cioè se con l’Ue dovesse andar male, se la procedura di infrazione sui conti viene evitata per il rotto della cuffia quest’anno ma viene minacciata per l’anno prossimo, Renzi potrebbe accarezzare la possibilità di andare al voto anticipato nel 2017: ricorrere al voto popolare, farsi eleggere per legittimarsi e rafforzarsi anche nella sfida con la Ue. Ma queste sono fantasie, per ora”.
E ora Renzi preme per il voto subito.
Intanto sta correggendo le bozze della sua fresca fatica letteraria, pronta per Feltrinelli, nuovo editore dell’ex premier dopo Rizzoli (“Fuori!” e il mitico “Stil Novo. La rivoluzione della bellezza tra Dante e Twitter”) e Mondadori (il profetico “Oltre la rottamazione”).
“Meno male” il titolo del neo parto. Manca solo il seguito, “che Matteo c’è”. O c’era.
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