Ci sono concrete speranze che, dopo quasi un quarto di secolo dalla tragedia, possa alzarsi il sipario su quell’11 settembre che ha segnato il corso della storia, non solo americana.
Le recentissime affermazioni di un ex membro, per oltre vent’anni, del Congresso Usa, Curt Weldon, ai microfoni dell’anchorman a stelle e strisce Tucker Carlson, infatti, potrebbero intaccare quel Muro di Gomma – sapientemente eretto e poi diretto dal ‘Deep State’ – che ha impedito fino ad oggi di raggiungere la verità. Anche se molti hanno cercato di denunciarla, di raccontarla, di scriverla. Come, per fare un paio di esempi di casa nostra, Giulietto Chiesa (autore del profetico ‘Zero. Perché la versione ufficiale sull’11 settembre è un falso’; e Ferdinando Imposimato (come vedremo dopo), due grandi amici e per tanti anni colonne della ‘Voce’.
Partiamo dal fresco scoop, che potrebbe muovere le acque fino ad ogni del tutto stagnanti, sulla tragedia delle Twin Towers che l’11 settembre 2001 causò oltre 3000 morti e diede origine alle vendette Usa contro l’Iran di Saddam Hussein e certo non solo, cambiando appunto il corso del destino.
Potrebbe muovere le acque perché, nella sua lunga intervista, Weldon invita il neo ri-Capo della Casa Bianca, Donald Trump, ad istituire un ‘Commissione presidenziale indipendente d’inchiesta’ sull’11 settembre, in grado di declassificare, e quindi rendere finalmente pubbliche, tutte le carte & i documenti bollenti sulla tragedia, le coperture, i depistaggi; e di poter far testimoniare, una buona volta, le decine e decine di persone che sapevano molte cose ma che fino ad oggi sono state ‘costrette’ a tacere, mai sentite, spesso delegittimate. Sono tante, non solo tra i familiari delle vittime, ma anche tra gli esperti, gli ingegneri, gli architetti, gli avvocati e via di questo passo capaci di raccontare e denunciare fatti di grossa rilevanza e fino ad oggi mai ascoltati.
Eccoci, quindi, a quanto ha appena affermato con forza, solo poche ore fa, nel corso del seguitissimo ‘The Tucker Carlson Show’, l’ex congressista Usa Curt Weldon.
PAROLE CHOC
Prima di ascoltarle, rammentiamo cosa disse, solo 2 giorni dopo la tragedia, proprio l’allora imprenditore immobiliare Trump – che oggi deve valutare la richiesta di dar vita ad una nuova Commissione d’inchiesta – nel corso di un’intervista telefonica rilasciata ad un’emettente di New York, Wukor-TV, il 13 settembre 2001: “Ho difficoltà a credere che un aereo, anche un 767, possa passare attraverso l’acciaio strutturale di quel livello. Qualcos’altro deve essere successo”. E aggiunse, in modo significativo, che “l’Edificio 7 sembra demolito in modo molto professionale”.
Partiamo quindi proprio dai ‘dati tecnici’, ‘strutturali’, menzionati da Weldon, che è stato anche un grosso esperto in materia di incendi, avendo lavorato da giovane come vigile del fuoco.
Ecco una serie di interrogativi che si pone e pone: “Perché l’Edificio 7 del World Trade Center di 47 piani, senza aver subito alcun impatto aereo, è crollato in modo perfettamente simmetrico? Perché le prove di esplosivo sono scomparse? Perché non sono stati effettuati i test ad hoc, ad esempio a base di termite? Perché i vigili del fuoco che hanno perfettamente udito le esplosioni non hanno potuto mai testimoniare?”.
Un vero fuoco di fila che si completa con una lapidaria affermazione: “E’ fisicamente impossibile che tutto ciò sia successo senza l’aiuto materiale di un esplosivo. Chiunque affermi il contrario mente o ha paura”.
E non ha mai avuto paura delle verità, pur terribilmente scomode e bollenti, Weldon, anche dopo le prime, deflagranti affermazioni e la pubblicazione di un libro-choc che gli hanno presto troncato la carriera politica.
Come antipasto, tanto per far intendere, il ‘Dipartimento della Giustizia’ a stelle e strisce inviò in tempo reale un team dell’FBI a casa della figlia, Non trovarono niente, of course, ma fu un ottimo e abbondante mezzo per delegittimare il padre agli occhi dell’opinione pubblica: tipico american Service style.
Ma quale era il cuore del suo ultra-documentato j’accuse?
In sostanza, Weldon era arrivato alla conclusione che il rapporto della ‘Commissione sull’11 settembre’ diretta da Philip Zelikov, era tutta una clamorosa ‘FARSA’, una letterale ‘COPERTURA AL 100 PER CENTO”, un Depistaggio che più agghiacciante non si può. Ma anche non poco evidente, verificabile appena si abbia voglia di scoprire e guardare la verità dei fatti.
Veniamo al cuore del gigantesco affaire che ha segnato la storia del mondo.
Nell’intervista con Tucker Carlson e ancor prima del libro j’accuse ‘Countdown the Terror’, uscito addirittura vent’anni fa, ‘oscurato’ dal mainstream, Weldon parla (e scrive) in modo dettagliato di un maxi progetto, ‘ABLE DANGER’, ossia un programma militare condotto dalla ‘United State Special Operations Command’ (controllato dal Dipartimento della Difesa) e dalla ‘Defence Intelligence Agency’ (DIA), su richiesta degli Stati Maggiori Riuniti, allo scopo di raccogliere più informazioni possibili (e sensibili) sulle organizzazioni terroristiche e sui loro adepti.
Ebbene, dopo mesi e mesi di lavoro, il super team di Able Danger riesce a scovare e identificare un gruppo di Al-Qaeda ormai radicato negli Usa, per la precisione a New York, Brooklyn. E’ composto da un poker d’assi e affiliati della super-formazione: si tratta di Mohamed Atta, Marwan al-Shehhi, Khalid al-Mihddar e Nawaf al Ataznie.
Cosa succede? La trasmissione di informazioni vitali raccolte dal ‘Able Danger’ non arriva al terminale giusto, ossia l’FBI. Per quale intoppo? Per il ‘niet’ opposto dalla CIA, che vuol condurre le operazioni ‘a modo suo’, e soprattutto dal sempre ineffabile Dipartimento della Giustizia: che per ben tre volte 3 oppone il suo netto rifiuto alla ‘trasmissione di queste informazioni sensibili’.
E sapete per quale incredibile motivo? Perché Mohamed Atta è un gradito ospite negli Stati Uniti, e gode addirittura di una special ‘Green Card’ (già all’epoca, 2001!). Perciò le sempre eruttanti Menti di CIA & Dipartimento ritengono che il Congresso non potrà mai lasciar passare un qualsivoglia provvedimento restrittivo della libertà di un cittadino, pur straniero, in possesso della taumaturgica ‘Green Card’, un lasciapassare in piena regola. Tutto OK…
DA UN J’ACCUSE ALL’ALTRO
Passiamo ad un altro personaggio chiave che Weldon ricorda a più riprese nella sua dirompente intervista. Si tratta di un militare di alto rango cha ha fatto parte del dream team griffato ‘Able Danger’ fin dal 1999. Un militare ‘atipico’, che non è stato alle regole imposte dall’alto, dal ‘Deep State’, ma che ha avuto – come Weldon – il coraggio di denunciare le magagne, anche a costo di non far più carriera. Anzi di essere perseguito e perseguitato come un appestato.
Ecco a voi Tony Shaffer. Anche lui ha capito in poco tempo le luride connection messe in campo per depistare sul tragico giallo delle Torri Gemelle. Denunciò l’insabbiamento di tutte le indagini condotte da Able Danger, e lo mise anche messo nero su bianco in un altro poderoso j’accuse, scritto a quattro mani con la ricercatrice Jacqueline Salmon, ‘Operation Dark Heart’ sulla sua esperienza militare in Afghanistan.
Fatto sta che quel libro-bomba non doveva uscire, nessuno poteva leggerlo: proprio per questo si attivò il vertice del Dipartimento della Difesa che rastrellò le 10 mila copie della prima edizione e le distrusse. E la seconda edizione – dopo la lectio magistralis – uscirà super censurata, amputata e revisionata in ben 250 pagine su 250: da guinness dei primati, per i tanto liberi, democratici e tutori dell’informazione, gli Usa of course!
Non è finita qui. Perché dopo poco il fine-carriera, per la mela marcia Shaffie, viene decretato dalla altrettanto tentacolare Defence Intelligence Agency: che destituisce da ogni incarico minimamente operativo il povero Shaffie e lo spedisce a marcire, come un topo di biblioteca, in un anonimo ‘London Center for Policy Research’. Avete capito la musica che suona per chi ha osato accendere i riflettori sull’11 settembre e, soprattutto, su quel verminaio che si è generato per coprire tutte le dirty connections?
Chi tocca i fili muore, si diceva un tempo: così è stato e continua ad essere.
Per ulteriori dettagli sulla vergognosa story tutta all’americana, e soprattutto sui recenti sviluppi del tutto ignorati dai nostri media, ormai sempre più omologati, cloroformizzati e genuflessi davanti al potere (in questo caso il Deep State), vi proponiamo il pezzo messo in rete dall’unico sito che ha avuto il coraggio, fino ad oggi, di scriverne, ‘NoGeoingegneria’ che il 17 aprile mette in rete Più grande del Watergate – L’ex membro del Congresso Weldon rompe il silenzio sull11 settembre e il Deep State
QUEL J’ACCUSE A FIRMA IMPOSIMATO
Veniamo alle cose denunciate e pubblicate dalla ‘Voce’ da quello spartiacque rappresentato dall’11 settembre.
Partiamo da una incredibile story raccontata per filo e per segno dalla Voce a inizio anni 2000. Quel mitico incontro nella fattoria dei Bush con alcune guest stars. Tra gli invitati eccellenti per quel lunch e per una partitella di tennis, lo sport più amato a casa Bush, c’erano la racchetta d’oro dell’epoca, Bjorn Borg, e la sua compagna d’allora, la nostra Loredana Bertè. Ma anche un altro vip, appena in rampa di lancio: Osama bin Laden, avete letto bene, la primula rossa del terrorismo internazionale. Il quale fra parentesi – come racconta Weldon – riparò per un bel periodo in Iran e non in Afghanistan. Quel mitico lunch venne raccontato alla Voce – in un’intervista esclusiva – dall’allora avvocato della cantante, Carlo Taormina. Ecco il link ‘Voce’ del 10 settembre 2023, “
11 SETTEMBRE / PERCHE’ GIULIANO AMATO “NON RICORDA” LE RESPONSABILITA’ USA & I LEGAMI BUSH-BIN LADEN?
Eccoci al secondo atto. Proprio a base di Mohamed Atta. Perché una quindicina d’anni fa la Voce collaborò con il grande Ferdinando Imposimato alla traduzione di non pochi documenti che gli sarebbero serviti per elaborare un ponderoso rapporto che gli aveva commissionato la ‘Corte Internazionale dell’Aja per i crimini contro l’umanità’. Ne scaturì un lavoro eccezionale, che ruotava soprattutto sulle collusioni, le coperture, i depistaggi organizzati dai vertici politici, militari e dei Servizi Usa sull’11 settembre: e al centro delle trame proprio lui, il capo commando Mohamed Atta. La Voce pubblicò, allora. uno dei reportage di maggiore impatto e, per noi, di grande significato storico-documentativo, nonché per la forza del j’accuse lanciato da Imposimato. Ecco il link di un pezzo ‘Voce’ del 7 agosto 2018:
TORRI GEMELLE / BIN LADEN E MOHAMED ATTA UNITI NELLA LOTTA PER LA CIA
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