GLI UOMINI DI TRUMP E IL CASO MANGIONE

Chi non ricorda il caso di Luigi Mangione? Il giovane americano di origine italiana che ha sparato a Brian Thompson, uno dei manager della più importante compagnia di assicurazioni sanitarie americana che fu ucciso, tra la gente, con un colpo di revolver per protesta contro le speculazioni della sanità privata. In questi giorni è iniziato il processo ed è intervenuta sul caso anche la segretaria alla Giustizia Pam Bondi, che ha chiesto pubblicamente ai giudici una condanna esemplare al massimo della pena.

“L’uccisione di Brian Thompson, – ha dichiarato alla stampa la segretaria alla Giustizia di Trump – un innocente padre di due figli, è stato un assassinio premeditato e perseguito a sangue freddo, che ha scioccato tutta l’America. Ho chiesto esplicitamente ai giudici di comminare la pena di morte in questo caso … portando avanti l’agenda del presidente Trump che punta a fermare proprio questo tipo di crimini violenti”.

Ha poi aggiunto la solerte ministra (negli USA segretaria) della Giustizia “…  ho chiesto la pena di morte anche per portare avanti la politica di Trump … che punta a fermare questi crimini violenti”.Naturalmente non una parola sulle assurde condotte vessatorie praticate dalle assicurazioni sanitarie, né tantomeno sull’annosa e mai risolta questione dei mancati rimborsi sanitari che, troppo spesso, lasciano nella disperazione più profonda a causa dei debiti in cui sprofondano le famiglie americane.

Il manager Thompson, lo ricordiamo, era l’amministratore delegato (CEO) della United Healthcare, la più nota compagnia di assicurazioni sanitarie e nessun accenno ai tanti torti ricevuti da Mangione. La rappresentante del governo trumpiano, considerando che nello Stato in cui si tiene il processo non è prevista la pena di morte, ha voluto aggiungere l’aggravante di terrorismo, in quanto reato federale, che può consentire la condanna alla pena capitale. Pena capitale che, nello Stato di New York, è stata abolita già nel 2004. Tutto questo perché a ridosso di Natale, quando è comparso in aula per l’incriminazione, Mangione si è dichiarato non colpevole.

Arrestato in Pennsylvania è stato estradato nello Stato di New York e ora affronta ben cinque capi di imputazione. In un “manifesto-denuncia” di due pagine e mezza, che gli era stato trovato addosso al momento dell’arresto, Mangione aveva citato esplicitamente la United Healthcare, riportando dati sulle dimensioni della compagnia e su quanto denaro questa assicurazione periodicamente incassa. Poi ha criticato apertamente anche le altre compagnie sanitarie per i grandi profitti che nel tempo hanno fatto, e che continuano a fare speculando sulla salute dei cittadini assicurati. Secondo gli investigatori, Mangione avrebbe preso di mira il dirigente del colosso delle assicurazioni perché era stato ingiustamente trattato un suo familiare quando si era gravemente ammalato e, a quel punto gli erano stati negati gli esosi rimborsi riferiti a costose cure già sostenute.

Ma il governo Trump ha deciso che non bisognava andare oltre. La sua rappresentante al governo ha, per questo motivo, chiesto la pena di morte per Mangione. Una “decisione barbara”, hanno sostenuto con forza gli avvocati e i media che hanno appoggiato la battaglia di Mangione contro gli abusi delle compagnie assicurative. È solo per questo motivo che la procuratrice generale di Trump, Pam Bondi, ha formalizzato l’anomala richiesta di comminare la pena capitale al ventiseienne accusato dell’assassinio del manager del gruppo assicurativo; e ciò al di là delle stesse norme in vigore nello Stato di New York, che da tempo non prevedono più la pena di morte.

“Brian Thompson, era un brav’uomo e un padre affettuoso di due bambini piccoli, è stato un assassinio premeditato e compiuto a sangue freddo che ha scioccato l’America”. Sono state le motivazioni che la procuratrice generale degli Stati Uniti (in pratica la numero uno del Dipartimento della Giustizia statunitense) ha formalizzato ai giudici a sostegno della sua richiesta di una condanna esemplare.

Luigi Mangione, 26 anni, di Baltimora, di origini italiane, è stato accusato dell’omicidio del manager.

“… è per lo stesso motivo che, dopo aver riflettuto a lungo – ha continuato la responsabile della sanità–  ho i invitato i procuratori federali a chiedere la pena di morte”, e lo ha detto freddamente e senza ombra di dubbio la solerte procuratrice a capo della Giustizia nazionale. Ha poi aggiunto anche, in modo illuminante, che questo tipo di azione era anche perfettamente in linea con l’agenda del presidente Trump del “Make America Safe Again” che punta a reprimere i crimini violenti e a rendere gli Stati Uniti “sicuri di nuovo”. Il delitto commesso da Mangione è stato ridefinito “un atto di violenza politica che avrebbe potuto mettere a rischio la vita di molte altre persone”.  

Mangione si era più volte dichiarato innocente dalle accuse rivoltegli al processo, non solo di un omicidio volontario di primo grado, ma anche dell’aggravante di terrorismo e di altri undici i capi di imputazione mossi nei suoi confronti. Tra questi, compaiono i reati di “possesso illecito di armi” e quello non ben definito di “falsificazione di documenti”. Attualmente Mangione è detenuto in una prigione federale di New York in attesa dell’inizio del processo.

“Una decisione barbara”. Ha commentato anche Karen Friedman Agnifilo, legale del giovane accusato dell’omicidio. Le “indicazioni” date ai procuratori federali per richiedere la pena capitale sono state chiaramente dettate da una precisa “scelta politica”. Sostanzialmente si attacca la difesa di Mangione, perché “il governo intende difendere e salvare da ogni responsabilità l’industria sanitaria corrotta, immorale e assassina”.

Intanto, come abbiamo già detto, si evita di aggiungere cenno degli abusi o delle responsabilità delle compagnie di assicurazioni sanitarie, sia per la mancata assistenza che per le “morti evitabili” causate da un sistema di assistenza così com’è cinicamente concepito.

 


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