BIG TECH / I COLOSSALI DANNI GRIFFATI META-FACEBOOK

Continua a far danni colossali ai cittadini di mezzo mondo una delle regine di Big Tech, META, proprietaria di un killer seriale a livello digitale, FACEBOOK. Che spesso e volentieri la fa franca, respingendo le montagne di denunce per via della sua sede legale in Irlanda. Per cui tanti utenti e cittadini che non hanno la possibilità di contare su un avvocato a Dublino ‘si fottono’, come si suol dire in stile british.

E come è capitato anche alla nostra ‘Voce’, letteralmente massacrata dalla star statunitense, che lo scorso anno ne ha cancellato in un sol colpo e senza alcun motivo le numerose pagine con migliaia di follower (ve lo spieghiamo con i link alla fine del pezzo).

Ma ora si apre qualche spiraglio da non poco: perché la Alta Corte di Nairobi, la capitale del Kenya, dopo averci riflettuto per quasi due anni, ha superato l’impasse della ‘competenza territoriale’ e dichiarato che META-FACEBOOK può essere processata in Kenya per i grossi danni causati dalle sue ‘azioni’ nel corso di uno dei conflitti più sanguinari del mondo, quello che nel 2022 ha fatto oltre 100.000 mila vittime nel Tigrai. Da non credere.

MASSACRI DIGITALI

Veniamo alle news, per poi passare in rapida carrellata altri giganteschi danni made in Facebook.

Nel 2023 un gruppo di ricercatori universitari etiopi e di attivisti keniani per il rispetto dei diritti umani hanno deciso di intentare una causa contro Meta, in quanto proprietaria di Facebook, per aver nei fatti contribuito, con le sue manovre di informazione e disinformazione, a fomentare la campagna d’odio e di violenza che ha alimentato la guerra civile etnica in Etiopia.

L’Alta Corte del Kenya

Secondo la documentata denuncia, l’algoritmo di ‘raccomandazione’ di Facebook ha amplificato a dismisura i post violenti e contribuito ad alzare di molto il livello del conflitto durato oltre due anni nella regione settentrionale del Tigrè in Etiopia e terminato a novembre 2022. Addirittura, via Facebook, sono passati in rete gli indirizzi di attivisti e militanti, con espliciti inviti alla loro eliminazione fisica: circostanza poi in molti casi avvenuta.

Come è successo, per dire solo di un caso, al docente di chimica Amare Meareg. Il figlio, Abraham, è uno dei firmatari della denuncia.

Così come l’ha sottoscritta una giornalista ed ex ricercatrice di ‘Amnesty International’, Fisseha Tokle, la quale ha pubblicato alcuni reportage sul conflitto e ha ricevuto minacce di morte sulla piattaforma di Meta.

Tra i querelanti anche il ‘Katiba Institute’, un’organizzazione legale senza scopi di lucro e ugualmente destinataria di minacce di morte e pesanti intimidazioni.

I denunciati hanno chiesto all’Alta Corte di Nairobi non solo che venga d’ora in poi monitorata l’attività di Facebookper evitare che siano reiterati crimini del genere, ma si istituisca un fondo da almeno 2,4 milioni di dollari per risarcire le vittime (o i loro familiari) di quanto è successo durante il terribile conflitto etnico nel Tigrè: al quale ha offerto il suo ‘generoso’ contributo – lo scopriamo adesso – il colosso di Big Tech, Meta, attraverso il braccio operativo (e criminale) Facebook.

Ai confini della realtà, ma ben dentro i confini di un mondo digitale sempre più ‘dentro’ le guerre, come abbiamo visto anche nel pezzo di ieri sul fronte israeliano.

Guerra civile in Etiopia

L’Alta Corte di Nairobi, a quasi 2 anni dalla presentazione della denuncia, l’ha ammessa, superando quindi l’impasse della competenza territoriale, strumentalmente – come al solito – accampata da Meta per difendere la sua ‘creatura’ Facebook. E, quindi, a breve potrà iniziare il processo che rischia di costare quasi 2 miliardi di dollari e mezzo alla star digitale: una bazzecola certo per i suoi stratosferici conti correnti. Ma un forte segnale per il presente e il futuro: chi è vittima del ‘mostro’ lo può denunciare, senza più temere (o temendo di meno) quel primo, pareva insormontabile scoglio della ‘competenza territoriale’.

Commenta la direttrice del Katiba Institute, Nora Mbagathi: “Questa prima sentenza dimostra che l’impatto dannoso delle politiche discriminatorie attivate dalle grandi aziende tecnologiche nel contesto africano, può essere legittimamente contestato nei nostri tribunali”. E non è roba da poco, vista l’aria che tirava prima.

Comunque, già due anni fa proprio Amnesty International aveva accusato in mondo molto pesante Facebook per la sua campagna d’Etiopia, diffondendo e/o amplificando in rete messaggi di odio e di violenza.

ALGORITMI KILLER

Quanto a ‘cifre’ in ballo, comunque, il top è stato raggiunto dal tandem Meta-Facebook con un’altra forsennata campagna di incitamento all’odio e alla violenza, una delle specialità preferite della casa, di tutta evidenza: stiamo parlando di ben 150 miliardi di dollari per il sempre martoriato Myanmar, oggi tornato alla ribalta delle cronache internazionali per il devastante terremoto.  Ebbene: al genocidio dei Rohingia di anni fa – secondo la denuncia presentata nel 2021 da alcune associazioni che chiedono quel risarcimento per le vittime e i loro familiari – contribuì non poco anche l’azione ‘informativa’ (sic) della piattaforma a stelle e strisce, come è successo nel copione etiope. Uno ‘schema’, una ‘tecnica’, una ‘prassi’ quindi consolidata nel tempo e sempre più affinata, a favore dei ‘signori’ della guerra.

Davvero in perfetto stile amerikano!

Da una nazione all’altra eccoci in Cambogia, dove è andato in scena un altro ‘spartito’ orchestrato dal solito tandem: stavolta per condizionare l’esito delle elezioni presidenziali. Uno dei due candidati ha smaccatamente accusato il rivale di aver usato la compiacente piattaforma Usa per manovrare i consensi…

Ma torniamo al vil denaro. Ed in particolare alle ultime condanne cumulate dai ‘digital serial killer’.

La sede del Consiglio d’Europa

La più fresca è quella inflitta solo pochi mesi fa, a fine 2024, dalla solitamente dormiente Commissione UE, che lascia passare di tutto e di più. Stavolta, però, la story era così clamorosa da non poter filare via come se niente fosse. Da qui la condanna a quasi 800 milioni di euro (797 per la precisione) a carico di Meta per “pratiche abusive a vantaggio di Facebook-Marketplace”. In sostanza, sono state palesemente violate le norme antitrust europee, collegando “il servizio di annunci classificati online, Facebook-Marketplace, con il suo network personale, Facebook” e “imponendo condizioni di transazioni non eque ad altri operatori di servizi di annunci online”.

Un anno prima, nel 2023, l’Autorità irlandese per la protezione dei dati personali (visto che la sede legale, appunto, è a Dublino) aveva appioppato a mamma Meta una sanzione più pesante, pari ad 1,2 miliardi di euro. Semplice il capo di accusa: aver spostato dati personali di milioni di utenti dall’Unione Europea agli Stati Uniti. Avrebbe titolato Woody Allen: “Prendi i dati e scappa”.

Non è finita qui.

Perché mesi fa un foltissimo gruppo di utenti e cittadini (quasi 5 mila) sparsi in mezza Europa (soprattutto spagnoli, tedeschi e norvegesi) hanno organizzato una formazione battezzata ‘EKO’ e promosso una class action contro il tandem per la “violazione delle norme sulla protezione dei dati dei consumatori europei”: ossia per aver usato i loro dati personali a fini di marketing spinto. Sono riusciti a rivolgersi al tribunale di Dublino: fino ad oggi nessuna risposta. Staremo a vedere.

Ciliegina sulla torta.

Volodymyr Zelensky

Il ‘leader’ che nutre la più incondizionata simpatia per Facebook e mamma Meta è Il presidente-fantoccio ucraino Volodymyr Zelensky, che non ha mai mancato occasione per ringraziare i vertici della piattaforma per “il prezioso aiuto fornito nello spazio informatico”. Ed anche per il sostegno, nel primo anno del conflitto, alle mirabolanti imprese del Battaglione Azov, di marcata ispirazione nazista.

Capito…

Dimenticavamo di rammentarvi alcuni tra i principali azionisti ufficiali del colosso Meta, guidato ovviamente dal Super Paperone (e, of course, super socio) Marck Zuckerberg. Come al solito, in pole position i fondi speculativi d’investimento che ormai dettano legge su finanza ed economie di mezzo mondo; ed attraverso cui si lava (leggi ricicla) di tutto e di più, nel modo più legale possibile. Praticamente appaiati, nella compagine societaria, i due colossi nel mondo hedge, Vanguard (con 8,7 per cento delle quote) e BlackRock (7,5 per cento). Seguono poi FMR (6,2), State Street Corporation (4), JP Morgan Chase (2,4), Geode Capital Management (2,3). Cin cin.

Ecco un paio di link su quanto ci è successo.

Messo in rete il 29 settembre 2024 “

MARK ZUCKERBERG / CENSURE A GO GO VIA FACEBOOK-META

E del 19 agosto 2024

FACEBOOK / DOPO LA GHIGLIOTTINA DI MAGGIO, IN UN MESE CENSURA 3 ARTICOLI DELLA ‘VOCE’


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