Stadio Maradona, in campo il derelitto Milan inutilmente ricco di calciatori con la “C” maiuscola. Al suo capezzale di malato per nulla immaginario lo stimato mister Conceicao. Per venti minuti i rossoneri hanno vagato svogliatamente nei centoventi metri dell’ex San Paolo con la postura psicofisica dei depressi per caratura nettamente inferiore all’avversario e con l’unico intento di schivare il colpo del ko. Pacchia finita per il Napoli (impertinente ironia di “Yo soy Giorgia” presto tornata al mittente, al governo del nulla) dai minuti venti-venticinque del primo tempo, quando gli azzurri, ritenendosi appagati dal doppio vantaggio (gol di Politano e il 400esimo in carriera di Lukaku) hanno immaginato di poter vivere di rendita, rintanati in un bunker difensivo da catenaccio reso celebre a suo tempo dal mitico Herrera. Remi in barca, con l’aggravante di sciatterie, della maggior parte di passaggi e rilanci imprecisi. Da chi ha consolidata frequenza con il calcio ed è esente da eccessi di tifoseria, sopravviene il timore che l’atteggiamento degli azzurri non sia un attore estemporaneo, ma foriero di pericoli per l’esito finale del match.
Questa analisi alimenta il sospetto che si assista a due partite diverse. Il secondo tempo del Napoli molto somiglia all’inferiorità tecnico-fisica del pugile ‘virtuale’ citato nell’incipit di questa nota. Al Milan squinternato dei primi venti minuti non par vero: mette in campo maggiore vigore atletico, resistenza alla fatica, nonostante l’handicap delle energie di recente impiegate negli impegni extra campionato. Inevitabile conseguenza è l’illusione di Conte e degli azzurri di cavarsela con la difesa a oltranza del 2 a 0. Arrivano il gol di Jovic dell’uno a due e il rigore per il fallo in area di Billing, ancora spaesato, appena entrato in campo al posto dell’acciaccato Anguissa. Erroraccio di Gimenez dal dischetto, tiro debole, ‘pacchia’ per Meret. Il Napoli, solo grazie a questa cavolata, resiste a denti stretti all’assedio milanista, fino all’ultimo secondo dell’over time e chiude o la sfida con una vittoria più che sofferta.
CHISSA’ CHE PARTITA HANNO VISTO i recensori di quotidiani anticipati da titoli tipo “Il Napoli non molla” “Napoli che vittoria al Maradona”, “Forza e passione” “Ok la cura Conte”, “La squadra soffre ancora troppo nel finale”. Nel finale? Ha sofferto per tre quarti della partita. Insomma, due modi di raccontare il calcio, con occhi da “Forza Napoli sempre” o da giudici imparziali. Stenta il Napoli, ma stenta anche l’Inter. Allora, ma sì, puntare sullo scudetto number four: “La speranza non costa niente (Vianello) e “Finché la barca va… lasciala andare…(Berti).
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