TRUMP: IL BEL PAESE? È UN ‘PARASSITA’

TRUMP: IL BEL PAESE? È UN ‘PARASSITA’, OVVERO (DA DIZIONARIO) “SCROCCONE SFRONTATO… INVITATO AD ALLIETARE I COMMENSALI CON BUFFONERIE”

Come rette parallele e con i dovuti distinguo che le fanno divergere (Usa ciclopico, Italia lillipuziana), il turpe number one americano e la signorina presidentessa del Bel Paese (bello prima del governo del nulla in carica) sono capocomici di una compagnia di attori raccattati nel deficitario ambito dei rispettivi entourage. Dilettanti allo sbaraglio, assetati di potere, rozzi praticanti dell’insulto in difetto credibilità politica recitano interi rosario di gaffe, corbellerie, menzogne, clamorosi errori e patetici tentativi di rimediare innestando la retromarcia. Il ‘caso italiano’ non merita più di qualche riferimento anagrafico: bastano i nomi per liquidare la ridicola inconsistenza di La Russa, Salvini, Lollobrigida, Nordio, Valditara, e gli scivoloni clamorosi, in linea con le asinerie della loro tutrice.

Più articolato è lo stato di accusa di Trump e della band di suonatori stonati che eseguono quanto impone lo spartito di un fantoccio spedito alla Casa Bianca dalla quota di americani razzisti, suprematisti, politicamente più che imperfetti, che affidano al pregiudicato tycoon la sopravvivenza di quanto della presunta democrazia non ha ancora azzerato. Il guitto yankee, che il circo Orfei ingaggerebbe per intrattenere piacevolmente il pubblico, è una fantastica mistura di tracotanza, comicità involontaria, demenza senile, inciampi di gaffeur seriale e contemporaneamente di pericoloso guerrafondaio, inetto economista, aggressivo espansionista, violento intemperante, inaffidabile interlocutore. La sua mente disarticolata trova una sponda nel tappetino-scendiletto della premier italiana che aspira all’ apparire spesso sulla scena internazionale e non si accorge di consegnarsi al ‘predatore’. Trump con la destra le cinge affettuosamente le spallucce e con la sinistra annota sull’agenda personale l’aggettivo ‘parassita’ diretto all’Europa. Fa di più, applaude al suo alter ego Vance per questa sua ‘gentile’ sentenza: “Odio dover salvare di nuovo l’Europa”. Gli va dietro il segretario della Difesa Hegseth: “concordo con il tuo odio per il parassita europeo”. E il capo del pentagono in colloquio con Trump: “Condivido pienamente il tuo disgusto per un’Europa scroccona”.  Un governo, il nostro, appena consapevole dello sgarbo istituzionale firmerebbe di corsa un decreto per il rimpatrio dei 12militari degli States e la chiusura dei 120 centri che ospitano le forze armate americane in Italia.
La destra americana esulta, plaude alle becere esternazioni anti europee di Whashington, “Yo soy Giorgia” continua a coltivare l’illusione di essere esclusa dallo scippo che Trump prepara con l’imposizione dei dazi e svilisce per egocentrico opportunismo l’idea di una risposta collettiva ai soprusi del tycoon. Non una parola, come sempre, sull’incredibile invio al giornale ‘The Atlantic’   dei piani di guerra degli Stati Uniti, notizia pubblicizzata dal direttore Golberg che finisce nello ‘stritolanemici’ del tycoon: “…è un viscido, fa male agli Usa”. Ecco, il parallelismo: Meloni salva con aggiunta di ripetuti, amichevoli “ego te absolvo”, l’indifendibile Santanché e non solo lei, Trump elogia il consigliere per la Sicurezza Waltz (“è un brav’uomo”), il tizio che per un incredibile errore ha inviato il documento ‘esplosivo’ sulla guerra secondo gli Stati Uniti al direttore di The Atlantic.  Ovvero, “dio li fa (purtroppo) e poi li accoppia”.


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