Gli assassini di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono ancora a volto coperto dopo 31 anni dal duplice omicidio, sia mandanti che esecutori.
Una delle più gigantesche vergogne del nostro Stato tanto libero e democratico, uno dei buchi neri più colossali della ‘Giustizia’ (sic) di casa nostra, uno dei Depistaggi più luridi (fa il paio con la strage di via D’Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta) della nostra repubblica, ridotta ormai in macerie.
Ora, a 31 esatti da quella tragica mattina del 20 marzo a Mogadiscio, solo pochi e rituali commemorazioni, fredde note di ricordo, caso mai qualche nuova strada intitolata a due giornalisti che hanno immolato la loro vita per scoprire e denunciare verità scomode, indicibili, tali da far tremare i palazzi più alti. Proprio per questo ‘Dovevano Morire’, non potevano passarla liscia perché troppe teste, e di troppo peso politico e non solo, sarebbero saltate.
Una vera, autentica Tangentopoli, e non la messa in scena organizzata dalla CIA via Antonio Di Pietro & C.!!
Invece delle solite litanie, perché nessuno – in Memoria di Ilaria e Miran – riporta a galla la vera dirty story del loro assassinio e, soprattutto, del Depistaggio seguente? La Voce ha scritto e messo in rete, nel corso degli anni, decine e decine d’inchieste: basta andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare i nomi di ILARIA ALPI e MIRAN HROVATIN per ritrovarne e rileggerne a iosa.
Di seguito, perciò, partiamo dalla ‘coda’, ossia da quanto è successo e poi ‘non successo’ negli ultimi anni.
Ecco una succinta cronistoria.
Ottobre 2016 – La svolta di Perugia, con il processo che assolve il ‘mostro’ sbattuto in prima pagina e in galera per 16 anni da perfetto innocente, Hashi Omar Hassan. Un processo che avviene solo per merito di Chiara Cazzaniga, l’inviata di ‘Chi l’ha visto’ la quale riuscì a scovare a Londra il teste taroccato (da polizia e servizi), Alì Hamed Rage, alias ‘Gelle’, che – mai sentito in aula nel precedente processo – aveva testimoniato contro Hassan. Alla Cazzaniga svela la connection.
Febbraio 2017 – Roma riceve le carte processuali da Perugia e, per forza, deve aprire un nuovo fascicolo: per scoprire la verità sull’assassinio di Ilaria e Miran, alla luce delle grosse novità emerse a Perugia, e per capire il ‘giallo Gelle’.
Luglio 2017 – Passano appena 5 mesi e la procura capitolina ha già capito tutto: non è assolutamente possibile trovare esecutori e tantomeno mandanti del duplice omicidio; non basta, perché del Depistaggio non esiste alcuna prova. Provvedimento firmato dal pm Elisabetta Ceniccola e controfirmato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone.
Giugno 2018 – Il gip del tribunale romano, Andrea Fanelli, si oppone alla richiesta di archiviazione, decide di non mollare, elenca tutta una serie (una quindicina) di punti da chiarire e stabilisce in 180 giorni la durata delle indagini.
Febbraio 2019 – Per la seconda volta, il pm Ceniccola chiede l’archiviazione della pratica Alpi-Hrovatin. E, per la seconda volta, la sua richiesta viene pienamente avallata da Pignatone. L’ultimo firma, perché dopo qualche giorno il procuratore capo va in pensione: ma fa solo pochi passi, perché passa a presiedere il tribunale vaticano. Ceniccola e Pignatone motivano il secondo ‘niet’ sostenendo che i nuovi elementi acquisiti si sono “rivelati privi di consistenza”.
Marzo 2019 – I familiari superstiti delle famiglie Alpi-Hrovatin, la Federazione della Stampa, l’Ordine dei Giornalisti e l’Usigrai si oppongono alla nuova richiesta di archiviazione.
Aprile 2019 – Il gip Fanelli, per la seconda volta, non firma l’archiviazione. Anzi chiede altro tempo per nuove indagini e, tra l’altro, vuole l’acquisizione di tutti gli atti relativi all’omicidio di Maurizio Rostagno, ucciso dalla mafia nel 1988.
Da allora in poi cala il sipario. E da 5 anni è calata una fitta nebbia sul Palazzo di Giustizia romano: etichettato, nei decenni passati, come ‘il Porto delle Nebbie’: erano i tempi dell’ammazzasentenze Corrado Carnevale. Ne è passa d’acqua sotto i ponti del Tevere: ma a quanto pare ben poco è cambiato. Anzi, le acque sono sempre più torbide, la nebbia via via più fitta. E la Giustizia irrimediabilmente sepolta.
Per rendervi conto del nulla più totale che ormai regna sovrano sul ‘caso’ Alpi-Hrovatin, basta andare in rete, scrivere i loro nomi e cercare le ‘news’: tutto, incredibilmente, si ferma al 2019, un muro invalicabile. Da allora zero assoluto. Non si è mossa una foglia, neanche mezza.
Che fine ha fatto il ‘fascicolo’?
Che fine ha fatto l’ultima non-archiviazione di Fanelli, da cui sono passati – rammentiamolo – ben cinque anni 5?
Non resta che rivolgersi a ‘Chi l’ha visto’.
Per favore, Chiara Gazzaniga, concedi il bis…
Nell’invitarvi, come detto priva, a consultare la casella CERCA per trovare tante inchieste, vi proponiamo comunque l’ultima, messa in rete un anno fa, il 20 marzo 2024, “
ILARIA ALPI / UCCISA CON 30 PUGNALATE DALLA NOSTRA “GIUSTIZIA”
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