Il fortissimo sollevamento del suolo nell’area flegrea – quella occidentale di Napoli – è l’indicatore di gran lunga più allarmante nell’attuale fase sismica, contraddistinta da scosse di magnitudo sempre maggiore, come quelle del 14 marzo e delle ore seguenti.
Così come si era verificato esattamente un mese prima, il giorno di San Valentino.
Sollevamento di addirittura 3 centimetri nel giro d’un solo mese (14-2/14-3), rispetto ad 1 centimetro in quelli precedenti.
Roba da far drizzare i capelli.
E, guarda caso, le due date sono coincise con le ‘fasi lunari’, così come succederà il prossimo 30 marzo, con un’eclissi parziale, stavolta solare. Nelle settimane scorse la Voce ha fatto un preciso riferimento a quelle due date, ossia il 14 e il 30 marzo. Ecco il pezzo, messo in rete il 27 febbraio,
CAMPI FLEGREI / FA CAPOLINO IL VERO RISCHIO: I GAS LETALI
Un quadro scientificamente non poco complesso e articolato, e fino ad oggi parecchio sottovalutato dagli ‘scienziati’ ufficiali, dai tanti soloni il cui Verbo, spesso e volentieri, entra nelle aule accademiche o istituzionali: poi si sperde nel vento.
MOSCHE BIANCHE
Uno dei pochi in grado di ‘leggere’ dentro i fenomeni è il ‘dirigente-ricercatore’ dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Giuseppe De Natale, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano.
Ecco le sue fresche parole, in grado di far luce su non pochi aspetti controversi poco ‘conosciuti’ e soprattutto non-divulgati ai cittadini, ai quali viene negata una precisa ed esaustiva consapevolezza di quanto sta accadendo. Soprattutto affinché vengano adottate tutte le misure del caso: per quelle preventive è troppo tardi, sotto quindi con quelle ormai urgenti.
Afferma in modo netto De Natale, il quale parla a titolo personale e non a nome dell’INGV.
“Nel 2019 uno studio sul progressivo sollevamento del suolo aveva prefigurato lo scenario odierno. E io avevo avvertito il mio Istituto (INGV, ndr) che, perdurando il sollevamento, si sarebbero verificate scosse sempre più forti e frequenti. Anche di magnitudo 5”.
Circa la prevedibilità delle scosse, osserva: “Ad essere imprevedibili sono i terremoti tettonici, ad esempio quelli degli Appennini. Ma nei Campi Flegrei sono collegati al sollevamento del suolo. Aumentano all’aumentare del sollevamento ed anche in base alla velocità del sollevamento stesso. E sappiamo che dal 15 febbraio la velocità è triplicata”.
“Queste fasi possono durare decenni. Ai Campi Flegrei il sollevamento è cominciato più di 75 anni fa”.
Che fare? “In passato ho inviato alle autorità una proposta specifica. Adesso, a mio parere, occorrerebbe partire con evacuazioni mirate, almeno per il tempo necessario a verificare che gli edifici possano resistere anche a scosse di magnitudo 5. Andrebbero evacuate le aree a rischio: parlo di un raggio di 1-2 chilometri intorno alla zona della Solfatara, Agnano, Pisciarelli. Occorre agire con grande determinazione ed anche in tempi brevi”.
E conclude con amarezza: “Abbiamo perso almeno 6 anni in cui potevamo predisporre il territorio per affrontare una situazione del genere. Ora credo proprio sia arrivato il momento di muoversi rapidamente”.
Senza cincischiare e senza baloccarsi in discussioni para-scientifiche.
Ma vediamo, più in dettaglio, cosa veniva messo – nero su bianco – in quello studio 2019 di cui parla De Natale. Non profetico, ma rigorosamente ‘scientifico’.
‘O SOLE MIO
Si tratta di un ponderoso studio pubblicato sulla autorevole rivista scientifica ‘Nature’ e titolato “On the correlation between solar activity and large earthquake worldwide”, ossia “Sulla correlazione fra l’attività solare e i più grandi terremoti in tutto il mondo”.
La ricerca è stata condotta da un’equipe coordinata da due ricercatori italiani, Vito Marchitelli e proprio Giuseppe Di Natale, e si è basata su una approfondita analisi di dati raccolti dal satellite SOHO, acronimo di ‘Solar and Heliospheric Observatory’, promosso dalla statunitense NASA in collaborazione con l’europea ESA.
La finalità principale dello studio è stata quella di analizzare le più intense eruzioni solari del precedente ventennio e, soprattutto, la maggiore densità di protoni (ossia particelle ad alta energia) che investono la Terra; tutto ciò – spiegavano i ricercatori – in relazione a sismi di magnitudo superiore a 5,6 registrati nel database dell’‘International Sismology Center’ (ISC) nello stesso arco di tempo.
Chiariva Marchitelli: “Siamo partiti dallo studio dei dati elaborati da SOHO, in orbita stazionaria rispetto alla Terra e al Sole, a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Il satellite registra la densità e la velocità dei protoni che investono la Terra, parametri che sono frutto dell’intensità dell’attività solare. Il confronto tra le variazioni di questi dati e la sismicità su scala mondiale non sembra lasciare dubbi: la correlazione è evidente e mostra picchi di sismicità nell’arco di 24 ore dai picchi del flusso di protoni”.
Sottolinea De Natale: “L’osservazione di tale forte correlazione tra densità protonica e terremoti è di per sé una scoperta molto importante, perché consente di capire che c’è un fattore comune che influenza la sismicità su scala globale”.
Ecco come si articolano i complessi fenomeni: “Le scariche generate dall’eccesso di carica elettrica della ionosfera penetrerebbero nelle grandi faglie sismogenetiche, ossia le strutture geologiche che generano i terremoti, zone ad alta conducibilità elettrica. Ciò può generare scariche elettriche nei cristalli di quarzo, che abbondano nelle rocce, generando un impulso di dilatazione o contrazione del minerale, e quindi delle rocce intere, a seconda della polarità della corrente. Tale impulso di deformazione potrebbe destabilizzare faglie che sono già vicine al punto di rottura, e perciò produrre i terremoti”.
“Il nostro lavoro non mette certo in discussione il fenomeno principale che genera i terremoti, ossia la tettonica e il movimento delle zolle terrestri, ma il contributo indotto dall’attività solare può rappresentare il fattore di destabilizzazione per faglie già vicine al punto critico”.
Commenta il divulgatore scientifico Francesco Bignami su Focus: “In sostanza, l’arrivo di grandi flussi di protoni dal Sole produce scariche elettriche nelle grandi faglie. Dove l’elettricità si trasmette facilmente, e ciò agisce su alcuni minerali come il quarzo, il quale dilatandosi o comprimendosi può dare il via al movimento di una faglia già sottoposta ad una elevata tensione. Questo suggerisce che i grandi terremoti che si scatenano quasi in successione sono correlati all’attività del Sole”.
E aggiunge: “Insieme ad una migliore comprensione delle strutture della Terra, la scoperta di questa correlazione potrebbe portare più vicini alla capacità di stimare la possibilità di forti eventi sismici in aree più soggette rispetto ad altre”.
LA LUNA ROSSA
Dal sole alla luna il passo è breve.
Visto anche che siamo in piena fase di eclissi, non particolarmente riscontrabile da noi, ed invece ben visibile negli Stati Uniti, alle prese non solo con i terremotanti effetti del trumpismo, ma anche con la “luna rosso sangue” di queste ore. La prossima eclissi lunare si registrerà a settembre, prevista tra il 7 e l’8; mentre come detto quella solare (parziale) si verificherà il prossimo 30 marzo: con possibili e prevedibili effetti sismici annessi, nelle zone più a rischio, come quella flegrea.
Per completare il tour Terra-Sole-Luna, eccoci ad un altro illuminate studio, stavolta del 2016, ma anche e soprattutto oggi di estrema attualità. Lo ha condotto un team di ricercatori giapponesi, diretti da un grande esperto, Ide Satoshi, docente in vari dipartimenti dell‘Università di Tokyo, Department of Earth and Planetary Environmental Science, Department of Earth and Planetary Phisics, Department of Earth and Planetary Science. Pubblicato da ‘Nature Geoscience’, è stato ripreso proprio da Focus che ha così titolato un suo reportage, ‘Grandi terremoti: le relazione con la Luna’.
Ecco cosa scrive la nostra rivista scientifica: “II team di Satoshi ha preso in esame i 12 terremoti più intensi degli ultimi anni, con magnitudo sopra 8,2 e ha rilevato che per 9 di essi il sisma si è scatenato nei giorni vicini alla Luna piena o alla Luna nuova, quando la forza delle maree indotta dal nostro satellite, che agisce anche sulla terraferma, causa il maggior stress”.
“La ricerca ha elaborato una sorta di scala di stress che, con numeri da 1 a 15, descrive le posizioni di Terra-Luna-Sole fino all’allineamento; in concomitanza dei sismi più forti il valore era prossimo al 15. Sottolineano i geofisici giapponesi che non è certo la Luna a causare i sismi, ma che le forze delle maree possono agire come ‘una goccia che fa traboccare il vaso’”.
Infine, un paio di frasi griffate Ide Satoshi: “La probabilità per una minuscola frattura della roccia di espandersi fino a diventare una gigantesca rottura aumenta con livelli di stress in crescita”.
“Siamo quindi alla conclusione che i grandi terremoti sono più probabili durante i periodi di elevato stress di marea”.
E non abbiamo ricordate che il rischio maggiore, per l’area flegrea che corrisponde alla zona Solfatara-Pisciarelli-Conca di Agnano (come giustamente sottolinea De Natale, pari ad un raggio di 1-2 chilometri al massimo), è rappresentato dai gas letali (non solo tossici, quindi) e dai fanghi bollenti che potranno sprigionarsi, come sta già cominciando a succedere ai piani più bassi degli edifici, motivo per cui è scattata l’ordinanza sindacale (Napoli, Pozzuoli, Bacoli) per lo sgombero di scantinati e terranei a rischio.
Per rammentare tutto ciò, basta ripassare i pezzi messi in rete dalla Voce nell’ultimo mese, come quelli del 17 febbraio
CAMPI FLEGREI / IL RISCHIO “ESPLOSIVO” E’ DI GAS LETALI & FANGHI BOLLENTI !
e del 18 febbraio,
GAS LETALI AD OVEST DI NAPOLI / TUTTE LE PISTE DELLA BOMBA AD OROLOGERIA
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.